Nessuna sorpresa dalle elezioni del 3 e 4 ottobre in Repubblica Ceca: come previsto dai sondaggi, il partito Ano (Azione dei cittadini scontenti) di Andrej Babiš, su posizioni populiste, euroscettiche e filo-russe, ha vinto con il 35% delle preferenze, in un voto guardato con attenzione da Bruxelles – per i timori di vedere un’altra ‘spina nel fianco’ dopo Ungheria e Slovacchia -, e da Mosca, che, come in altre elezioni europee, non ha lesinato propaganda e disinformazione. Bocciata la coalizione di governo.
Com’è andato il voto in Repubblica Ceca
Secondo quanto riferito dalla commissione elettorale nazionale, con il 99,9% delle schede scrutinate, Ano ha ottenuto il 34,85 % (dal 27% delle ultime elezioni del 2021), seguita a grossa distanza dalla coalizione di governo di centro-destra del premier Petr Fiala, Spolu (Insieme), ferma al 23,2%.
Dietro, un altro partito di centro-destra e pro-Ue al governo, Stan (Sindaci e Indipendenti), arrivato all’11,2%. I liberali Pirati (che si sono dimessi dalla coalizione di governo un anno fa) hanno ottenuto l’8,9%, l’estrema destra Spd (Libertà e Democrazia Diretta) il 7,8% e gli Automobilisti per Sé, l’ultimo partito a entrare nel parlamento, il 6,8%. Rimane fuori Stačilo! (Basta!), la coalizione di estrema sinistra anti-establishment guidata dall’eurodeputata Kateřina Konečná, a favore del l’uscita sia dalla Nato che dall’Ue e a relazioni più strette con la Russia. L’affluenza è stata stimata al 68%, la più alta dal 1998.
Ano dunque otterrà 81 dei 200 seggi della Camera bassa del Parlamento, mentre Spd 15 e gli ‘Automobilisti’ 13.
La campagna elettorale è stata caratterizzata da due aspetti: il primo è la crescita del costo della vita, dovuta a un’inflazione che ha toccato il 15% a causa dello shock dei prezzi dell’energia seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Nonostante nel 2024 la situazione abbia iniziato a stabilizzarsi, il malcontento verso il governo è ancora ampio.
Babiš, che si dichiara ‘trumpiano’, ha fondato la sua campagna elettorale sulla promessa di aumentare la spesa sociale, ridurre il costo dell’energia e fermare gli aiuti militari all’Ucraina. Inoltre ha promesso una politica basata sul ‘prima i cechi’, sulla falsariga del presidente Usa Donald Trump.
Secondo aspetto, la massiccia propaganda filo-russa e anti-ucraina, alimentata da Ano. La Repubblica Ceca ha accolto moltissimi rifugiati ucraini (circa 660mila, 400mila dei quali si stima siano ancora nel Paese), cosa che ha esposto il governo all’accusa di pensare più all’Ucraina e agli ucraini che ai cechi, e di “sognare una guerra con la Russia”. Babiš intende invece sospendere il sostegno militare a Kiev e ripristinare relazioni “ragionevoli” con Mosca.
Chi è Babiš
Babiš, nato nel 1954 a Bratislava (all’epoca parte della Cecoslovacchia), ha studiato economia all’Università di Bratislava e negli anni ’80 ha lavorato in ambito commerciale con incarichi internazionali. Miliardario e proprietario del colosso agrochimico Agrofert, nel 2011 ha fondato il partito populista Ano, che propugnava lotta alla corruzione e riforme dello status quo politico. Il tycoon è già stato ministro delle finanze e vice-primo ministro dal 2014 al 2017, anno in cui è diventato premier, carica che ha tenuto fino al 2021. Nel 2023 si è candidato alla presidenza della Repubblica Ceca, per essere però sconfitto al secondo turno da Petr Pavel, attuale presidente.
