“Non è un altro Orbán”. Il prossimo governo ceco visto da Janebová (Amo)

"Babiš è un pragmatico, non un ideologo come il premier ungherese", spiega la direttrice di ricerca dell'l'Associazione per gli Affari Internazionali
2 ore fa
5 minuti di lettura
Andrej Babis Repubblica ceca
Michal Cizek/AFP

“Sebbene la vittoria di Andrej Babiš non sia sorprendente, ci sono state un paio di sorprese in queste elezioni. La prima è che Stačilo! (“Basta!”), il raggruppamento comunista e di estrema sinistra, non è riuscito a entrare nella Camera dei Deputati nonostante quanto suggerivano i sondaggi prima delle elezioni. E l’estrema destra di Spd (Libertà e democrazia diretta) è andata peggio del previsto. Insieme, il relativo insuccesso di questi partiti suggerisce che i cechi non sono realmente interessati a mettere in discussione l’appartenenza all’Unione europea e alla Nato: penso che questa sia una buona notizia“.

Così Pavlína Janebová, direttrice di ricerca presso l’Associazione per gli Affari Internazionali (Amo) di Praga, commenta i risultati delle elezioni in Repubblica ceca, dove l’affluenza al 68% ha toccato il record dal 1998 e l’Alleanza dei cittadini insoddisfatti (Ano), forza populista costruita attorno al tycoon ed ex premier Babiš, ha aggiuntato quasi il 35% dei consensi. Raggiunta da Eurofocus all’indomani del weekend elettorale, l’esperta evidenzia anche l’ottimo risultato conseguito dal partito dei Motoristi, nati nel 2022, oggi al 6,8%: “era la prima volta che si presentavano alle elezioni generali e ora stanno guardando alla possibilità di finire nel governo, il che è impressionante”.

Le altre capitali europee guardano preoccupate verso Praga, temendo che il prossimo governo andrà a fiancheggiare il premier ungherese Viktor Orbán e il collega slovacco Roberto Fico al tavolo del Consiglio europeo, ricomponendo la formazione illiberale dei quattro Paesi Visegrad (V4) e rinsaldando il fronte filorusso nel cuore dell’Ue. Ma l’analista avverte che la percezione dall’estero è distorta. “Babiš non è un ideologo, è un pragmatico. E so che questo può significare molte cose, ma non ha un’ideologia, o nemmeno una visione del Paese che vorrebbe creare. Vuole solo risolvere i problemi man mano che si presentano, e si sta effettivamente divertendo a fare politica. Quindi non è decisamente un altro Orbán“.

Verso il prossimo governo

A urne chiuse, Babiš ha dichiarato che la sua opzione preferita sarebbe un governo monopartitico, aprendo al contempo ai negoziati con i Motoristi e il l’Spd di Tomio Okamura, che ha attirato il 7,8% dei consensi nonostante i sondaggi la dessero sopra al 12%. L’ingresso nel governo è a portata di mano per queste due forze, sottolinea Janebová, secondo cui l’ipotesi più probabile non è una coalizione a tre ma uno scenario intermedio, con i Motoristi come socio di minoranza. “Questo perché il loro programma si allinea significativamente a quello di Ano, e probabilmente Babiš li ritiene più facili da controllare dell’Spd”, che finirebbero a fornire appoggio esterno.

Questo non significa che una coalizione a tre sia impensabile, anche se dipende da cosa Babiš può offrire a Okamura in cambio del sostegno indiretto, che può essere la presidenza della Camera dei Deputati, o posizioni prestigiose nei consigli di amministrazione delle aziende controllate dallo Stato. Il punto, spiega l’esperta, è che nelle ore successive alla chiusura delle urne gli esponenti dell’Spd che partecipavano ai dibattiti televisivi hanno iniziato ad ammorbidire le posizioni più oltranziste, come il referendum per l’uscita dalla Nato. Probabile che la forza di Okamura innalzi barriere su temi come l’aumento della spesa per la difesa, tema su cui lo stesso Babiš “è ambivalente”; ma qualora Ano decidesse di portarlo avanti nella legge di bilancio, potrebbe chiedere il sostegno dei partiti mainstream, in nome della stabilità europea e della responsabilità.

Babiš 2.0 e l’Europa

“Penso che la situazione sarebbe diversa se anche Spd facesse parte del governo. Ma nel caso di una coalizione Ano-Motoristi, è importante considerare che il primo ministro, che probabilmente sarà Babiš stesso, cercherà di mantenere la presa sul potere decisionale”, riflette Janebová. Ci su può aspettare euroscetticismo dal prossimo esecutivo, al netto del fatto che anche l’attuale governo guidato da Fiala non è esattamente filoeuropeo. Il suo Ods “tradizionalmente è stato anche piuttosto scettico nei confronti dell’Ue, è l’eredità del loro padre fondatore Václav Klaus, una sorta di padre dell’euroscetticismo in Repubblica ceca. Quindi anche questo governo non è precisamente euro-ottimista, ma sono più aperti, più comunicativi, cercano di svolgere un ruolo costruttivo”.

