La leva obbligatoria di Putin: da oggi 135mila russi sono chiamati alle armi

Da oggi i giovani tra i 18 e i 30 anni devono presentarsi per fare il servizio militare nonostante la grave crisi demografica
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Il presidente russo Vladimir Putin (Ipa/Ftg)

La Russia richiama 135mila cittadini tra i 18 e i 30 anni per il servizio militare obbligatorio da oggi primo ottobre al 31 dicembre 2025. Il decreto firmato da Vladimir Putin segna la campagna di coscrizione autunnale, un appuntamento biennale che però quest’anno assume contorni particolari. La coscrizione si inserisce, infatti, in un piano di espansione delle forze armate che punta a 1,5 milioni di soldati attivi entro il 2026 e 2,38 milioni di effettivi totali, superando Stati Uniti e India per diventare il secondo esercito più numeroso al mondo dopo la Cina dell’alleato Xi Jinping.

“La Guerra in Ucraina non c’entra”

I numeri della coscrizione autunnale mostrano un lieve incremento rispetto ai 133mila reclutati nell’autunno 2024, e seguono la campagna primaverile che ha arruolato 160mila persone, il dato più alto dal 2011. Vladimir Tsimlyansky, vice capo della Direzione Generale per l’Organizzazione e la Mobilitazione dello Stato Maggiore, ha dichiarato che le reclute presteranno servizio esclusivamente all’interno della Federazione Russa e che la coscrizione non è collegata all'”operazione militare speciale” in Ucraina. Tuttavia, fonti indipendenti segnalano che molti coscritti subiscono pressioni per firmare contratti con il Ministero della Difesa che potrebbero portarli al fronte.

Alcuni analisti, invece, leggono la vaga risposta di Tsimlyansky come una velata minaccia alla Nato, che potrebbe essere l’obiettivo concreto del rinforzo militare voluto dal Cremlino, che considera l’Alleanza “di fatto in guerra con la Russia”.

Questa espansione militare si scontra con una realtà demografica sempre più critica per la Russia. La popolazione russa, attualmente di 143,8 milioni, potrebbe scendere a 138,8 milioni entro il 2046 secondo le proiezioni della Rosstat, con una perdita annuale di circa 700mila persone. Nel peggiore degli scenari, la Russia perderebbe fino a 15,4 milioni di abitanti, arrivando a 130 milioni. Il tasso di natalità è crollato a 1,41 figli per donna, ben lontano dal 2,1 del cosiddetto tasso di sostituzione.

I dati demografici diventano segreto di stato

La gravità della situazione ha spinto il governo russo a nascondere le statistiche demografiche. La Rosstat ha smesso di rendere pubblici i dati su nascite e morti, trasformandoli in segreto di stato. Gli ultimi numeri disponibili raccontano un tracollo: a febbraio 2025 sono nati appena 90.500 bambini, il dato più basso in oltre due secoli e nel periodo gennaio-febbraio 2025 le nascite totali ammontavano a 195.400, con un calo del 3% rispetto all’anno precedente.

La guerra in Ucraina ha aggravato un problema strutturale che dura da decenni. Secondo stime autorevoli di Meduza-Mediazone, le perdite russe ammontano a circa 160-165mila morti fino alla fine del 2024. L’annuncio della mobilitazione parziale nel 2022 ha provocato l’emigrazione di almeno 600mila cittadini. Secondo l’Institute for the Study of War, in alcune regioni l’aspettativa di vita per gli uomini è scesa da 66 anni nel 2024 a 61 anni a metà 2025.

Le conseguenze geopolitiche di una nazione che invecchia

Il paradosso russo sta nella distanza tra ambizioni imperiali e realtà demografica. Putin ha più volte definito il tasso di fertilità come una questione di sicurezza nazionale, lanciando campagne contro la “propaganda childfree” e vietando dal primo settembre la distribuzione di film che contengono il rifiuto di avere figli. Misure disperate per invertire una tendenza che ha radici profonde: la rivoluzione bolscevica, le due guerre mondiali, il collasso dell’Urss e il crollo delle nascite negli anni Novanta hanno generato un effetto-struttura simile a quello registrato in Italia (dove il tasso di fertilità è precipitato all’1,18 figli) per cui la generazione in età riproduttiva è diminuita significativamente.

La Russia del XIX secolo era caratterizzata da un tasso di fertilità estremamente elevato, ma oggi quello attuale è simile a quello europeo, con la differenza che l’aspettativa di vita è di gran lunga inferiore rispetto a quella occidentale per via degli alti tassi di mortalità legati ad alcolismo, malattie cardiovascolari e stile di vita poco sano. Il Paese più esteso al mondo, che abbraccia undici fusi orari, conta ora una popolazione appena superiore a quella di Germania e Italia messe insieme.

Questa debolezza demografica stride con le ambizioni militari. Il piano di raggiungere 1,5 milioni di soldati attivi entro il 2026 richiede un flusso costante di reclute, ma la base demografica da cui attingere si restringe anno dopo anno. L’esempio della Corea del Sud, che ha registrato una riduzione del 20% dei soldati nell’esercito a causa del calo della popolazione maschile in età di arruolamento, mostra come la denatalità incida direttamente sulla capacità militare.

L’esercito russo tra coscrizione e numeri

La politica migratoria russa si è fatta sempre più restrittiva, nonostante gli immigrati provenienti dalle repubbliche dell’Asia centrale (Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan) siano essenziali per molte attività lavorative. Il timore del formarsi di comunità musulmane estranee alla cultura russa prevale sulla necessità economica di manodopera, soggiogando la crescita demografica a un ulteriore vincolo.

La Russia si trova a un bivio: da un lato l’espansione militare per sostenere le ambizioni da grande potenza, dall’altro un inverno demografico che erode la base stessa su cui costruire questa forza. I 135mila coscritti dell’autunno 2025 sono un tassello di questa strategia, ma rappresentano anche il sintomo di un Paese che cerca di proiettare potenza mentre la sua popolazione si contrae e la tensione con la Nato cresce.