Kaja Kallas è appena entrata ufficialmente in servizio come Alta Rappresentante della Politica estera dell’Unione europea, e lo ha fatto con una certa decisione, facendo subito capire che non seguirà il solco del suo predecessore, lo spagnolo Josep Borrell, e soprattutto dove intende andare a parare.
Tutto questo al netto di cosa ne penseranno le Capitali, con le quali già Borrell ha avuto dei contrasti per differenze di vedute, in particolare rispetto alla situazione Israele-Gaza. Ma intanto Kallas sta stabilendo un’agenda, fin dai primissimi giorni del suo mandato.
Più Europa, meno Medio Oriente
La politica estera dell’Unione, come l’ex primo ministro estone intende modellarla, subisce quindi un cambio: sarà più centrata sul ‘cortile di casa’, ossia Europa e vicinato, e meno sul Medio Oriente.
Tradotto: l’Ucraina è in cima all’agenda, come dimostra il fatto che il primo viaggio della capa della diplomazia Ue sia stato proprio nel Paese che da ormai quasi tre anni è in guerra con la Russia.
D’altronde Kallas, intransigentemente anti-putiniana, ha sempre sostenuto con forza una posizione dura e netta contro la Russia, posizione condivisa dalle altre Repubbliche baltiche.
Anche a livello di parole usate c’è un cambio, che segnala più o meno sottilmente un diverso approccio: ribadendo che l’Europa starà al fianco di Kiev “per tutto il tempo necessario”, Kallas domenica scorsa ha scritto su X che “l’Unione europea vuole che l’Ucraina vinca questa guerra“. Una differenza che sembra piccola ma che in realtà sposta l’asse dell’impegno del blocco.
Il primo viaggio di Kallas, Costa e Kos è stato in Ucraina
Il post è arrivato durante la visita di Kallas a Kiev, dove è andata insieme al neo-presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, e alla neo-commissaria per l’Allargamento dell’Unione Marta Kos. Per tutti e tre si è trattato del primo viaggio dopo essere entrati nell’esercizio delle proprie funzioni, una decisione che lancia un messaggio ben preciso di sostegno al Paese aggredito dalla Russia.
E mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky fissava le condizioni dell’Ucraina per un cessate il fuoco – maggiori aiuti militari e un invito ad entrare nella Nato – sullo sfondo si stagliava e si staglia l’insediamento del nuovo presidente Usa Donald Trump (il 20 gennaio prossimo), che ha più volte ribadito di non voler più spendere soldi per la guerra in Ucraina.
A tal proposito Kallas ha dato una risposta indiretta al tycoon: aiutare l’Ucraina è anche “nell’interesse degli Usa” perché una vittoria di Mosca rafforzerebbe i rivali americani: “Cina, Iran e Corea del Nord, che già operano insieme”.
Il rafforzamento dei legami di sicurezza tra Ue e Usa
Già durante la sua audizione all’Europarlamento il 12 novembre Kallas aveva parlato di un rafforzamento dei legami di sicurezza tra Ue e Usa, concentrandosi proprio sull’allineamento tra Iran, Corea del Nord, Cina e Russia che si concretizza in un supporto al gigante slavo in Ucraina e in “azioni destabilizzanti da parte dell’Iran in Medio Oriente e persino in Europa, come in Svezia”.
L’ex premier estone aveva sottolineato che “senza il sostegno della Cina, la Russia non potrebbe portare avanti la sua guerra con la stessa forza”. Ma non ha fornito dettagli su un eventuale revisione della strategia europea sulla Cina: “Abbiamo una nostra politica in atto e dobbiamo seguirla; dobbiamo trattare la Cina come un concorrente e un rivale sistemico; dobbiamo davvero ridurre i rischi”.
Allo stesso tempo, ha affermato in audizione Kallas, l’Ue “dovrebbe adottare un nuovo approccio nei confronti dell’Iran”, accusata di fornire alla Russia equipaggiamenti militari essenziali.
Quanto alla Nato, l’Alleanza Atlantica da cui Trump minaccia di far uscire gli Usa, per Kallas l’Unione deve affrontare il “significativo sotto-investimento” dell’Europa nella difesa: “Il problema con la difesa è che, quando ne hai bisogno, è in realtà troppo tardi per prendere decisioni. Dobbiamo prepararci ora, finché abbiamo la pace”.
E ha aggiunto: “Non credo che l’Ue abbia bisogno di poteri militari separati”, apparentemente escludendo, almeno per il momento, l’idea di un futuro esercito dell’Unione.
