“Gli Stati Uniti aiuteranno la Polonia e i Paesi Baltici a difendersi in caso di escalation della Russia”, ha promesso Donald Trump sabato scorso, prima di recarsi alla commemorazione funebre di Charlie Kirk. La dichiarazione del presidente americano, però, va in cortocircuito con le indiscrezioni sulle prossime mosse del Pentagono. Secondo fonti Reuters, gli Usa stanno lentamente sospendendo la vendita di alcune armi all’Europa nell’ambito dell’agenda America First, a partire da quelle necessarie per proteggere i Paesi baltici, minacciati da Putin negli scorsi giorni.
Il dipartimento della Difesa americano avrebbe fatto sapere ai diplomatici europei che gli States hanno intenzione di tagliare parte dell’assistenza di sicurezza a Lettonia, Lituania ed Estonia, i Paesi Baltici confinanti con la Russia, proprio mentre Mosca fa salire il livello di allarme nella zona. La ratio dietro questa scelta è che il Pentagono vuole rafforzare le proprie scorte militari, come era successo quando si parlava della possibilità, a lungo dibattuta e alla fine sbloccata, di dare nuovi Patriot all’Ucraina (pagati dall’Ue).
Non solo Paesi baltici: l’America diminuisce gli aiuti agli alleati
Il Pentagono ha riferito ai partner europei la volontà di ridimensionare sensibilmente il Baltic Security Initiative, ovvero il pacchetto con cui gli Usa hanno finanziato addestramento, equipaggiamenti e la modernizzazione delle difese nei tre Paesi baltici. Ma non solo.
Secondo quanto riporta The Atlantic, la strategia americana ha coinvolto anche la Danimarca, che era vicina all’acquisto di armi statunitensi prima che Washington rivedesse le proprie scelte. A inizio mese, il funzionario politico più alto in grado del Pentagono, Elbridge Colby, ha spiegato, in chiamata con Copenaghen, che non voleva più vendere Patriot alla Danimarca perché gli Stati Uniti ne erano carenti.
Le nuove provocazioni russe
Il quadro della nuova instabilità dell’area baltica è aggravato dalle recenti provocazioni russe ai confini. Venerdì scorso, tre Mig-31 russi sono entrati nello spazio aereo dell’Estonia sopra il Golfo di Finlandia, costringendo due F-35 italiani a un doppio scrumble dalla base di Amari. Definendo l’incursione “di un’audacia senza precedenti”, il ministero degli Esteri estone ha convocato Mosca e chiesto l’attivazione dell’articolo 4 del Trattato Nato, lo stesso richiesto dalla Polonia, dopo che 19 droni russi sono entrati nei cieli del Paese senza alcuna autorizzazione.
La Polonia ha anche registrato la violazione della zona di sicurezza della piattaforma petrolifera Petrobaltic da parte di due caccia russi, che hanno effettuato un sorvolo a bassa quota.
Secondo il ministro degli Esteri estone, Margus Tsahkna, queste azioni sono “parte di un più ampio piano di escalation da parte della Russia”. Il presidente ceco Petr Pavel, intanto, alza la guardia: “dobbiamo rispondere anche abbattendo gli aerei russi, se necessario”.
Ora Trump teme una guerra mondiale?
Ben prima di tornare alla Casa Bianca, Trump aveva già annunciato chiaramente le proprie intenzioni agli europei: senza un ingente aumento della spesa militare da parte degli Alleati Nato, gli Usa sarebbero usciti dall’Alleanza. Dopo la rielezione di Trump, il suo segretario alla Difesa ha spiegato agli europei quanto avrebbero dovuto sborsare per espandere i propri eserciti e proteggere l’Ucraina: 3,100 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, secondo i calcoli di Bloomberg Economics.
Poi sono arrivate le dichiarazioni delle istituzioni europee, che hanno rassicurato Trump e le richieste di Mark Rutte, segretario generale della Nato, fino all’approvazione del ReArmEu, il piano per il riarmo europeo dal valore di 800 miliardi di euro.
Insomma, che gli Usa non vogliano più essere in prima linea per difendere l’Europa non sorprende. Ciò che sorprende gli osservatori, invece, è il tempismo con cui questa strategia è tornata in auge. Ovvero, proprio mentre Vladimir Putin alza la posta in palio e minaccia Polonia ed Estonia (e con essa tutti e tre i Paesi baltici).
L’indiscrezione sulla strategia del Pentagono stride con le rassicurazioni di Trump (“difenderemo la Polonia e i Paesi baltici), ma forse c’è un altro elemento ancora più controverso nelle dichiarazioni di questi giorni. Il 17 settembre, infatti, il tycoon aveva escluso la possibilità di un conflitto mondiale durante la conferenza stampa congiunta con il premier Uk Keir Starmer, la stessa in cui si è detto “molto deluso” da Vladimir Putin. A distanza di soli tre giorni, sabato scorso, il presidente americano ha presentato l’ipotesi di una escalation, con tanto di coinvolgimento americano, come un’ipotesi tutt’altro che improbabile.
Intanto, Mosca ha arruolato 160mila reclute della leva primaverile che, ha riferito, non serviranno per combattere in Ucraina.