Il 2 ottobre Mark Rutte diventerà segretario generale della Nato, e un mese dopo si insedierà la nuova Commissione europea guidata, per la seconda volta consecutiva, da Ursula von der Leyen. L’olandese e la tedesca stanno lavorando in vista di questi ‘nuovi inizi’, che li porteranno a gestire un’epoca turbolenta e ricca di sfide enormi, ma intanto hanno un primo problema in comune da risolvere: non ritrovarsi a lavorare quasi esclusivamente con uomini nelle posizioni apicali.
Rutte in cerca di un braccio destro, possibilmente donna
Rutte potrebbe infatti nominare un vice donna, anche in considerazione del fatto che, durante il percorso che alla fine lo ha portato alla guida dell’Alleanza Atlantica, alcune voci chiedevano che venisse scelta, per la prima volta, una donna.
Al momento, stando a fonti anonime riportate da Politico, i nomi papabili sono quelli di due ex alte funzionarie della Macedonia del Nord e della Bulgaria. La prima sarebbe l’ex ministro della Difesa della Macedonia del Nord Radmila Šekerinska. La politica è stata tra i fautori dell’adesione del suo Paese alla Nato quattro anni fa e soddisferebbe l’opinione diffusa tra gli alleati che il prossimo vice di Rutte debba provenire dall’Europa dell’Est.
Un’opinione legata ovviamente alla minaccia russa, non solo per la guerra attualmente in corso in Ucraina, ma anche per ragioni preventive. Secondo gli analisti, entro cinque-otto anni il gigante slavo potrebbe essere pronto ad attaccare la Nato, se volesse farlo. Non si può dunque solo attendere gli eventi, e una buona conoscenza di come funziona il Cremlino è secondo gli alleati un requisito importante per il futuro braccio destro di Rutte.
Non a caso, nei mesi precedenti la nomina di Rutte, i Paesi confinanti con la Russia non sono stati suoi grandi fan, ricordando la bassa spesa militare dell’Olanda e lamentandosi del fatto che il principale incarico della Nato va sempre ad un leader dell’Europa occidentale o settentrionale, anche se ormai Paesi dell’Est sono nell’Alleanza da un quarto di secolo.
La premier estone, Kaja Kallas, per esempio ha deciso di non entrare nella corsa per la guida dell’Alleanza, quando le è stato detto che non avrebbe ottenuto il sostegno di Usa, Francia e Germania, che temevano che la sua nomina potesse essere vista da Mosca come un segno di escalation delle ostilità.
Il secondo nome in lizza come braccio destro di Rutte è Mariya Gabriel, ex vice primo ministro bulgara che ha anche ricoperto la carica di commissario europeo per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù.
Secondo quanto riportato da Politico, inoltre, anche Turchia e Polonia sarebbero interessati a proporre candidati, ma le chances sono decisamente inferiori. Da notare che anche Bulgaria e Macedonia del Nord hanno i loro problemi, legati soprattutto all’alto livello di corruzione.
La nuova Commissione europea, un puzzle per VDL
Quanto invece alla presidente della Commissione europea, entro l’ormai vicino 30 agosto i 27 Paesi dell’Unione devono presentare i propri candidati al ruolo di commissari. Ogni Stato infatti ha diritto a un commissario. Spetterà poi a von der Leyen scegliere i nomi e assegnare i portafogli, creando una squadra che verrà presentata per il voto al Parlamento europeo.
Tre settimane fa, dopo la sua rielezione alla guida dell’organo esecutivo europeo, la tedesca aveva chiesto agli Stati di proporle due nomi ciascuno, un uomo e una donna, in modo da darle maggiori possibilità di mettere in piedi una Commissione bilanciata tra i generi, come quella attuale che conta 13 donne e 14 uomini.
“Voglio scegliere i candidati più preparati che condividono l’impegno europeo. Ancora una volta, punterò a una quota paritaria di uomini e donne al tavolo del Collegio”, aveva dichiarato all’Europarlamento dopo la sua rielezione.