Babiš è il settimo uomo più ricco della Repubblica Ceca, ed è attualmente sotto processo per una presunta frode sui sussidi europei per oltre 2 milioni di dollari. Nello specifico, è accusato di aver scorporato nel 2007 la sua azienda agricola ‘Nido della Cicogna’, a sud di Praga, da Agrofert, per farla risultare più piccola e dunque renderla idonea a un sussidio europeo destinato alle piccole imprese. Il miliardario è in attesa di un verdetto dal Tribunale Distrettuale di Praga, ma, a meno che non vengano trovate nuove prove, il tribunale dovrà allinearsi alla decisione dell’Alta Corte di Praga, che a giugno ha annullato una precedente sentenza che aveva inizialmente assolto Babiš. Se così fosse, la camera bassa del parlamento potrebbe dover votare per revocare l’immunità parlamentare al tycoon.
L’ex primo ministro nega ogni colpevolezza e afferma che il caso sia motivato politicamente. Tuttavia la questione potrebbe essere un motivo per non affidargli l’incarico di formare il governo, scelta che come vedremo spetta al presidente Pavel, il qualche ha anche espresso preoccupazione per il conflitto d’interessi di Babiš come imprenditore e politico.
I timori dell’Europa
A una settimana dal delicato voto in Moldova, vinto dal partito filoeuropeo della presidente Maria Sandu, Bruxelles ha dovuto rivolgere lo sguardo alla Repubblica ceca, e per più di un motivo. Intanto perché Ano intende ritirare o quanto meno diminuire il sostegno a Kiev, in particolare ritirandosi dall’iniziativa per fornire munizioni all’Ucraina, guidata proprio dalla Repubblica ceca. Quanto all’adesione del Paese aggredito dalla Russia all’Ue, il miliardario ha risposto che il Paese “non è pronto per l’Unione europea” e che occorre prima “porre fine alla guerra”. Babiš inoltre ha in più occasioni attaccato diversi dossier comunitari, dall’aumento delle spese militari al Green Deal fino alle politiche migratorie.
“Alla prima riunione di gabinetto respingeremo il patto sull’immigrazione e respingeremo l’ETS2 (sistema per lo scambio di quote di emissioni per alcuni settori, tra cui quelli degli edifici e del trasporto stradale, ndr)”, ha già affermato l’ex primo ministro. “L’Europa sta soffrendo. L’Europa non è competente”, ha detto ancora in una conferenza stampa dopo la vittoria.
Ma non finisce qui. L’Ue teme anche di vedere ampliare il fronte euroscettico e vicino a Mosca, composto al momento dall’Ungheria di Viktor Orbán e dalla Slovacchia di Robert Fico, che stanno già complicando molte decisioni europee usando il potere di veto.
Nel 2024 Ano ha co-fondato l’eurogruppo sovranista Patrioti per l’Europa, insieme a Fidesz (Ungheria), Rassemblement National (Francia) e Partito della Libertà (Austria), tutte formazioni euroscettiche e, spesso, pro-Mosca. Anche gli Automobilisti fanno parte del gruppo dei Patrioti nel Parlamento europeo.
I Patrioti esultano
E subito da questa parte sono arrivati i messaggi di supporto. “La verità ha prevalso! Andrej Babiš ha vinto le elezioni parlamentari ceche con un vantaggio convincente”, ha scritto Orbán in un post su X. “Un grande passo per la Repubblica Ceca, una buona notizia per l’Europa”.
Anche Marine Le Pen e Jordan Bardella, leader del partito di estrema destra francese Rassemblement National, si sono congratulati con il miliardario “per aver ottenuto un netto vantaggio alle elezioni parlamentari della Repubblica Ceca. In tutta Europa, i partiti patriottici vengono chiamati al potere dal popolo, che desidera riconquistare la propria libertà e prosperità!”, come ha scritto Le Pen su X. Bardella ha parlato di “una valanga di voti a favore della libera impresa, della fine delle politiche ambientali punitive e dell’opposizione all’immigrazione incontrollata”.
