Mentre la ‘Pax Americana’ rischia di scivolare in una ‘Pax Trumpiana’, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen rilancia con una nuova ‘Pax Europaea‘. Giovedì 29 maggio, in occasione della consegna del premio Carlo Magno ad Aquisgrana, ha ribadito quella che ormai è una consapevolezza crescente nel Vecchio Continente: l’ordine mondiale che conoscevamo (quello post-Seconda Guerra Mondiale) non esiste più, sta emergendo un mondo nuovo.
Un mondo che l’Europa deve contribuire a plasmare, nella visione di von der Leyen, dando vita a una Pax Europaea, laddove le nuove dinamiche geopolitiche stanno rimescolando, o lo hanno già fatto, le carte dei rapporti internazionali.
La fine del “dividendo di pace”
Il punto, ha sottolineato von der Leyen, è che il “dividendo della pace”, garantito storicamente dal “ruolo vitale della Nato e dei partner transatlantici dell’Europa”, è finito. L’Europa pensava che non sarebbe mai successo, tanto da sedersi compiaciuta in questa convinzione, ma già “i Paesi baltici, la Polonia e i Paesi dell’Europa centrale e orientale ci avevano messo in guardia”, ha sottolineato la capa dell’esecutivo Ue. E l’invasione russa dell’Ucraina ha svelato quello che stava succedendo: la fine di un’epoca.
Un nuovo ordine da plasmare e non subire
“Un nuovo ordine internazionale emergerà ancor prima della fine di questo decennio. Se non vogliamo subirne passivamente le conseguenze che questo avrà per l’Europa e il mondo dobbiamo contribuire a plasmarlo”, ha affermato von der Leyen. Modellando e gestendo “una nuova forma di Pax Europaea per il XXI secolo”, basata sull’indipendenza del blocco.
Come fare? innanzitutto, occorre rimboccarsi le maniche e agire, perché “la storia non perdona né l’inazione né l’esitazione“. Poi la presidente della Commissione ha chiarito che serve “riscoprire lo spirito di audacia, azione e rinnovamento” che il Vecchio Continente ha più volte dimostrato di possedere. “È tempo che l’Europa si rialzi” e “credo che il prossimo grande progetto unificante riguardi la costruzione di un’Europa indipendente“, ha spiegato ancora.
Indipendenza che passa in primis attraverso gli investimenti in sicurezza: come ricordato da von der Leyen, “gli avversari delle nostre società democratiche aperte si sono riarmati e ri-mobilitati. Non c’è esempio più grande della brutale e spietata guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina. La Russia e altri continueranno a potenziare le loro economie di guerra”. Per far fronte a questa situazione, l’Ue sta “stanziando fino a 800 miliardi di euro per la difesa: sarebbe stato impossibile solo pochi anni fa”, ha puntualizzato.
Difesa: un concetto allargato
Va notato che il concetto stesso di difesa è in profondo cambiamento. L’ordine post-bellico, basato sugli Stati Nazionali e dunque (anche) sui confini, oggi si è fatto più fluido, e le minacce non sono più i carrarmati alle frontiere. O meglio, non solo, perché con l’invasione russa dell’Ucraina l’Europa ha provato anche questo déjà-vu, che dura ormai da oltre 3 anni.
Ma ora le minacce alla sicurezza si sono moltiplicate e comprendono, tra le altre cose, l’uso dei droni, la manipolazione dell’opinione pubblica, la disinformazione, l’uso malevolo dell’intelligenza artificiale, il sabotaggio di reti elettriche e di telecomunicazioni, anche sottomarine, e di gasdotti, la guerra psicologica, il furto di dati sensibili, gli attacchi alle reti informatiche, le pressioni economiche e commerciali, la canalizzazione dei flussi migratori verso altri Paesi. Tutti aspetti che operano in una zona grigia tra pace e guerra e verso i quali serve una risposta a largo spettro, basata sulla cooperazione.
Perciò non è un caso che l’Unione, oltre al mastodontico (almeno sulla carta) piano di riarmo, abbia messo al centro della propria politica anche altre parole: autonomia strategica. Che è sì militare, ma abbraccia anche l’indipendenza energetica e delle materie prime, la sovranità digitale, e, a livello di moneta, il progetto per l’euro digitale.
Competitività, allargamento e difesa della democrazia
La Pax Europaea infatti è il primo di quattro “imperativi” segnalati da von der Leyen. Il secondo è la competitività, da mettere “al centro del rinnovamento dell’Europa”, il terzo è la “prossima riunificazione storica del nostro continente“, dunque “accogliere i Paesi che hanno scelto liberamente di aderire alla nostra Unione”. Infine, il quarto, “alla base di tutti gli altri”, è “il rinnovamento e il rafforzamento della nostra democrazia”.
Anche su questo fronte, la presidente della Commissione auspica un ruolo deciso e proattivo: “La democrazia non è scolpita nella pietra. (…) E la storia dimostra che può essere distrutta molto più velocemente di quanto non venga costruita”. Ed è quello che sta succedendo: “Le nostre democrazie sono state attaccate – dagli sforzi concertati di avversari esterni, ma anche dai tentativi di eroderle dall’interno. Dobbiamo combattere contro queste minacce e tendenze”.
Per quanto riguarda l’interno, dunque la marea nera dell’estremismo che monta, per von der Leyen occorrerà essere più convincenti delle forze radicali, capendo e affrontando il malcontento reale dei cittadini che le votano.
Europa tra più fuochi
Quanto all’esterno, anche se non citati esplicitamente dalla presidente della Commissione, l’Europa si trova tra due fuochi, anzi tre. Da un lato l’America di Trump, quel Trump che secondo alcuni analisti sta sgretolando la Pax Americana e con essa il sistema di rapporti internazionali bastato su libero commercio e confini nazionali che il tycoon sta picconando a colpi di affarismo, ego smisurato e principi Maga. Maga che peraltro intende espandersi e diffondere la propria visione del mondo anche in terra europea generando il ‘Mega (‘Make Europe Great Again’, ma lo slogan trumpiano è già stato declinato anche a livello nazionale, ad esempio nel ‘Make Romania Great Again‘)’. D’altronde Trump malsopporta l’Unione e il suo obiettivo, se non di ‘distruggerla’, è quanto meno di ridurla ai minimi termini.
Dall’altro lato, il presidente russo Vladimir Putin ha riesumato una politica imperialistica e di potenza che ha attraversato carsicamente i decenni senza mai scomparire. C’è poi la Cina, una dittatura da maneggiare con attenzione e che sta espandendo la propria influenza in tutto il mondo in modi più o meno soft ma sicuramente costanti ed efficaci.
Insomma la Pax Europaea, che grazie anche all’ombrello della Nato e degli Stati Uniti ha garantito agli europei quasi 80 anni di pace (sebbene relativa, come l’ha definita von der Leyen, basti pensare alle conseguenze della dissoluzione dell’ex-Jugoslavia nei primi anni ’90), si deve trasformare. Deve diventare una pace creata attivamente dal blocco, e non solo più accettata passivamente come fortunata conseguenza di voleri esterni. “Essere europei oggi significa anche essere pronti a difendere i nostri valori e il nostro modo di vivere con tutti gli strumenti disponibili: diplomatici, economici e, se necessario, militari”, ha chiarito von der Leyen, avvisando che “non possiamo più dare la pace per scontata”.