Perché il Belgio non vuole usare gli asset russi congelati a favore di Kiev

Il governo De Wever teme rischi economici e legali dall’uso dei beni immobilizzati come garanzia di un prestito per l'Ucraina. Merz vola a Bruxelles per convincere il premier belga
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Primo ministro del Belgio Bart De Wever
Il primo ministro del Belgio Bart De Wever (Ipa)

Il Belgio non cede e continua ad opporsi alla proposta, avanzata dalla Commissione europea, di utilizzare gli asset russi congelati in Europa dopo l’invasione dell’Ucraina per finanziare Kiev attraverso un prestito di riparazione. La stragrande maggioranza di questi beni si trova infatti presso un istituto finanziario con sede a Bruxelles, e il Paese teme di dover sopportare da solo le già annunciate ritorsioni da parte di Mosca. Oggi il cancelliere tedesco Friederich Merz è volato nella capitale dell’Unione per convincere il premier belga Bart De Wever, disdicendo una visita programmata a Oslo e sottolineando implicitamente il suo investimento personale nella questione. Merz incontrerà anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

La discussione sull’uso dei beni immobilizzati si è infervorata dopo il sostanziale fallimento del Consiglio europeo del 23 ottobre, che non ha preso l’attesa decisione in merito per rimandare tutto al successivo incontro, previsto per il 18-19 dicembre. Ma nonostante le ultime settimane di colloqui e pressioni, il principale ostacolo all’utilizzo degli asset russi rimane il governo belga. Le ultime settimane di pressione non hanno sortito effetto, almeno per ora: De Wever ha bocciato anche il pacchetto presentato dalla Commissione mercoledì scorso, contenente meccanismi di garanzia per il Belgio e per gli altri Paesi.

La proposta dell’esecutivo europeo prevede di garantire tramite gli asset congelati un prestito di riparazione da 165 miliardi di euro, che Kiev dovrebbe restituire solo se la Russia le pagasse i danni della guerra, cosa che nessuno crede avverrà mai. La proprietà dei beni sanzionati rimarrebbe comunque russa e i beni stessi tornerebbero alla Banca Centrale.

Perché il Belgio dice no

Per il premier fiammingo, il piano è “fondamentalmente sbagliato”, perché comporta gravi rischi economici e geopolitici e lascerebbe il Belgio esposto in modo sproporzionato. In una lettera di quattro pagine indirizzata la scorsa settimana a von der Leyen, De Wever ha affermato che “non sarebbe giusto né equo aspettarsi che, mentre i vantaggi di tale schema sono per tutti, i costi e i rischi ricadano sul Belgio”.

“Nel caso molto probabile in cui la Russia non fosse ufficialmente la parte perdente, come la storia ha dimostrato in altri casi, chiederà legittimamente la restituzione dei suoi beni sovrani“, ha continuato De Wever nella lettera, spiegando che il piano potrebbe spingere gli investitori a vendere debito dell’Ue o a ritirare fondi da Euroclear e da altre istituzioni europee, “amplificando i rischi sistemici” e potenzialmente destabilizzando l’euro. Questo, ha continuato, scatenerebbe il caos nei mercati finanziari europei ed esporrebbe i contribuenti ad un rimborso molto oneroso e in tempi molto rapidi..

Il premier belga ha anche sostenuto che il piano ostacolerebbe gli sforzi di pace, che nelle ultime due settimane sono stati particolarmente intensi ma che ora sono di nuovo in stallo.

A questa obiezione ha risposto, tra gli altri, l’Alta rappresentante per gli Affari Esteri Kaja Kallas, secondo cui usare gli asset immobilizzati “rafforzerebbe la posizione dell’Europa nei confronti di Mosca. Non sminuisco in alcun modo i rischi o le preoccupazioni che il governo belga ha, ma dobbiamo andare avanti”. Kallas ha anche affermato che non usare i beni in questione significherebbe fare il gioco del Cremlino: “Se fossi la Russia, cercherei anche di resistere, per vedere se otteniamo i fondi per la difesa dell’Ucraina o no. Nel breve termine tornerei al tavolo delle negoziazioni e chiederei ancora di più”.

La posizione e le dichiarazioni di De Wever gli hanno attirato diverse critiche e accuse di essere “molto pro-russo” nel dossier asset, sia in articoli di opinione sia sui social (X, Facebook, Reddit, ecc.).

Cosa chiede il Belgio

Le condizioni poste dal Belgio per dare il via libera sono che le altre capitali forniscano immediatamente e collettivamente liquidità per coprire l’importo detenuto da Euroclear, che condividano l’onere di eventuali contenziosi, e che anche gli altri Paesi occidentali che detengono attivi russi si impegnino in accordi analoghi.