Ma sostanzialmente nessuna capitale ha colto il suo invito, perché di questo si tratta dato che nessuna norma di legge obbliga a proporre candidati di entrambi i sessi. E così molti Stati – non tutti – hanno presentato un solo nome, fatalmente uomo, in modo da essere certi del commissario che esprimeranno.
Risultato: il 70% delle persone sottoposte a VDL sono maschi. Ovvero, su 17 Paesi solo 5 hanno presentato una candidata donna.
La situazione attuale: i candidati a commissario
Lo stato attuale vede dunque una presidente della Commissione donna, VDL appunto, e una vicepresidente donna, l’estone Kallas, che sarà anche Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera.
Le altre quattro donne candidate (la quinta è la stessa VDL per la Germania) provengono da:
• Croazia – Dubravka Šuica, vicepresidente della Commissione e commissaria per la democrazia e la demografia
• Finlandia – Henna Virkkunen, eurodeputata
• Spagna – Teresa Ribera, attuale ministra per la Transizione Ecologica
• Svezia – Jessika Roswall, ministra per l’Ue.
Poi ci sono i Paesi che hanno scelto di rinominare i loro commissari uscenti e dunque non interessati dall’invito di VDL. Tra questi, c’è una sola donna:
• Croazia – che ha per l’appunto confermato Dubravka Šuica
• Francia – Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno e i servizi
• Paesi Bassi – Wopke Hoekstra, commissario europeo uscente responsabile per l’Azione per il clima
• Lettonia – Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo uscente dalla Commissione Ue responsabile per l’Economia
• Slovacchia – Maroš Šefčovič, vicepresidente esecutivo uscente della Commissione Ue responsabile per le Relazioni interistituzionali e il Green Deal
• Ungheria – Olivér Várhelyi, commissario europeo uscente responsabile per l’Allargamento e la politica di vicinato
Hanno invece proposto un uomo:
• Austria – Magnus Brunner, ministro delle Finanze
• Grecia – Apostolos Tzitzikostas, governatore della Macedonia centrale
• Irlanda – Michael McGrath, ministro delle Finanze
• Malta – Glenn Micallef, ex capo del segretariato presso l’Ufficio del Primo Ministro
• Polonia – Piotr Serafin, rappresentante permanente della Polonia presso l’UE
• Repubblica Ceca – Jozef Síkela, ministro dell’Industria e Commercio
• Slovenia – Tomaž Vesel, ex presidente della Corte dei Conti e del Comitato di audit e compliance della Fifa
Se 17 Paesi hanno già espresso dei nomi, ed escludendo l’Estonia che ha l’Alta rappresentanza della Politica estera, mancano all’appello 9 membri -tra cui l’Italia – e le possibilità che la scelta cada su donne sembrano scarse.
La Danimarca dovrebbe proporre il ministro danese per la cooperazione allo sviluppo e la politica climatica globale Dan Jørgensen, il Portogallo Miguel Poiares Maduro, ex ministro dello Sviluppo regionale, mentre il Lussemburgo dovrebbe decidere fra due nomi, entrambi di uomini – l’attuale commissario per il lavoro e i diritti sociali Nicolas Schmit e l’eurodeputato Christophe Hansen.
Sei Paesi infine non hanno fatto trapelare ancora nulla, ma anche in questo caso non sembra esserci una particolare intenzione di candidare donne: si tratta di Belgio, Bulgaria, Cipro, Italia, Lituania e Romania.
Per quanto riguarda l’Italia, tra i nomi più accreditati spicca quello di Raffaele Fitto, attuale ministro per gli Affari Europei. Nelle scorse settimane è girato anche il nome di Elisabetta Belloni, segretario generale del Ministero degli affari esteri e responsabile dei servizi segreti nazionali, ma Fitto pare un’ipotesi molto più concreta.
La composizione della futura Commissione, per sua stessa natura un affare delicato e complesso, rischia dunque di diventare per VDL un vero rompicapo se non una ‘mission impossible’ per quanto riguarda il bilanciamento di genere.
Non un ottimo segno per la ‘Tabella di marcia per i diritti delle donne’ che la tedesca intende portare avanti nel suo secondo mandato, ma allo stesso tempo un segno della necessità della Tabella stessa.