Non ultimo, il vicepremier e ministro dei Trasporti italiano Matteo Salvini ha esultato su X: “I Patrioti avanzano in tutta Europa! Il nostro amico Andrej Babiš, alleato della Lega nell’Ue, vince le elezioni in Repubblica Ceca, schiaccia la sinistra (ai minimi storici!) e si prepara a guidare un governo che si concentrerà sulla lotta all’immigrazione clandestina, sul dire no alla guerra e sul fermare le folli politiche di Bruxelles”. “Ottimi risultati anche per i nostri alleati Motoristé sobě, che continuano a crescere costantemente. Insieme vinciamo!”, ha aggiunto.
Babiš rassicura: lealtà all’Europa
Babiš intanto ha sottolineato di non avere nessuna intenzione di mettere in discussione l’appartenenza della Repubblica Ceca né all’Ue né alla Nato e di non voler consentire un referendum su questo tema, chiesto invece da Spd.
“Vogliamo che la Repubblica Ceca sia il posto migliore in cui vivere nell’Ue. Faremo tutto il possibile per questo”, ha affermato il leader di Ano, assicurando di essere pro-europeo e di volere “un’Europa che funzioni bene”. “Siamo chiaramente filo-europei e filo-Nato, ovviamente”, ha dichiarato in conferenza stampa sabato dopo i risultati. “L’Ue ha 27 membri. L’Ucraina non è membro dell’Ue. Vogliamo, ovviamente, parlare di Europa, dei cittadini europei, dei prezzi dell’energia, del patto migratorio”, ha precisato.
Qualche altro appiglio di ‘ottimismo’ per l’Europa è il fatto che Ano non abbia grande simpatia per Putin e che gli affari di Babis si svolgano in diversi Paesi dell’Ue, non in Russia, dandogli pochi motivi per guardare a Est.
Alla ricerca di un governo
Ma una cosa per volta: Ano non ha ottenuto la maggioranza dei seggi in parlamento, perciò Babiš, se avrà il mandato di formare il nuovo governo, dovrà cercare degli alleati. Tutti i partiti tradizionali – Spolu, Stan e i Pirati – hanno escluso qualsiasi collaborazione con lui, che d’altronde sta già guardando altrove, vero Spd e i Motoristi. “Cercheremo sicuramente un governo monocolore guidato da Ano”, e sostenuto da Spe e Automobilisti, ha dichiarato Babiš.
La scelta del presidente Pavel
Ora la palla è in mano a Pavel: spetta infatti al presidente dare l’incarico di formare un governo, e di solito la scelta cade sul leader del partito vincitore. Ma l’ex comandante della Nato, già prima delle elezioni, ha fatto sapere i “parametri che monitorerò in tutte le mie discussioni che porteranno alla formazione di un nuovo governo”. Nello specifico, “c sono alcune priorità che continuerò a sottolineare. La principale è un orientamento filo-occidentale per il nostro Paese, ovvero rimanere nell’Ue e nella Nato”, insieme alla salvaguardia “di tutte le istituzioni di uno Stato democratico, che si tratti del ruolo dei media di servizio pubblico, delle università pubbliche, dei servizi di sicurezza e della loro indipendenza, o dell’indipendenza della magistratura e della procura”, ha detto ai giornalisti in una conferenza stampa al Castello di Praga.
Ieri Pavel ha incontrato diversi leader di partito che sono entrati alla Camera bassa del parlamento. “È ancora troppo presto per discutere di un mandato per formare un governo”, ha chiarito aggiungendo che “avrà senso discuterne solo quando ci sarà una definizione più chiara di un governo che potrebbe realisticamente ottenere il sostegno della Camera dei Deputati. E non ci siamo ancora”.
Quanto al conflitto di interessi rappresentato dal grande impero agricolo del tycoon, Pavel ha fatto sapere, ancor prima delle elezioni, di stare consultando gli avvocati al riguardo, e di averne discusso con lo stesso Babiš. Il quale gli avrebbe confermato che “se gli verrà dato il mandato di formare un governo e verrà nominato, risolverà il conflitto di interessi in conformità con la legge”, ha chiarito il presidente Pavel, aggiungendo che ci sono diverse opzioni.