Con un margine di appena 0,16%, il referendum in Moldova per la modifica della Costituzione e l’adesione all’Unione Europea si è concluso in un clima di incertezza e tensione politica. Il risultato finale, con il “Sì” che ha ottenuto il 50,3% dei voti contro il 49,7% del “No”, ha sorpreso tutti, rivelando una nazione profondamente spaccata tra l’ambizione di un futuro europeo e il peso di un passato sovietico ancora presente. Questo esito, lontano da un consenso chiaro, non solo segna un momento cruciale per la Moldova, ma evidenzia anche le influenze esterne e le ingerenze che stanno plasmando il destino di questo piccolo stato del sud-est europeo, incastrato tra Romania e Ucraina. Questo margine infinitesimale ha rappresentato un segnale d’allarme per il governo filo-europeo di Maia Sandu, la presidente che aveva fatto della vicinanza all’Europa il pilastro della sua politica, che ha immediatamente denunciato il risultato come frutto di un “attacco senza precedenti” alla democrazia, accusando Mosca di interferenze massive e di manipolazioni che hanno influenzato in modo decisivo l’esito del voto. Mentre il governo di Chişinău si prepara a gestire le conseguenze di un referendum così contestato, la questione fondamentale resta: quale futuro attende la Moldova?
La scommessa di Maia Sandu e l’ombra dell’interferenza russa
La presidente Maia Sandu, figura centrale di questo confronto politico, aveva riposto molte speranze nel referendum per spingere la Moldova verso una più rapida integrazione europea, un obiettivo che ha definito cruciale per garantire stabilità economica, sicurezza e democrazia al paese. Tuttavia, il risultato così incerto ha gettato ombre su quello che sembrava un percorso ormai inevitabile verso Bruxelles. La Sandu, al primo turno delle elezioni presidenziali tenutesi contemporaneamente al referendum, ha ottenuto il 41% dei voti, ben lontana dalla maggioranza assoluta che le avrebbe garantito una rielezione immediata. Ora, dovrà affrontare un insidioso ballottaggio contro Aleksandr Stoianoglo, il candidato del Partito dei Socialisti, appoggiato dalla Russia, che ha conquistato il 27% delle preferenze e potrebbe attrarre i voti dei candidati minori che hanno una visione critica nei confronti dell’Occidente.
Le accuse di ingerenza russa, che hanno costellato la campagna elettorale e il referendum, rappresentano uno degli elementi più controversi della recente tornata elettorale. Maia Sandu ha denunciato un “assalto senza precedenti” alla democrazia moldava, puntando il dito contro quello che ha descritto come un tentativo sistematico di Mosca di sabotare il voto. Tra le accuse mosse ci sono quelle di voto di scambio, disinformazione diffusa tramite i media e social network, e il sostegno finanziario a gruppi e partiti filorussi. Una figura chiave in queste dinamiche è Ilan Shor, un oligarca moldavo rifugiato in Russia e già coinvolto in uno scandalo di corruzione, che avrebbe finanziato la campagna per il “No” e incentivato l’astensione. Questo intervento, secondo la Sandu, ha avuto un impatto significativo, soprattutto nelle regioni rurali e tra i ceti più poveri, dove il legame con la Russia rimane forte, sia per motivi economici che culturali.
Città pro-Europa e campagne pro-Russe
La Moldova è un paese profondamente diviso, non solo politicamente, ma anche geograficamente e socialmente. Da un lato, c’è la capitale Chişinău e le principali città, dove l’orientamento verso l’Europa è più marcato, soprattutto tra i giovani e i ceti più istruiti, che vedono nell’adesione all’UE una possibilità concreta di miglioramento economico e sociale. Dall’altro, ci sono le aree rurali, dove l’influenza della Russia è ancora forte, e dove i legami economici con Mosca e il senso di appartenenza a una sfera di influenza ex sovietica sono ancora molto radicati.
A complicare ulteriormente questo quadro, c’è la presenza della regione separatista di Transnistria, una striscia di terra che si estende lungo il fiume Dniester, autoproclamata indipendente nel 1990 e sostenuta militarmente ed economicamente dalla Russia. In Transnistria, il voto è stato massicciamente a favore del “No”, evidenziando come la questione dell’integrazione europea sia solo uno dei fronti aperti in una Moldova che fatica a trovare una coesione interna.
Il ruolo della diaspora moldava ha giocato un ruolo determinante nel referendum. Con circa un milione di moldavi che vivono all’estero, in gran parte in paesi dell’Unione Europea come l’Italia, la Francia e la Germania, il loro voto è stato cruciale per bilanciare l’influenza delle aree più filorusse. Tradizionalmente più orientata verso l’Europa, la diaspora ha votato in massa per il “Sì”, vedendo nell’adesione all’UE non solo un’opportunità economica, ma anche un passaggio simbolico verso una definitiva emancipazione dall’influenza russa. Tuttavia, nonostante questo importante contributo, il margine di vittoria è stato estremamente risicato, a dimostrazione del fatto che il paese rimane profondamente diviso sulla sua identità e sul suo futuro geopolitico.
L’incognita del ballottaggio e il futuro geopolitico della Moldova
Mentre si attende il ballottaggio presidenziale, previsto per il prossimo novembre, la situazione politica in Moldova resta estremamente volatile. Il futuro dell’adesione all’Unione Europea è ora più incerto che mai, e il risultato del ballottaggio potrebbe spostare l’ago della bilancia in modo decisivo. Se Maia Sandu dovesse riuscire a vincere, potrebbe continuare a portare avanti la sua agenda pro-europea, ma lo farà con un mandato indebolito e con un paese ancora profondamente spaccato. Al contrario, una vittoria di Stoianoglo rappresenterebbe un ritorno alla politica filorussa, mettendo in seria discussione l’intero processo di avvicinamento all’Unione Europea e gettando la Moldova nuovamente nell’orbita di Mosca.
In questo contesto, la Moldova diventa simbolo di un conflitto più ampio che si sta giocando in tutta l’Europa orientale, dove le aspirazioni europee di molti paesi post-sovietici si scontrano con la resistenza della Russia a perdere la propria influenza nella regione. La guerra in Ucraina, che si combatte a poche centinaia di chilometri dal confine moldavo, ha ulteriormente complicato questo scenario, rendendo ancora più urgente per la Moldova prendere una decisione chiara sul proprio futuro. Il risultato del referendum e delle elezioni presidenziali potrebbe non solo determinare il destino della Moldova, ma anche inviare un segnale forte a Bruxelles e Mosca su quale direzione prenderà l’intera regione nei prossimi anni.