Detto questo, un potenziale governo Babiš “sarebbe più apertamente sfidante nei confronti dell’Ue e di Bruxelles. Ovviamente ci sono politiche di cui Babiš è molto critico: principalmente quelle relative al Green Deal e alla migrazione. E sarebbe anche più critico nei confronti di Bruxelles in sé, criticando i funzionari non eletti delle istituzioni Ue e opponendosi a qualsiasi approfondimento dell’integrazione europea. Questo potrebbe essere il cambiamento più grande, perché anche l’attuale governo non è certo pro-Green Deal o pro-migrazione”, spiega l’esperta.

Il capitolo Ucraina…

Un’altra differenza marcata potrebbe essere sul fronte ucraino, prosegue: il sostegno a Kyiv “non sarà così prominente nell’agenda governativa. Babiš ha già detto che l’ammontare dell’aiuto e il modo in cui viene fornito deve essere rivalutato; una parte cruciale è l’iniziativa sulle munizioni, che Ano aveva promesso di fermare del tutto, anche se ora sembrano fare marcia indietro”. Janebová sottolinea la svolta cauta del vicepresidente del partito Karel Havlíček, passato a enfatizzare l’importanza della trasparenza e la possibilità di spostare l’iniziativa, che ha visto Praga diventare protagonista nell’ambito della fornitura di munizioni all’Ucraina, a livello Nato. Per l’esperta l’eliminazione del programma non ha presa sull’elettorato: “possiamo aspettarci che sarà riesaminato, rivalutato, e non se ne parlerà tanto, ma potrebbe continuare in qualche modo”.

… e quello dell’allargamento

Allo stesso modo, l’espansione dell’Ue non è stato un tema rilevante nel corso della campagna elettorale, racconta l’analista Amo. Ma qualora il presidente del Consiglio Ue Antonio Costa arrivasse a proporre il passaggio alla maggioranza qualificata anziché l’unanimità (ipotesi ventilata per aggirare il veto di Budapest sull’ingresso di Kyiv), Babiš darà battaglia “praticamente in ogni area”, anticipa.

Per quanto riguarda l’allargamento in sé, “dipenderà enormemente dall’opinione della popolazione ceca, perché potrebbe essere un tema sensibile per molti elettori di Babiš: potrebbero aver paura che possano diminuire i fondi Ue per Praga o possa aumentare l’afflusso di migranti ucraini e la sottrazione di posti di lavoro”. Questo al netto del fatto che la disoccupazione in Repubblica ceca sia stata “inesistente negli ultimi anni. Al contrario, abbiamo molti posti di lavoro che semplicemente non possono essere riempiti perché non abbiamo abbastanza lavoratori”. Inoltre, oltre la metà dei cechi va ancora fiera di aver accolto i rifugiati ucraini dal 2022 in poi, anche se sembra crescere un certo grado di insofferenza.

Più concretamente, lo stesso Babiš, che ha costruito la sua fortuna nel settore agricolo, ha diverse aziende focalizzate sulla produzione alimentare che potrebbero temere la concorrenza ucraina. E il tycoon, ancora sotto processo con l’accusa di aver dirottato i fondi Ue per le pmi verso il suo impero agricolo Agrofert nel corso del suo primo mandato, non ha ancora chiarito come intende risolvere il conflitto di interessi, come richiesto dal presidente Petr Pavel.

E le altre forze?

La facilità con cui Ano può formare un governo con i Motoristi, con Spd o entrambi (raggiungendo la maggioranza di 103 seggi su 200) “non lascia davvero spazio” per la coalizione di governo attuale, nota come Spolu, che potrebbe anche non sopravvivere. Il Partito democratico civico (Ods) che esprime il premier Petr Fiala “ha già annunciato che stanno anticipando il loro congresso”, dove rieleggeranno l’intera leadership del partito. E l’esperta non pensa che Fiala, apparso “davvero stanco e sconfitto dopo i risultati”, vorrà ricandidarsi per guidarlo.

In generale, anche le altre forze della coalizione saranno troppo impegnate in dinamiche interne a Spolu per sforzarsi e provare a entrare in una maggioranza con Ano, aggiunge l’analista. I liberal-conservatori di Top09 sono rimasti senza leader e il partito dei Cristiano-Democratici (Kdu-Čsl) probabilmente andrà avanti com’è al momento, come anche il partito dei Sindaci e quello dei Pirati.

Janebová si sofferma a riflettere sul tramonto del Partito socialdemocratico, forza dominante dagli anni Novanta e ridotta a candidarsi in un raggruppamento post-comunista come Stačilo! che non è stato in grado di raggiunto la soglia di sbarramento del 5%. “È davvero materia per gli storici. E vedremo cosa succederà con il resto di Stačilo, con il Partito comunista”, commenta. Interrogata sui motivi del crollo, l’esperta indica l’enfasi eccessiva sulle questioni internazionali, sulla volontà espressa di lasciare Ue e Nato e sulle posizioni filorusse. “I cechi votano a sinistra principalmente per le questioni socioeconomiche, e quell’elettorato, semplicemente, ha percepito che sarebbe stato più sicuro votare per Ano“.

Gli ultimi articoli