Dal precariato alle rinnovabili poco sfruttate: le sei raccomandazioni Ue dal Pacchetto primavera

L'Italia evita la procedura di infrazione europea per deficit eccessivo ma resta un osservato speciale
1 giorno fa
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La presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni (Ipa/Ftg) e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (Afp)

Bene (con riserva) sui conti, male sul clima: l’Italia evita la procedura di infrazione europea per deficit eccessivo, con i conti pubblici che rispettano i parametri richiesti da Bruxelles per il 2025, ma la situazione del Paese resta particolarmente instabile sotto molti punti di vista.
Con il Pacchetto di primavera del semestre europeo, l’Ue rivolge all’Italia sei raccomandazioni chiave per il biennio 2025-2026, concentrandosi su sostenibilità fiscale (con un debito pubblico previsto al 136,7% del Pil nel 2025), accelerazione del Pnrr, riforma del sistema fiscale, innovazione industriale e transizione energetica.

Nella sua relazione, Bruxelles sottolinea il contesto di stagnazione produttiva e divergenze territoriali che continuano a limitare la crescita del Paese. Dal documento emerge un’Italia alle prese con squilibri strutturali profondi: dalla spesa sociale al 20,3% del Pil (43,6% della spesa primaria) al cuneo fiscale che supera ampiamente la media Ue, fino alla frammentazione del sistema dell’innovazione che ostacola la competitività.

La trappola demografica e il peso del welfare

L’Ue parte dalla grave denatalità che, come sottolineato sulle pagine di Demografica, è la più grande minaccia per il presente e il futuro del Belpaese. Come sottolinea il rapporto, il nostro Paese è “uno degli Stati membri con la popolazione più anziana, il tasso di natalità più basso e un’età superiore alla media delle donne che partoriscono il primo figlio“. Gli indicatori demografici dell’Istat certificano questa situazione: nel 2024 l’Italia ha registrato il più basso tasso di fecondità della sua storia con appena 1,18 figli per donna in età fertile e appena 370mila nascite totali.
Il saldo migratorio positivo non riesce più a compensare il basso tasso di natalità, con la conseguenza che “la popolazione in età lavorativa continua a diminuire, limitando la crescita potenziale”. A ciò si aggiunge la fuga dei cervelli (che secondo un rapporto di Fondazione Nord Est ha fatto perdere all’Italia 134 miliardi di euro in tredici anni) e il disallineamento tra le competenze lavorative offerte dai giovani e quelle richieste dalle aziende.

Questo scenario demografico si traduce in pressioni fiscali enormi. La spesa sociale italiana rappresenta il 20,3% del Pil e il 43,6% della spesa primaria nel 2024, una proporzione che, scrive Bruxelles, “è difficile da sostenere di fronte alle pressioni demografiche”. Le pensioni, in particolare, assorbono risorse record nell’Ue, rendendo “più difficile contenere la spesa pubblica”. Nonostante la piena attuazione della riforma pensionistica del 2011 ridurrà gradualmente l’onere, “è ancora previsto un aumento a medio termine a causa delle tendenze demografiche e dell’effetto dei recenti schemi di pensionamento anticipato“.

Il debito che cresce nonostante il deficit in calo

Uno degli aspetti più eloquenti è che il rapporto debito/Pil italiano è destinato a salire dal 135,3% del 2024 al 136,7% nel 2025, nonostante la riduzione del deficit dal 7,2% al 3,4% nello stesso periodo. Per questo, con il Pacchetto primavera la Commissione impone stringenti tassi di crescita della spesa netta: 1,3% nel 2025, 1,6% nel 2026, 1,9% nel 2027, 1,7% nel 2028 e 1,5% nel 2029. L’obiettivo di Bruxelles è “mettere o mantenere il debito pubblico su un percorso plausibilmente discendente entro la fine del periodo di aggiustamento”.

