Pedro Sánchez guarda all’Africa: “Così affrontiamo la sfida migratoria”

Con un aumento dei migranti in arrivo, il premier spagnolo Pedro Sánchez punta su accordi con i paesi africani e sull'immigrazione “circolare” per una gestione sostenibile dei flussi
3 mesi fa
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Pedro Sanchez e Mohamed Ould Ghazuani (Europa Press/ABACA/IPA/Fotogramma)
Pedro Sanchez e Mohamed Ould Ghazuani (Europa Press/ABACA/IPA/Fotogramma)

Pedro Sánchez, il primo ministro spagnolo, ha sviluppato politiche migratorie che mirano a bilanciare l’integrazione dei migranti con la gestione dei flussi migratori verso la Spagna. Le sue strategie sono radicate in un approccio che cerca di conciliare umanità e controllo, con un’attenzione particolare ai partenariati con i paesi di origine e transito dei migranti, specialmente in Africa.

Un modello di gestione di migrazione criticato dal partito d’opposizione Vox che prediligerebbe l’approccio italiano: nel 2023 la premier Meloni ha portato a segno un accordo tra Italia e Tunisia, da oltre un miliardo di euro che “gestisce” il controllo dei flussi migratori con il versamento di alcune tranche di finanziamenti per la crescita economica tunisina.

Un secondo accordo è stato siglato nel marzo del 2024 in Egitto, sia per gestire la pressione del conflitto del Sudan e sia per eventuale esodo di massa dalla Striscia di Gaza.

La recente visita di Sánchez in Africa, in particolare in Senegal, si inserisce in una strategia di controllo, ma più “soft” sul tipo di accordi e retorica costruita sul tema.

L’approccio di Sánchez

Il fenomeno migratorio è una questione centrale in Spagna, come nel resto dell’Unione europea. La sua posizione geografica la colloca tra i “porti sicuri” dell’Europa. La Spagna, sotto il governo di Sánchez, ha cercato di distinguersi per un approccio che non si limita a gestire l’emergenza, ma punta a creare soluzioni sostenibili a lungo termine. Questo si è tradotto in un rafforzamento della cooperazione internazionale, in particolare con i paesi africani, da cui proviene una parte significativa dei migranti.

Un aspetto chiave della politica migratoria di Sánchez è il concetto di “immigrazione circolare”, che prevede accordi bilaterali per la mobilità temporanea dei lavoratori migranti. Questi accordi permettono ai lavoratori di entrare in Spagna per periodi limitati, in settori specifici, con l’impegno di ritornare nel loro paese di origine al termine del contratto. Questo modello è visto come una soluzione per soddisfare la domanda di lavoro in alcuni settori, come l’agricoltura, e al contempo per evitare situazioni di irregolarità e sovraffollamento nelle città spagnole.

La collaborazione con i paesi africani

Durante la visita, il primo ministro ha sottolineato l’importanza di rafforzare la cooperazione economica e di sicurezza con i paesi africani, riconoscendo che una gestione efficace dei flussi migratori richiede investimenti in sviluppo e opportunità nei paesi di origine. Sánchez ha proposto di intensificare la lotta contro le reti di trafficanti e di promuovere l’occupazione locale per ridurre la pressione migratoria verso l’Europa.

Questa politica è stata accolta con favore da molti leader africani, che vedono in essa un’opportunità per migliorare le condizioni economiche nei loro paesi e per creare canali migratori legali e sicuri. Tuttavia, resta da vedere se questi accordi saranno sufficienti a contenere il fenomeno migratorio nel lungo periodo, specialmente in un contesto globale caratterizzato da crescenti disuguaglianze e cambiamenti climatici.

Mauritania, Il Primo Ministro Spagnolo Pedro Sanchez Incontra Il Presidente Della Mauritania, Mohamed Ould Ghazuani, Annunciando Gli Accordi Per Arginare I Flussi Migratori Nel Mediterraneo
Pedro Sanchez e Mohamed Ould Ghazuani (Europa Press/ABACA/IPA/Fotogramma)

Immigrazione spagnola in cifre

Il numero di migranti che entrano ed escono dalla Spagna è un indicatore cruciale per valutare l’efficacia delle politiche migratorie del governo. Secondo i dati più recenti, nel 2023, la Spagna ha visto un aumento degli arrivi via mare, con oltre 32.000 migranti sbarcati sulle coste spagnole, principalmente nelle Isole Canarie e in Andalusia. Questo rappresenta un incremento rispetto agli anni precedenti, nonostante gli sforzi per rafforzare i controlli e migliorare la cooperazione con i paesi di transito.

Al contrario, il numero di migranti che lasciano la Spagna, sia per tornare ai loro paesi di origine sia per trasferirsi in altri paesi europei, è più difficile da monitorare con precisione. Tuttavia, stime indicano che circa 15.000 migranti hanno lasciato il territorio spagnolo nel 2023, grazie anche agli accordi di rimpatrio e ai programmi di ritorno volontario assistito promossi dal governo spagnolo e supportati dall’Unione Europea.

Guardando al futuro, la politica migratoria di Sánchez dovrà affrontare diverse sfide. Innanzitutto, la sostenibilità dei programmi di immigrazione circolare dipenderà dalla capacità della Spagna di mantenere un equilibrio tra le esigenze del mercato del lavoro e le pressioni sociali legate all’immigrazione. Inoltre, sarà cruciale monitorare l’efficacia degli accordi con i paesi africani e assicurarsi che i benefici economici raggiungano effettivamente le comunità locali.

Un altro aspetto fondamentale sarà la gestione delle aspettative politiche all’interno della Spagna. Le politiche migratorie di Sánchez si collocano in un contesto europeo più ampio, dove la migrazione è spesso oggetto di dibattito e di divisioni. In questo scenario, la Spagna dovrà continuare a collaborare strettamente con i partner europei per sviluppare una politica migratoria comune che sia equa e sostenibile.

Un modello per l’UE?

Il modello di gestione migratoria adottato da Pedro Sánchez potrebbe rivelarsi utile non solo per la Spagna, ma anche per l’intera Europa. In un contesto in cui molti paesi europei faticano a trovare un equilibrio tra sicurezza dei confini, integrazione dei migranti e rispetto dei diritti umani, l’approccio di Sánchez offre un’alternativa pragmatica e sostenibile.

L’idea di “immigrazione circolare”, con accordi bilaterali che regolano l’ingresso temporaneo dei lavoratori migranti, potrebbe essere estesa ad altri stati membri dell’UE, facilitando una distribuzione più equa e gestibile dei flussi migratori.

Inoltre, la cooperazione rafforzata con i paesi di origine e transito, accompagnata da investimenti in sviluppo, potrebbe contribuire a ridurre le pressioni migratorie alla fonte, affrontando le cause profonde della migrazione. Questo modello, se implementato a livello europeo, potrebbe favorire una politica migratoria più coesa e solidale, in linea con l’ultimo Piano europeo per la gestione dei richiedenti asilo, che contempli sia la protezione dei confini che l’offerta di percorsi migratori legali e sicuri.

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