Pnrr, la Commissione avverte: erogato solo il 41% dei fondi, più flessibilità per agevolare gli Stati

Importante accelerazione nell’ultimo anno, ma i fondi devono essere erogati entro agosto 2026
5 giorni fa
4 minuti di lettura
Presidente Commissione Ue Ursula Von Der Leyen Afp
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen_afp

La Commissione Europea vuole accelerare l’erogazione dei fondi del Recovery and Resilience Facility (Rrf), il principale strumento economico messo in campo dall’Unione per rispondere alla crisi provocata dalla pandemia di COVID-19. Nella terza relazione annuale sull’esecuzione del piano, pubblicato ieri, Bruxelles ha rilevato una eccessiva lentezza nei lavori, avvertendo che “tutti gli sforzi degli stati membri e delle istituzioni dovrebbero concentrarsi sulla piena e tempestiva implementazione della struttura”.

Con una dotazione complessiva di 654,8 miliardi di euro, l’Rrf mira a supportare gli Stati membri nell’implementazione di investimenti strategici nei settori verde e digitale, oltre a promuovere riforme strutturali per modernizzare le economie nazionali. Si tratta del principale strumento per il finanziamento dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) del NextGenerationEu, di cui l’Italia è il primo Paese beneficiario in termini assoluti con un totale di 194,4 miliardi di euro, di cui 71,8 miliardi di sovvenzioni e 122,6 miliardi di prestiti.

Attuazione Rrf, a che punto siamo?

L’esecutivo europeo ha rilevato come, nonostante la scadenza prevista per agosto 2026, finora è stato erogato solo il 41% del totale delle risorse del piano, finanziato tramite debito sottoscritto congiuntamente dagli Stati membri e distribuito sotto forma di sovvenzioni e prestiti.
La Commissione ha sottolineato che negli ultimi dodici mesi il ritmo delle erogazioni è accelerato in modo significativo. Nel periodo settembre 2023 – agosto 2024, sono stati erogati 112 miliardi di euro, una cifra ben superiore ai 40,6 miliardi distribuiti nello stesso periodo dell’anno precedente.

Per quanto riguarda l’Italia, in particolare, la Commissione riporta due misure esemplari finanziate dal Fondo Rrf: il sostegno alla collaborazione industriale di 25 aziende nel quadro di un Ipcei (“Importanti progetti di comune interesse europeo”), con focus sulle tecnologie dell’idrogeno, la microelettronica, i servizi cloud di prossima generazione, che contribuiscono alla competitività e sostenibilità dell’Ue; e il miglioramento dei servizi e infrastrutture su 172 chilometri di linee ferroviarie nel Mezzogiorno.

Nonostante i miglioramenti, Bruxelles ha evidenziato la necessità di aumentare la velocità dei lavori per rispettare la scadenza del 2026.

Per garantire che i fondi vengano erogati in tempi utili, la Commissione ha annunciato una serie di misure volte a semplificare il processo di revisione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (Pnrr) presentati dagli Stati membri. Ogni piano deve essere esaminato e approvato prima che i pagamenti vengano effettuati, un processo che ha spesso comportato ritardi.

La nuova strategia della Commissione prevede la possibilità per gli Stati di rivedere e adattare i loro piani, specialmente se si individua una soluzione alternativa per ridurre l’onere amministrativo, introducendo le “procedure di sospensione”.

Cosa sono le “procedure di sospensione”

Con questa novità, lo Stato membro può ricevere pagamenti parziali anche se non ha completato tutte le riforme previste dal suo piano, un punto su cui spesso si è incagliata la procedura.

Tale meccanismo consentirà di sbloccare fondi in modo più rapido e di evitare colli di bottiglia che potrebbero ostacolare l’implementazione delle misure​.

D’altra parte, la Corte dei Conti Europea ha avvertito che esiste un “rischio significativo” che gli Stati membri non siano in grado di elaborare la massa di pagamenti prevista entro il 2026, a causa di una limitata capacità amministrativa. La Corte ha anche criticato lo strumento per la mancanza di un quadro chiaro di controllo, soprattutto per quanto riguarda la definizione del destinatario finale, ossia l’entità che riceve effettivamente i fondi per l’implementazione delle misure.