L’aumento del rapporto debito/Pil nel 2025 salirà principalmente a causa dei crediti fiscali per le ristrutturazioni edilizie – i famosi bonus casa e superbonus – che continuano a pesare sui conti pubblici anche anni dopo essere stati concessi. La spesa per la difesa, che è al centro del dibattito europeo, è scesa dall’1,4% del Pil nel 2021 all’1,2% nel 2022 e 2023, con una proiezione all’1,3% per il 2024-2025.

Il fisco che frena: cuneo record ed evasione persistente

Il rapporto sottolinea più volte le contraddizioni evidenti del nostro Paese, sottolineando come limitino la crescita. Tra queste spiccano le imposte sui lavoratori (subordinati e non). Le entrate fiscali in rapporto al Pil sono “relativamente alte rispetto agli Stati membri pari” e il cuneo fiscale sul lavoro rimane “significativamente superiore alla media Ue, nonostante le misure adottate”, ovvero i tagli approvati negli ultimi anni. Anche per questo gli italiani sono tra i più infelici sul posto di lavoro.

Un altro aspetto criticato dall’esecutivo comunitario è l’eccessiva frammentazione della materia: i regimi speciali e l’ampia gamma di spese, incluse quelle sull’Iva, “rendono il sistema fiscale molto complesso ed erodono la base imponibile, con conseguenti perdite significative di gettito“. La Commissione suggerisce di “spostare l’attuale elevato carico fiscale sul lavoro verso altre fonti di entrate sottoutilizzate che sono meno dannose per la crescita“.

Per la Commissione, l’operato del governo italiano sull’evasione fiscale ha luci e ombre: anche se “le ambiziose contromisure adottate negli ultimi anni, incluse quelle del piano di ripresa e resilienza, stanno dando frutti”, “le recenti misure simili alle amnistie fiscali (da noi nota come “pace fiscale“, ndr.) rischiano di essere controproducenti in termini di conformità fiscale“.

Un altro problema annoso del nostro Paese sono i valori catastali che, sottolinea Bruxelles, “non sono ancora in linea con i valori di mercato attuali, poiché devono ancora essere aggiornati in modo completo e comprensivo”.

L’innovazione che non decolla e i salari fermi al palo

Le raccomandazioni di Bruxelles all’Italia riguardano anche l’innovazione: il nostro Paese, nonostante gli investimenti del Pnrr, fatica a tenere il passo della media europea. Nel 2023, la spesa delle imprese in ricerca e sviluppo è stata “solo dello 0,76% del Pil, ben al di sotto della media Ue dell’1,49%“. Il quadro degli incentivi R&S dell’Italia è “meno comprensivo e generoso di quelli dei suoi pari Ue e beneficerebbe di un’allocazione più strategica delle risorse esistenti verso l’innovazione e le collaborazioni pubblico-private”, ammonisce Bruxelles.

Il piano di ripresa e resilienza include “diverse iniziative per sostenere la cooperazione tra imprese e mondo accademico, che tuttavia rimangono frammentate e mancano di una governance nazionale coerente”. La capacità di innovazione dell’Italia è limitata da fattori strutturali, in particolare la dimensione delle aziende: le piccole imprese (con meno di 20 dipendenti) generano il 32,5% del fatturato totale (media Ue: 22,9%), mentre le grandi imprese (con 250 dipendenti o più) rappresentano solo il 37,5% (media Ue: 51,1%). Sono quest’ultime quelle che possono investire e guidare l’innovazione del Belpaese, anche sfruttando le economie di scala.

Il sistema universitario in crisi

Strettamente collegato al punto precedente c’è il sistema di ricerca e università italiano, considerato “vitale per l’innovazione” ma che “affronta sfide significative”. I finanziamenti per l’istruzione post-secondaria e superiore sono limitati e “le chiamate competitive nazionali per progetti sono state tenute irregolarmente, non riuscendo a fornire un ambiente chiaro e prevedibile“.

