Portogallo al voto (di nuovo): la terza volta in tre anni

Una storia di conflitto di interessi e divisioni politiche che ha fatto crollare il governo di Luís Montenegro. Alle urne il 18 maggio
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Il primo ministro portoghese Luis Montenegro (Afp)

Il Portogallo si trova di fronte a un paradosso politico senza precedenti: è la terza volta in meno di tre anni che il Paese si prepara a recarsi alle urne per elezioni anticipate. L’ennesimo governo cade sotto il peso di accuse che scuotono le fondamenta della politica portoghese, mentre il Paese si interroga su come uscire dalla spirale di instabilità che minaccia il suo futuro. Ma come siamo arrivati a questo punto? Il caso del primo ministro Luís Montenegro è la punta dell’iceberg di una crisi più ampia che ha scosso il Portogallo fino alle sue radici.

Un governo di minoranza su un fil di lama

Luís Montenegro, leader dell’Alleanza Democratica (AD), è un uomo che ha navigato tra polemiche e accuse fin dal suo insediamento. Con una carriera politica segnata da alti e bassi, Montenegro si era appena aggiudicato una vittoria elettorale a marzo del 2024, ma con margini molto ristretti: un successo che in realtà non è riuscito a garantire la stabilità. La sua coalizione, benché al governo, è sempre stata una fragile alleanza tra vari gruppi centristi e conservatori, senza una vera maggioranza assoluta in parlamento. Proprio questa mancanza di solidità parlamentare ha reso il governo vulnerabile agli attacchi interni ed esterni.

La sua permanenza al potere è diventata ancora più precaria quando è emersa una serie di accuse che coinvolgono il suo passato imprenditoriale. Montenegro, infatti, è stato accusato di un conflitto di interessi legato alla sua attività in una compagnia di consulenza, la Spinumviva, che sarebbe stata coinvolta in operazioni che potrebbero avere legami diretti con interessi governativi. Questo è bastato a far esplodere la crisi politica.

Il cuore del caso, quindi, ruota attorno alla Spinumviva, fondata da Montenegro nel 2021, prima della sua elezione alla presidenza del Partito Social Democratico (PSD). La compagnia avrebbe ricevuto pagamenti regolari da un gruppo di casinò legato a una concessione governativa sul gioco d’azzardo e, nonostante Montenegro si sia dichiarato estraneo alle accuse, il caso ha scatenato le ire delle opposizioni, che hanno visto in queste rivelazioni una prova inconfutabile di un possibile conflitto di interessi. Inoltre, si sospetta che la compagnia avrebbe potuto beneficiare di leggi favorevoli legate alla gestione delle terre, rafforzando ulteriormente la percezione di un sistema corrotto. Mentre Montenegro continua a difendersi strenuamente, le accuse sono diventate un fardello insostenibile per il governo.

Un voto di fiducia che fa cadere il governo

La crisi politica si è concretizzata in un voto di fiducia che il governo di Montenegro ha tentato di difendere, ma che si è rivelato fatale. Il Parlamento ha bocciato la sua proposta di mantenere l’esecutivo in piedi, e con esso sono crollate le ultime speranze di stabilità politica. Non solo i socialisti (PS), il principale partito di opposizione, ma anche il partito di estrema destra Chega e l’estrema sinistra hanno rifiutato di sostenere il governo. Questo ha reso il voto di fiducia una formalità destinata a sancire la fine dell’esecutivo.

Il Presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, ha cercato di mediare tra i vari schieramenti politici, ma non è riuscito a evitare la convocazione di nuove elezioni: il Portogallo andrà alle urne il 18 maggio 2025, la data preferita dalla maggioranza dei partiti. Questa scelta segna il terzo voto anticipato in tre anni, un segno di instabilità che non si vedeva da decenni nel Paese iberico. La dichiarazione di Rebelo de Sousa  sulla necessità di un “dibattito elettorale chiaro e sereno” risuona come un appello alla riconciliazione, ma la realtà dei fatti suggerisce che il Paese si sta preparando per un periodo di incertezze.

La (continua) crisi politica del Portogallo

Non si può non notare che la continua caduta dei governi in Portogallo non è un fenomeno isolato, ma parte di un quadro più ampio di crisi politica che ha caratterizzato la democrazia portoghese negli ultimi anni. Dopo le elezioni di marzo 2022, che segnarono una vittoria non schiacciante per il governo, il Paese ha vissuto una serie di tensioni politiche che hanno messo in evidenza le fragilità del sistema. Ogni crisi ha portato con sé nuove elezioni, ma anche nuovi interrogativi sulla capacità della politica di governare con efficacia.

Le elezioni del 2024 erano state viste come un momento cruciale per il governo di Montenegro, che aveva vinto con una maggioranza minima, eppure il suo mandato è stato costellato da instabilità. Le accuse di conflitto di interessi, la perdita del consenso tra i partiti alleati e l’incapacità di formare una coalizione stabile hanno ridotto progressivamente il suo potere e la sua legittimazione politica. La sua discesa è diventata inevitabile quando la sua figura è stata messa in discussione da tutte le principali forze politiche del Paese, senza eccezione.

Questo scenario solleva una domanda fondamentale: perché il Portogallo, un Paese che ha goduto di una certa stabilità politica negli ultimi decenni, si trova ad affrontare una così evidente crisi della sua classe dirigente? La risposta risiede probabilmente nel modo in cui la politica è stata gestita in questi anni. La continua corsa al potere e l’incapacità di trovare compromessi tra le forze politiche hanno portato a una polarizzazione crescente, che ha solo alimentato il discredito verso le istituzioni.

Nonostante l’apparente consenso sulla necessità di elezioni, il Portogallo si prepara ad affrontare un periodo di instabilità che non sembra avere una fine immediata. Le urne del 18 maggio non risolveranno magicamente i problemi strutturali che affliggono la politica portoghese, ma potrebbero fornire una nuova opportunità per un riassetto politico che favorisca una maggiore stabilità. Tuttavia, la continua caduta dei governi in un tempo così ravvicinato suggerisce che la vera sfida per il Portogallo non è tanto nella ricerca di nuovi leader, quanto nella ricostruzione della fiducia delle istituzioni.