Perché in Canada si parla di aderire all’Ue?

Dai rapporti commerciali alla difesa, Ottawa vede valore nella cooperazione con Bruxelles mentre si allontana da Washington e dall’aggressività di Trump. Forse non può diventare il 28° Paese membro, ma si possono rafforzare i legami: le strade non mancano
1 settimana fa
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Il Canada come ventottesimo Stato membro dell’Unione europea. Una visione quantomeno improbabile, decisamente peculiare e a tratti giocosa, che però sta circolando sempre più insistentemente da quando Donald Trump è stato rieletto alla presidenza degli Stati Uniti. Sulla carta ci sono una serie di ottime ragioni che rendono Ottawa un candidato ideale, dalla maturità e prosperità della democrazia canadese agli stretti legami culturali, passando per la vastità di terre, risorse energetiche e giacimenti minerari, che in Ue scarseggiano. E i canadesi beneficerebbero da un’integrazione più profonda con un blocco di Paesi like-minded, specie mentre lavorano per allontanarsi da Washington, partner più stretto diventato una potenza aggressiva che minaccia dazi pesantissimi e persino l’annessione.

I numeri ci sono

A inizio gennaio è stato l’Economist a suggerire il matrimonio tra Canada e Ue, e da allora si sono moltiplicati gli articoli sui media internazionali che ne studiano la fattibilità. Poi, a fine febbraio, un sondaggio di Abacus Data ha trovato che il 68% dei canadesi hanno un’opinione favorevole dell’Ue, che è vista dai più (52%) come il partner più importante nei prossimi 3-5 anni, sopra tutti gli altri. Soprattutto, il 44% degli intervistati ritiene che il Canada dovrebbe farne parte, mentre solo il 34% si oppone all’idea: “un numero sorprendente per una questione che non era mai stata all’ordine del giorno prima d’ora”, ha riassunto il professor Frédéric Mérand, direttore del dipartimento di scienze politiche dell’Università di Montreal, su Policy Options.

Gli entusiasmi si scontrano con la realtà legale e territoriale. L’adesione all’Ue è riservata agli Stati del continente europeo, come stabilito dall’Articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Ue. Lo ha ricordato la portavoce capo della Commissione europea, Paula Pinho, accogliendo con curiosità divertita i risultati del sondaggio ed evidenziando l’attrattività del modello europeo. “Siamo onorati di vedere un apprezzamento così forte per l’Ue e i suoi valori, ma l’adesione non è un’opzione”, ha detto nei giorni in cui i membri europei del G7 discutevano con le controparti canadesi (che li ospitavano a Charlevoix) come coordinare la loro risposta ai dazi Usa.

Si parte dalla difesa…

Non è l’unico esempio di come Ue e Canada stiano approfondendo la loro collaborazione; del resto, l’impossibilità di un ingresso formale non significa che l’avvicinamento strategico debba essere solo un esercizio teorico. A partire dal più urgente dei temi attuali. Secondo il New York Times Ottawa sarebbe in “trattative avanzate” con Bruxelles per diventare un partner idoneo nell’ambito di ReArmEU, il piano presentato dalla Commissione che prevede 150 miliardi in prestiti per l’acquisto congiunto e la produzione di armi ma taglia fuori i Paesi che non hanno accordi specifici con il Vecchio continente. Partner come Albania, Ucraina, Giappone e Corea del Sud sono dentro, ma non lo sono Regno Unito, Turchia e Stati Uniti; stando a Bloomberg, però, un partenariato per la difesa Canada-Ue “potrebbe essere concluso rapidamente“.

La stessa testata rileva che l’ambiasciatrice canadese in Italia, Elissa Golberg, ha scritto ai ministri italiani dell’Economia, degli Esteri, della Difesa e delle Imprese che Ottawa intende “rafforzare con urgenza” la cooperazione con l’Italia e l’Ue in ambito difesa. Nella lettera Golberg delinea piani “per l’acquisto di una serie di capacità chiave attraverso importanti programmi di approvvigionamento a breve termine”, tra cui sottomarini, caccia e carri armati, “che potrebbero essere acquisiti da fornitori europei”. Dopodiché evidenzia l’ampiezza dell’offerta canadese in settori come droni, comunicazioni satellitari, robotica, intelligenza artificiale, cybersicurezza e integrazione delle catene di approvvigionamento, grazie alle vaste riserve di minerali critici per i settori di difesa e cleantech come nichel, cobalto e litio.