“Il mondo è in fiamme, quindi dobbiamo restare uniti”, ha affermato, sottolineando la necessità che l’Ue faccia la sua parte come “attore geopolitico”.
Nebulosi gli altri quadranti geopolitici
Interrogata su altri quadranti geopolitici, Kallas è stata meno convincente, e anche questo è un segnale. Per quanto riguarda il Medio Oriente l’estone ha affermato la “forte unità” dell’Ue sulla necessità di un cessate il fuoco immediato, del rilascio incondizionato degli ostaggi e della continuità degli aiuti umanitari, nonché del sostegno alla soluzione dei due Stati, ma non ha mostrato un tono altrettanto netto e deciso come sulle altre questioni.
Vale lo stesso per la sua proposta di un maggiore impegno nei confronti dell’Africa, dove Kallas ha promesso di organizzare un vertice congiunto l’anno prossimo per “ascoltare i leader africani, non solo predicare il nostro stile di vita”. L’Alta rappresentante ha specificato di essere disposta a investire il suo tempo nel Continente ma non è entrata nei dettagli di quali politiche vorrebbe portare avanti.
Di fatto l’audizione dell’ex premier estone è stata incentrata sulla Russia e in parte dalla Cina, e già questo è indicativo della direzione in cui intende andare.
Pugno duro contro la Georgia
Altrettanta decisione come nei confronti della Russia la nuova capa della diplomazia Ue l’ha mostrata in questi primi giorni del suo mandato anche sulla Georgia, dove si susseguono manifestazioni popolari dopo che Sogno georgiano, il partito vincitore delle ultime (contestate) elezioni, ha avvisato che posticiperà al 2028 il processo per entrare nell’Ue. Manifestazioni violentemente represse dal governo, e rispetto alle quali Kallas, sempre domenica, ha avvertito in un tweet che la violenza contro i manifestanti e l’allontanamento del Paese da Bruxelles porterebbero a “conseguenze dirette da parte dell’Ue“.
Ovvero, secondo le prime interpretazioni, a sanzioni contro i membri di Sogno georgiano che hanno ordinato la repressione oppure alla sospensione dell’accordo che dal 2017 consente ai georgiani di trascorrere fino a tre mesi nell’Unione senza visto.
La riduzione della rappresentanza diplomatica Ue nel Mondo
La politica estera che Kallas intende portare avanti si inserisce in un contesto particolare: la Commissione infatti, rivela Politico, sembra intenzionata a tagliare in maniera pesante il personale delle ambasciate Ue in tutto il mondo per concentrarsi sui Paesi “in cui risiedono gli interessi primari” dell’Unione.
Intendendo con ciò i Paesi che mirano a entrare nel blocco o nelle immediate vicinanze i Paesi del G20, le “potenze politiche ed economiche” emergenti e i Paesi la cui l’instabilità rappresenta una minaccia per gli interessi dell’Unione.
Il che significa essenzialmente lasciare scoperte l’Africa, Asia e America Latina, le cui delegazioni verrebbero molto limitate. In Africa, la proposta riguarda oltre 30 Paesi, mentre in America Latina sarebbe a rischio anche una potenza come il Brasile.
Il punto è che ridurre all’osso le rappresentanze all’estero si traduce inevitabilmente in ‘perdita di peso diplomatico’: se si lasciare un vuoto, gli altri lo riempiranno. Ed è facile immaginare chi siano questi ‘altri’: la Cina da anni si dà molto da fare in Africa e non solo, gli Stati Uniti stanno spostando il loro asse di interesse verso il Pacifico e la Russia è a sua volta molto attiva nel gestire le proprie aree di influenza.
C’è poi un altro problema: se la proposta venisse adottata, quasi 800 funzionari locali rischierebbero di perdere il lavoro, di conseguenza Kallas si troverebbe a gestire licenziamenti di massa proprio all’inizio del suo mandato.
Il motivo della proposta è meramente economico. Il Servizio per l’azione esterna (SEAE) dell’Ue, ovvero il servizio diplomatico del blocco, ha sforato il budget per il 2024 e le previsioni per il 2025 sono ancora più fosche.
“Mantenere lo status quo non è un’opzione”, dice il documento in possesso di Politico, aggiungendo: “L’Ue ha bisogno di una rete di delegazioni più adatta alle nuove priorità politiche e strategiche. Ciò deve essere realizzato in un contesto di bilancio limitato”.
Si tratta in ogni caso di raccomandazioni, che dovranno essere discusse questo mese da Kallas e dalla neonata Commissione europea, ma che evidenziano le difficoltà e le difficili decisioni strategiche a tutto campo che la capa della diplomazia Ue dovrà affrontare.