Pubblicità politica, la svolta europea: obbligo di etichette e divieto di fondi esteri prima del voto

Dal 10 ottobre è in vigore in tutti gli Stati membri il regolamento UE 2024/900, che impone etichette obbligatorie, registri pubblici e limiti al targeting dei messaggi elettorali. L'analisi di Annalisa Pistilli e Matia Campo (CMS)
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Riceviamo e pubblichiamo un articolo a cura di Annalisa Pistilli e Matia Campo dello Studio Legale CMS

A partire dal 10 ottobre scorso, tutti gli Stati membri sono obbligati a soddisfare le condizioni e i requisiti previsti dal regolamento UE n. 2024/900, relativo al targeting ed alla trasparenza della pubblicità politica. Tale regolamento ha lo scopo di assicurare una informazione politica trasparente e rispettosa dei diritti fondamentali dell’individuo, nonché l’esercizio effettivo dei diritti democratici dei cittadini, in primo luogo quello di elettorato attivo, intervenendo sul processo di formazione e successiva diffusione degli annunci politici.

I destinatari del regolamento

Sono obbligati al rispetto delle nuove disposizioni i partiti, i singoli candidati, ma anche le fondazioni politiche e, più in generale, tutti i soggetti checommissionano annunci con obiettivi politici (organizzazioni della società civile, gruppi di pressione, aziende).

Non è un caso, infatti, che l’ambito di applicazione del regolamento non sia definito a livello soggettivo, bensì a livello oggettivo, avuto riguardo cioè alla tipologia del servizio pubblicitario prestato, indipendentemente dal luogo di stabilimento del prestatore di servizi di pubblicità politica (editore) o dal luogo di residenza o stabilimento dello sponsor del messaggio pubblicitario, e a prescindere dai mezzi utilizzati.

Le misure previste dal regolamento mirano a distinguere con chiarezza la pubblicità politica a pagamento da altri contenuti, quali ad esempio i contenuti editoriali o le opinioni politiche espresse a titolo personale da opinionisti o commentatori politici, che esulano dall’ambito di applicazione del regolamento.

In ogni caso, il regolamento non prevede un un divieto di diffusione di pubblicità politica tout court, bensì stabilisce le condizioni ed i requisiti di trasparenza che tali messaggi pubblicitari devono soltanto soddisfare, sia online che offline.

I requisiti di trasparenza

A partire dal 10 ottobre, tutti gli annunci politici dovranno, in particolare:

  • se a pagamento e/o mirati, essere etichettati e contenere alcune informazioni chiave in merito, tra cui l’indicazione dello sponsor, chi finanzia l’attività, chi controlla lo sponsor, l’elezione o il referendum cui sono collegati, gli importi pagati e l’eventuale uso di tecniche di targeting
  • se pagati da sponsor di Paesi terzi, saranno vietati nei tre mesi precedenti un’elezione o un referendum in uno Stato Membro, allo scopo di prevenire indebite influenze/ingerenze straniere nello svolgimento della vita democratica di singoli Stati membri.

Con il termine targeting si intende la predisposizione di un messaggio di pubblicità politica ad hoc, con un contenuto su misura, perché rivolto solo a una persona specifica o a un gruppo specifico di persone (“target”), o perché teso ad escludere tale persona o gruppo di persone, sulla base del trattamento di dati personali.

In caso di targeting dei messaggi di pubblicità politica online, gli editori dovranno rispettare prescrizioni più rigorose: consenso esplicito e separato dell’interessato al trattamento dei suoi dati personali, divieto di utilizzo di categorie “particolari” di dati personali (opinioni politiche, origine razziale o etnica) a fini di profilazione.

Gli editori sono altresì tenuti a: (i) registrare e conservare le informazioni relative agli sponsor e adottare misure ragionevoli affinché siano corrette, (ii) fornire un “avviso di trasparenza” accessibile – anche tramite link – contenente, fra le altre cose, l’ammontare aggregato della spesa e l’origine dei fondi, (iii) predisporre sistemi che consentano agli interessati di sapere se sono stati oggetto di pubblicità politica, e su quali basi. Gli editori che sono anche piattaforme online di grandi dimensioni dovranno inoltre assicurare che ciascun messaggio di pubblicità politica, unitamente alle informazioni contenute nell’avviso di trasparenza, sia reso disponibile nel registro previsto dal Digital Service Act ed accessibile tramite il registro europeo, un registro pubblico di tutti i messaggi di pubblicità politica online pubblicati nell’Unione o diretti a cittadini o residenti nell’Unione.

L’intero flusso di informazioni è alimentato da un sistema di autodichiarazioni veritiere da parte di coloro che acquistano servizi di pubblicità politica, che raccolgono le informazioni rilevanti dagli sponsor e dagli editori che agiscono per conto degli sponsor stessi.

L’apparato sanzionatorio

Il regolamento in commento è già pienamente applicabile: il legislatore comunitario ha assegnato agli Stati membri termine fino al 10 gennaio 2026 per comunicare alla Commissione europea l’importo delle sanzioni da comminare in caso di violazione degli obblighi ivi previsti, suscettibili di immediata notifica in caso di eventuali modifiche successive. Ad oggi, l’Italia non ha ancora proceduto a tale comunicazione.

Nelle more della piena implementazione, sono stati istituiti due portali a supporto dell’applicazione del regolamento stesso, attraverso cui (i) gli Stati membri forniscono le date delle loro elezioni e (ii) sono elencati i rappresentanti legali dei fornitori di pubblicità politica stabiliti al di fuori dell’Unione ma registrati in uno Stato membro. Il prossimo appuntamento elettorale, in Italia, sono le consultazioni regionali di fine novembre in Campania, Puglia e Veneto: questa volta gli occhi non saranno puntati soltanto sui candidati ma anche sui partiti e sugli editori, che dovranno essere, da subito, compliant con le norme sulla pubblicità politica, tanto online quanto offline.

*Foto di Jon Tyson su Unsplash