Più flessibilità e più controlli

In risposta a questi avvertimenti, la Commissione afferma di stare “rafforzando costantemente il suo quadro di audit e controllo, tenendo conto anche delle raccomandazioni del Parlamento europeo, del Consiglio e della Corte dei conti europea”.
Per questo ha aggiornato le sue linee guida e ha rafforzato i meccanismi di audit, in primis chiarendo il concetto di destinatario finale. Bruxelles ha anche aumentato la trasparenza pubblicando i dati sui 100 maggiori beneficiari di fondi in ogni Stato membro. Questo processo è volto a garantire che i fondi vengano utilizzati correttamente e raggiungano i beneficiari previsti.

Negli allegati alla relazione, tra l’altro, la Commissione fornisce ulteriori chiarimenti su due definizioni che sono stati al centro di controversie con l’Eca:

  • Clausola di retroattività: il primo punto riguarda le modalità con cui la Commissione determina quando una riforma o un investimento ha avuto inizio, per decidere se rientra nell’ambito del Fondo Rrf. A titolo esemplificativo, la Commissione considera ammissibile una misura per la quale i lavori sono cominciati nel 2020 anche se i contratti erano stati conclusi nel 2019;
  • Spesa ricorrente: il secondo aspetto mira a individuare la cadenza di quella determinata spesa nel bilancio di uno Stato membro, essenziale per determinare se un investimento debba essere escluso dai finanziamenti Rrf. La regola generale del piano prevede che gli Stati membri non possano usare questi fondi per finanziare misure previste nella spesa corrente del Paese. Sul punto, Bruxelles chiarisce che questo vale, in particolare, per spese costanti come i salari pagati dalla Pa, ma non riguarda altre misure specifiche, come per esempio le norme anti-corruzione, anche se l’iter era partito prima di ricevere i fondi del Rrf.

La Commissione europea ha inoltre affermato di aver “rivisto e ulteriormente rafforzato il suo quadro di audit e controllo” sulla base degli audit svolti dalla Corte dei conti europea, dal Consiglio europeo, dal Parlamento europeo e dalla Commissione stessa.

Chi eroga i servizi finanziari con il Rrf?

Nel rapporto, la Commissione chiarisce chi è il soggetto che deve fornire i servizi finanziati con il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, delineando due scenari:

  • L’ente pubblico può fornire il servizio direttamente, come nel caso del Centro di Istruzione Biotecnologica di Lubiana che erogherà formazione ai mentori nelle aziende, o dei Centri Medici Accademici di Amsterdam e Maastricht nei Paesi Bassi, che ricevono il sussidio per fornire servizi di e-health ai pazienti nelle loro case;
  • L’ente pubblico può esternalizzare la fornitura dei servizi, come nel caso dell’Autorità per la Digitalizzazione della Romania, che finanzia un programma che permette l’accesso a formazioni di aggiornamento/riqualificazione per i dipendenti delle Pmi sulla base delle domande presentate dai loro datori di lavoro. In questo caso, le formazioni sono erogate da aziende di formazione selezionate che sono contraenti e, pertanto, non possono essere considerate destinatari finali.

Il futuro del Rrf

Guardando al futuro prossimo, la Commissione ribadisce che tutti gli sforzi devono concentrarsi sulla piena attuazione dei piani di ripresa. Ha inoltre invitato gli Stati membri a sfruttare al massimo la flessibilità offerta dalle nuove linee guida per adattare i loro piani alle esigenze emergenti. In particolare, la Commissione ha sottolineato la necessità di garantire che i fondi raggiungano rapidamente i beneficiari finali, soprattutto nelle regioni e nei settori più colpiti dalla pandemia.

La relazione della Commissione sottolinea anche l’importanza di adattare i Pnrr alle nuove sfide emerse nel corso degli ultimi anni. Con la crisi energetica e i cambiamenti climatici in corso, molti Stati membri hanno già rivisto i loro piani per includere misure aggiuntive volte a promuovere la sostenibilità e la transizione ecologica.