Il capitolo F-35

In parallelo, sia i Paesi Ue che il Canada stanno riconsiderando i piani per l’acquisto dei caccia F-35 di fabbricazione statunitense, rileva l’Associated Press. Pesano i dubbi sull’affidabilità degli Usa a fronte della dipendenza strategica in termini di ricambi e aggiornamenti necessari per mantenerli operativi. Da una parte i parametri di ReArmEU incoraggiano la scelta di caccia europei. Dall’altra il neo primo ministro Mark Carney, che ha scelto Londra e Parigi anziché Washington come mete per le sue prime visite all’estero, ha chiesto al ministro della Difesa di riesaminare i piani per l’acquisizione di F-35 Made in Usa (nonostante il Canada abbia cooperato con il vicino per lo sviluppo del caccia). Ottawa stava già guardando ai Gripen della svedese Saab. E nel mentre, spiega Blooomberg, la tedesca ThyssenKrupp ha registrato attività di lobbying nella capitale canadese in relazione ai piani per l’acquisto di sottomarini.

… e ci si espande nel resto dell’economia

È la figura di Trump che si staglia sullo sfondo di questi movimenti. O meglio, la sua frustrazione con il libero commercio e la sua versione di nazionalismo economico, espresso a colpi di dazi (e forse, a breve, via stablecoin), che sembra essere la cifra del “Make America Great Again” sul versante finanziario. Mentre Canada e Ue rimangono unite da un attaccamento alla libertà di scambio e vedono nella diversificazione dei partner economici una maniera di bilanciare l’impatto delle politiche protezioniste americane.

I due condividono già un accordo di libero scambio, il Ceta (non ancora ratificato da dieci Paesi Ue, Italia inclusa), e negli scorsi mesi le figure istituzionali da ambo le parti hanno insistito sulla necessità di approfondire ulteriormente il rapporto commerciale. E a luglio 2024 il Canada è entrata a far parte di Horizon Europe, associazione che consente ai ricercatori e alle organizzazioni canadesi di partecipare ai progetti di ricerca scientifica alle stesse condizioni dei loro omologhi europei, inclusa la possibilità di guidare consorzi e ricevere finanziamenti diretti dal programma. Fattore non secondario considerando che la sfida della competitività si gioca anche sul terreno dell’innovazione (senza contare l’apparente perdita di attrattività degli atenei Usa, sotto attacco dall’amministrazione Trump).

C’è molto altro che unisce i due territori divisi dall’Atlantico. L’Economist ricordava una serie di priorità condivise: una fede nell’economia di mercato bilanciata da uno stato sociale; un modello simile composto da “tasse elevate, un sistema parlamentare complesso e un alto tenore di vita per quasi tutti”; volontà di contrastare il cambiamento climatico, la pena di morte e l’aggressione russa. In un momento di ritirata degli Usa dalla guida del “mondo libero”, la comunanza d’intenti tra le cosiddette like-minded nations è il fondamento su cui si consolida questo fronte.

Oltre l’adesione

Il professor Mérand ricorda che non mancano le opzioni per rafforzare i legami con l’Ue senza aderirvi formalmente, prendendo in considerazione modelli esistenti come quelli di Regno Unito, Norvegia e Svizzera. Lo scenario britannico, il più semplice, offrirebbe continuità senza grandi cambiamenti rispetto all’attuale rapporto commerciale con l’Ue. Quello norvegese garantirebbe accesso al mercato unico, ma imporrebbe costi elevati e l’adozione di molte regole europee senza rappresentanza politica. Mentre quello svizzero consentirebbe negoziati bilaterali più flessibili, ma lunghi e complessi.

Comunque, scrive, “non c’è nulla di male nel presentare domanda di adesione all’Ue”: il gesto avrebbe un “forte valore simbolico” perché “dimostrerebbe a Donald Trump che non siamo soli e che abbiamo alternative nel caso in cui decidesse di strangolare la nostra economia, interferire nella nostra politica o, peggio, andare oltre”. Nel mentre l’Ue ha un pretesto per interrogarsi su cosa sia: solo un’entità territoriale o qualcosa di più alto?