Non solo Orban e Scholz: ora è l’Olanda a chiedere un’esenzione sui (contro i) migranti

La proposta arriva dalla ministra alle Politiche migratorie Marjolein Faber del Partito della Libertà di estrema destra della coalizione di maggioranza di governo
4 giorni fa
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Marjolein Faber
Marjolein Faber (Robin van Lonkhuijsen/ANP/Sipa/Fotogramma)

Non abusare dell’ospitalità olandese. Questo è il monito lanciato dalla ministra dell’Asilo e della Migrazione Marjolein Faber, collega di partito di Geert Wilders, leader del Partito della Libertà di estrema destra che ha ottenuto il maggior numero di voti alle elezioni di novembre 2023 e che ora fa parte della coalizione guidata dal primo ministro Dick Schoof.

Il governo olandese ha così annunciato l’inasprimento della politica sull’immigrazione. Considerano l’asilo politico offerto ai migranti “un’emergenza” e chiedono la conseguente sospensione temporanea della legge sugli stranieri. Lo scopo? Congelare le richieste di ingresso e espellere chiunque non abbia un permesso di soggiorno.

Immigrazione olandese

L’immigrazione è già stata uno dei principali argomenti di dibattito nella campagna elettorale che ha preceduto le elezioni del novembre 2023.

Per il ministro dell’Asilo e della Migrazione, “i Paesi Bassi non possono far fronte a un numero così elevato di migranti”. Le autorità stimano che ogni anno arrivino nel Paese circa 40mila richiedenti asilo. Il piano presentato dal governo include anche un inasprimento dei requisiti per il ricongiungimento familiare dei rifugiati, subordinandolo ad almeno due anni di permanenza e alla prova di un reddito “stabile e sufficiente”.

Faber ha avvertito che chiunque “abusi dell’ospitalità olandese” sarà perseguito e non ha nascosto che l’obiettivo è quello di rendere i Paesi Bassi un Paese non più “attraente” per l’emigrazione.

Il governo ha anche annunciato che “al più presto” presenterà formalmente alla Commissione europea una richiesta di esenzione dal rispetto della politica migratoria comune.

Migrazione in Europa: un problema comune

La notizia arriva a distanza di poco dalla proposta svedese di aumentare la quota economica offerta ai migranti per i rimpatri volontari: fino a 30mila euro per tornarsene a casa. E non sono gli unici. In Germania, le politiche migratorie hanno subito un’inversione di rotta.

Dopo l’attentato di Solingen del 24 agosto, quando un siriano affiliato all’Isis ha ucciso tre persone con un coltello, il governo di Olaf Scholz ha intrapreso una linea dura contro l’immigrazione irregolare. Ciò ha portato la ministra dell’Interno, Nancy Faeser, ad allargare il raggio di azione a tutti i confini: “Ho ordinato controlli a tutte le frontiere terrestri tedesche. L’inizio è previsto per il 16 settembre e la durata iniziale è di sei mesi”, ha detto Faeser secondo cui il piano migliorerà la situazione interna con “azioni concrete”.

E sulla stessa linea di pensiero viaggia anche la Polonia che ha annunciato che estenderà di altri 90 giorni l’istituzione di una zona cuscinetto al confine con la Bielorussa. La cosiddetta “no-go zone”, introdotta a giugno 2021, per il ministro dell’Interno Tomasz Siemoniak, “si è dimostrata efficace in passato per ridurre l’immigrazione illegale e che sarà riattivato per fronteggiare ulteriori arrivi”.

Per non parlare dell’Ungheria, coinvolta in una causa giudiziaria con la Commissione europea per la quale dovrà pagare 200 milioni di euro per le politiche migratorie intraprese negli ultimi anni e sulle quali, però, sembra non voler fare dietro front.

Il tema dell’immigrazione, con i conflitti in Medio Oriente e con la guerra di aggressione della Russia all’Ucraina, sembra riaccendere gli Stati membri. Un patto migranti comune, entrato in vigore l’11 giugno 2024, chiedeva alla coalizione dei 27 maggior cooperazione: il risultato, però, sembra essere stato l’opposto.