Bruxelles torna sull’eccesivo utilizzo di contratti a breve termine e non di ruolo per i ricercatori che, combinato con una progressione di carriera lenta e incerta, ostacola la capacità del settore della ricerca pubblica di attrarre e trattenere talenti.

Già a inizio anno la Commissione europea aveva inviato a Roma una lettera di costituzione in mora, primo passo di una possibile procedura d’infrazione, contestando la mancata applicazione delle direttive europee sul lavoro a termine. In quel caso il nodo principale era la disparità di trattamento tra i docenti precari e quelli con contratto a tempo indeterminato, che violerebbe il principio di non discriminazione sancito dal diritto europeo.

Inoltre, “incentivi limitati per università e ricercatori per commercializzare la ricerca ostacolano i risultati dell’innovazione“. Gli uffici di trasferimento tecnologico, “sebbene in miglioramento, rimangono relativamente piccoli in scala e mancano di risorse umane e finanziarie adeguate per supportare la traduzione dei risultati della ricerca in nuove opportunità di business“, spiega Bruxelles.

Tempo determinato e salari bassi

La segmentazione del mercato del lavoro rappresenta una delle sfide più urgenti. L’incidenza di contratti atipici e a tempo determinato rimane alta, “in particolare tra donne, giovani e migranti” come denunciato dall’Inps il 10 aprile scorso durante l’audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica. La quota di dipendenti a tempo determinato è scesa dal 16% nel 2023 al 14,7% nel 2024, ma resta tra le più alte nell’Ue.

Il dato più preoccupante riguarda i salari reali: “nell’ultimo decennio mentre la produttività del lavoro è stagnata, i salari nominali sono aumentati meno dell’inflazione; di conseguenza, i salari reali sono diminuiti“, evidenzia l’esecutivo comunitario. Nel 2024, “la quota di lavoratori a rischio di povertà era superiore alla media Ue, inclusi sia i lavoratori a tempo pieno che quelli part-time”.
Più del 50% dei contratti part-time e il 10% di quelli temporanei erano involontari, per questo risulta interessante il voto referendario dell’8 e 9 giugno dove uno dei cinque quesiti punta a ridurre la precarierà lavorativa permettendo l’assunzione a tempo determinato (e non a tempo indeterminato) solo in presenza di una valida motivazione.

Bruxelles conferma il doppio gap del nostro Paese: di genere e territoriale. Il divario occupazionale tra donne e uomini è “uno dei più ampi nell’Ue, a 19,4 punti percentuali, e non ha mostrato segni di miglioramento nell’ultimo decennio”. Nel Mezzogiorno, il divario raggiunge i 28 punti percentuali.

La giustizia che rallenta l’economia: progressi insufficienti

Un altro problema atavico del nostro Paese è la lentezza della giustizia sul quale Bruxelles evidenzia dei progressi, seppure ancora insufficienti: “Mentre i tempi di definizione nei casi civili e commerciali di primo grado sono diminuiti nel 2023, rimangono tra i più lunghi nell’Ue“. Paradossalmente, “i tempi di definizione per i casi amministrativi di primo grado sono aumentati, invertendo la precedente tendenza al ribasso”.

La creazione degli uffici del processo e la digitalizzazione dei processi “hanno contribuito a migliorare l’efficienza dei tribunali”, ma “istituzionalizzare e rafforzare gli uffici del processo e introdurre incentivi strutturali basati sulle prestazioni per i tribunali aiuterebbe ad aumentare ulteriormente l’efficienza del sistema”.

La transizione energetica: l’Italia non sfrutta la sua fortuna

L’Italia vanta un notevole potenziale per la produzione di energia solare ed eolica, ma la transizione verso un sistema energetico più pulito, evidenzia Bruxelles, è frenata da ostacoli strutturali e burocratici. La Commissione europea sottolinea che la “complessità e frammentazione delle procedure di autorizzazione” continua a rallentare la realizzazione dei nuovi impianti e a minare la fiducia degli investitori.

