Oleodotto Druzhba, la Commissione non chiederà un passo indietro a Kiev

Ungheria e Slovacchia chiedono di bloccare le sanzioni, ma per l'Ue non sussiste "un rischio immediato per la sicurezza di approvvigionamento" dei due Paesi
2 mesi fa
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Oleodotto

La Commissione Europea ha annunciato che non eserciterà pressioni sull’Ucraina riguardo all’imposizione del divieto parziale sulle esportazioni di petrolio russo verso Ungheria e Slovacchia. Questa decisione, comunicata giovedì, è arrivata nonostante la richiesta di intervento avanzata dai due Paesi Ue, i principali beneficiari dell’oleodotto Druzhba.

Le sanzioni dell’Ucraina al petrolio russo

Ma andiamo con ordine. Nel mese di giugno, l’Ucraina ha adottato sanzioni che bloccano il transito tramite pipeline (le condutture) del petrolio greggio venduto dalla compagnia petrolifera russa Lukoil, che è la principale società privata del settore. Questa misura ha preoccupato Budapest e Bratislava, che hanno paventato il rischio di possibili carenze di approvvigionamento.

Per questo, Ungheria e Slovacchia hanno inviato una lettera alla Commissione Europea sollecitando l’esecutivo Ue ad avviare consultazioni di emergenza con l’Ucraina.
Secondo i due Paesi, il divieto imposto da Kiev può rappresentare una violazione del vasto accordo commerciale siglato nel 2014 tra l’Ue e l’Ucraina.

La risposta della Commissione

L’Ungheria di Orbán e la Slovacchia hanno atteso per giorni la risposta della Commissione, che è arrivata ieri, giovedì 1°agosto.

L’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen ha respinto la richiesta dei due Paesi, che chiedevano di essere esonerati dalle sanzioni, ritenendo di cruciale l’importazione del petrolio russo per le loro comunità. Ma la posizione non è condivisa dall’esecutivo europeo: parlando con i giornalisti, il portavoce della Commissione, Balazs Ujvari, ha affermato che, secondo la valutazione preliminare dell’ente, le sanzioni non rappresentano “un rischio immediato per la sicurezza di approvvigionamento” dei due Paesi.

Ujvari ha aggiunto che la Commissione sta ancora “verificando i fatti” relativi alla situazione e ha risposto alla lettera inviata dai due Paesi chiedendo ulteriori informazioni. Il processo di verifica è fondamentale per garantire una valutazione accurata dell’impatto delle sanzioni sul mercato energetico regionale.

In un incontro avvenuto lo stesso giorno con il primo ministro ucraino Denys Shmyhal, il capo del commercio dell’Ue Valdis Dombrovskis ha sottolineato che le esportazioni di petrolio verso Ungheria e Slovacchia non sono “influenzate, purché Lukoil non è il proprietario del petrolio“. Insomma, ci sono altre fonti e altre aziende da cui approvvigionarsi.

Le sanzioni Ue sul petrolio russo

Dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte di Mosca nel 2022, l’Unione Europea ha imposto un divieto sulle importazioni di petrolio russo ma ha previsto un’esenzione per le forniture trasportate tramite pipeline, incluse quelle provenienti dell’oleodotto Druzhba, che serve principalmente Ungheria e Slovacchia. L’obiettivo di questa deroga era dare ai due Paesi il tempo necessario per trovare fonti alternative di approvvigionamento, con l’intesa che avrebbero dovuto farlo in modo tempestivo.

Dallo scoppio della guerra ad oggi, l’oleodotto è rimasto in funzione per oltre due anni, anche se l’Unione europea si è man mano svincolata dalla maggior parte delle altre fonti di approvvigionamento energetico russo. Solo l’Ungheria ne è dipendente e sostiene di non poter rifornire le sue raffinerie senza di esso.

L’oleodotto, noto anche come “dell’Amicizia”, è stato costruito agli inizi degli anni Sessanta, è tra i più lunghi del mondo e trasporta petrolio per circa 4.000 chilometri dalla Russia all’Ucraina, Ungheria, Polonia e Germania. Il nome allude al fatto che l’oleodotto forniva il petrolio alle regioni occidentali dell’Unione Sovietica, povere di idrocarburi, e ai Paesi dell’ex blocco sovietico.

Ora, però, dell’amicizia è rimasto solo il nome.

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