In alternativa, propone che i Paesi dell’Ue diano priorità ai fondi non spesi dell’attuale bilancio settennale o che la Commissione emetta 45 miliardi di euro di debito congiunto: un’idea impopolare perché comporta l’utilizzo di denaro dei contribuenti.

Usare gli asset russi rispetta il diritto internazionale?

Nelle ultime settimane uno dei dubbi su cui le capitali hanno invitato alla prudenza è quello se usare gli asset russi in questo modo rispetti il diritto internazionale. Alberto Alemanno, professore universitario presso l’HEC di Parigi e presso il Collège d’Europe di Bruges, afferma che il prestito in questi termini sia legale, e che l’opposizione del Belgio non abbia più ragion d’essere dopo le garanzie messe a punto dalla Commissione e rese note mercoledì (con la previsione di un meccanismo a 3 livelli). L’esperto sottolinea che la Russia ad oggi non ha fatto nessuna mossa per recuperare i fondi in questione, e che comunque “ogni ipotetico risarcimento sarebbe inapplicabile nell’Ue”, mentre “i beni vulnerabili del Belgio nei Paesi terzi sono limitati”.

I belgi d’altronde temono anche che il Cremlino possa fare causa al governo e a Euroclear sulla base di un trattato bilaterale di investimento il Paese ha firmato con l’Unione Sovietica nel 1989.

Asset russi come leva negoziale

Ma ci sono altri aspetti da considerare. “Il rischio legale è gestibile, molto inferiore al rischio morale e strategico dell’inazione”, ha concluso Alemanno, ricalcando quello che sostengono le parti più favorevoli all’operazione.

Usare i beni russi congelati come garanzia potrebbe infatti essere usato come leva negoziale, come sostiene anche l’amministratrice delegata di Euroclear, Valérie Urbain, che ha dichiarato oggi all’emittente belga VRT: “In questa fase, sarebbe meglio utilizzare quel denaro per i negoziati di pace, piuttosto che istituire una struttura giuridica estremamente complessa e rischiosa e poi perdere quella leva nei colloqui”.

Anche gli Stati Uniti, sebbene per motivi diversi, sostengono che tali risorse siano necessarie per aiutare a garantire un accordo di pace tra Kiev e Mosca e, secondo quanto riporta Politico, avrebbero “fatto pressione su diversi Paesi dell’Ue per bloccare l’operazione”.

A tal proposito occorre però ricordare che nel piano in 28 punti per la pace presentato a novembre da Washington, motore dell’attuale tornata negoziale, era previsto nero su bianco che 100 mld di dollari degli asset in questione venissero usati per una ricostruzione guidata dagli Usa, che ne avrebbero tratto il 50% dei profitti, e che il resto confluisse in investimenti strategici condivisi tra Usa e Russia.

Il piano, fortemente sbilanciato a favore di Mosca, è stato diluito dopo intensi negoziati con Kiev, ma, sebbene non se conoscano ancora i dettagli, è improbabile che l’amministrazione Trump molli la presa sui fondi russi.

Le minacce russe: “Pagherete in natura”

La Russia ha già annunciato ritorsioni, e il presidente Vladimir Putin ha fatto sapere che sta facendo preparare un pacchetto ad hoc. L’ex presidente russo Dmitry Medvedev, sui social, è andato oltre, scrivendo giovedì che “se la folle Ue dovesse rubare i beni russi congelati per un ‘prestito di riparazione’, potremmo considerarlo un casus belli con tutte le relative implicazioni per Bruxelles e compagnia”.

“Allora, questi fondi potrebbero dover essere restituiti, non in tribunale, ma come reali riparazioni pagate in natura dai nemici caduti della Russia”, ha continuato.

La deadline per la decisione a questo punto è il 18 dicembre, l’ultimo incontro dell’anno del Consiglio europeo. Se non ci fosse accordo, l’Ue potrebbe dover ripiegare su prestiti a Kiev a spese dei contribuenti. D’altronde, secondo le stime l’Ucraina sarà a secco da aprile e avrà bisogno di sostegno per continuare a difendersi. Sostegno che deve venire dal blocco europea, dato che gli Usa si sono sfilati. Kiev ha recentemente ottenuto un fondo dal Fondo Monetario Internazionale, ma per l’Ue, sistematicamente tenuta fuori da Trump e Putin da ogni negoziazione, è anche e soprattutto una questione di rilevanza.