Nonostante il Paese sia tra i leader europei nelle tecnologie pulite e ospiti il 14% della capacità produttiva fotovoltaica dell’Ue, i prezzi dell’elettricità restano tra i più alti d’Europa, penalizzando la competitività industriale. Nel 2024, i prezzi all’ingrosso dell’elettricità in Italia hanno superato quelli della Germania del 60% e della Francia del 116%.

Le riforme avviate con il Piano nazionale di ripresa e resilienza hanno iniziato ad affrontare i colli di bottiglia amministrativi, ma la Commissione ritiene necessaria “un’ulteriore semplificazione e consolidamento della legislazione sulle autorizzazioni per accelerare la diffusione” delle rinnovabili. L’incremento delle fonti rinnovabili richiede inoltre “investimenti coordinati nell’infrastruttura della rete elettrica”, in particolare per aumentare la flessibilità del sistema tramite tecnologie di accumulo e meccanismi di risposta alla domanda.

Infine, le interconnessioni transfrontaliere rimangono poco sviluppate in alcune parti della rete, limitando la capacità dell’Italia di beneficiare del bilanciamento regionale e della convergenza dei prezzi. Rafforzare la resilienza e l’interconnettività della rete aiuterebbe non solo a stabilizzare i prezzi dell’energia, ma anche a ridurre la dipendenza dal gas e i picchi legati alla produzione da fonti fossili.

Le sei raccomandazioni per il rilancio

Bruxelles ha condensato le sue indicazioni in sei raccomandazioni specifiche:

1. Rafforzamento della difesa e sostenibilità fiscale: “Rafforzare la spesa e la preparazione complessiva per la difesa in linea con le conclusioni del Consiglio europeo del 6 marzo 2025”. Aderire ai tassi massimi di crescita della spesa netta e rendere “il sistema fiscale più favorevole alla crescita, combattendo ulteriormente l’evasione fiscale, riducendo il cuneo fiscale sul lavoro e le restanti spese fiscali”;

2. Accelerazione del Pnrr: “Accelerare l’implementazione del piano di ripresa e resilienza, incluso il capitolo REPowerEU” e dei programmi di politica di coesione, “sfruttando al meglio gli strumenti Ue, incluso l’ambito fornito da InvestEU e la Piattaforma Tecnologie Strategiche per l’Europa”;

3. Sostegno all’innovazione: “Sostenere l’innovazione rafforzando ulteriormente i collegamenti impresa-accademia, l’approvvigionamento dell’innovazione, il venture capital aziendale e le opportunità per i talenti”. Promuovere “la crescita e l’aggregazione di Pmi e start-up” e implementare “una strategia industriale inclusa per ridurre il divario territoriale”;

4. Efficienza della PA e giustizia: “Aumentare l’efficienza della pubblica amministrazione e rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello locale”. Ridurre ulteriormente “l’arretrato e i tempi di definizione del sistema giudiziario”.

5. Transizione energetica e climatica: “Accelerare l’elettrificazione e intensificare gli sforzi per la diffusione delle energie rinnovabili, inclusa la riduzione della frammentazione della regolamentazione delle autorizzazioni e investendo nella rete elettrica”. Affrontare “i rischi legati al clima e mitigare il loro impatto economico”.

6. Qualità del lavoro e competenze: “Promuovere la qualità del lavoro e ridurre la segmentazione del mercato del lavoro, anche per sostenere salari adeguati, e aumentare la partecipazione al mercato del lavoro”. Continuare a promuovere “la formazione professionale post-secondaria e la formazione sul lavoro nei settori ad alta domanda”.

L’Italia si trova a un bivio cruciale. Come nota Bruxelles è necessario “uno sforzo concertato per migliorare l’efficienza e l’efficacia della spesa pubblica”. La capacità di trasformare queste raccomandazioni in politiche concrete determinerà se il Paese riuscirà a spezzare il circolo vizioso di bassa crescita, alta tassazione e debito crescente che lo caratterizza da troppi anni.

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