“No al re”: milioni di americani in piazza contro Trump, anche in Europa

Sette milioni di persone in oltre 2.500 città hanno detto “basta” alle derive autoritarie del presidente. Cortei pacifici da New York a Chicago, manifestazioni anche a Madrid, Parigi, Berlino, Lisbona e Roma
13 ore fa
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No Kings Day
Un momento del 'No King’s Day' a Los Angeles (Ipa/Fotogramma)

No al re”. Gli americani lo hanno detto nel 1776, staccandosi dalla corona inglese, e lo hanno ribadito sabato 18 ottobre, quando milioni di persone — circa 7 milioni secondo gli organizzatori — sono scesi in piazza in tutti gli Stati Uniti per protestare contro Donald Trump.

Il secondo No King’s Day (dopo quello di giugno) ha mobilitato persone di ogni età e ceto sociale in oltre 2.500 città, per affermare la propria contrarietà alle politiche autoritarie del presidente, tra cui l’invio di militari nelle città a guida democratica: una militarizzazione di fatto attuata col pretesto di dover arginare una presunta emergenza criminalità, che però i dati non confermano.

Una delle proteste più ampie nella storia recente degli Stati Uniti

Le manifestazioni, per una delle proteste più grandi nella storia americana, hanno attraversato New York, Miami, Washington D.C. e soprattutto Chicago – la prossima città in cui Trump ha annunciato l’invio della Guardia Nazionale. “Non vogliamo truppe nella nostra città”, ha dichiarato il sindaco Brandon Johnson.

A spingere molti in strada hanno contribuito anche i raid condotti dall’Ice, la polizia per il controllo dell’immigrazione, che nelle ultime settimane ha intensificato gli interventi nelle aree urbane. Inoltre, sullo sfondo si staglia uno shutdown che ha paralizzato i servizi federali e messo in crisi l’equilibrio tra poteri dello Stato.

“La democrazia appartiene al popolo, non a un uomo solo”

“Oggi milioni di americani si sono riuniti per respingere l’autoritarismo e ricordare al mondo che la nostra democrazia appartiene al popolo, non all’ambizione di un solo uomo”, hanno dichiarato in un comunicato Ezra Levin e Leah Greenberg, cofondatori dell’organizzazione no profit ‘Indivisible’, tra le promotrici delle manifestazioni.

Gli slogan — “Trump deve andarsene subito”, “Resistete al fascismo” — e i cartelli colorati hanno scandito un corteo pacifico e trasversale. Come hanno raccontato il New York Times e The Independent, i costumi gonfiabili a forma di rane, unicorni e dinosauri sono diventati un simbolo ironico e non violento di resistenza civile, sconfessando le accuse repubblicane di fomentare l’odio. Hanno anche il vantaggio di proteggersi dagli spray urticanti della polizia (come successo a Portland il 2 ottobre 2025 a un manifestante in costume da rana, Seth Todd).

Il video (finto) di Trump che getta letame sulla folla

In un’intervista trasmessa venerdì mattina da Fox News, Trump ha detto: “Io non sono un re”. Ma sul suo social ha postato un video realizzato con l’AI, diventato velocemente famoso, che lo mostra salire su un aereo militare, con tanto di corona in testa, sorvolare la folla e lanciare su di essa letame.

In generale le reazioni da parte repubblicane non sono state misurate: Il presidente della Camera Mike Johnson ha definito le proteste una “manifestazione di odio per l’America”,​​ mentre la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato che gli elettori del Partito Democratico sono composti da “terroristi di Hamas, immigrati clandestini e criminali violenti”. Il governatore del Texas, Greg Abbott, ha annunciato l’invio della Guardia Nazionale e dei Texas Rangers ad Austin, nonostante le proteste siano rimaste del tutto pacifiche.

Dall’amministrazione sono arrivate accuse di infiltrazioni di Antifa, che Trump a settembre ha classificato come “organizzazione terroristica interna”, sullo stesso piano dell’Isis. Il procuratore generale Pam Bondi ha promesso di “arrivare alla radice di Antifa” e di “trovare e incriminare tutte quelle persone che stanno causando questo caos”.

Anche l’Europa dice “no” a Trump

Le proteste non si sono fermate ai confini statunitensi. In Europa centinaia di persone, per lo più cittadini americani residenti all’estero, sono scese in piazza a Madrid, Parigi, Berlino, Lisbona e Roma.
Anche nel Regno Unito la Stop Trump Coalition ha organizzato cortei davanti alle ambasciate statunitensi, mentre altre manifestazioni si sono tenute a Barcellona, Dublino e Bruxelles. Gli organizzatori hanno chiesto ai partecipanti di indossare abiti gialli, simbolo di resistenza civile.

Una democrazia sotto pressione

In soli nove mesi di presidenza, Trump ha scardinato l’ordine internazionale basato sulle regole e sul multilateralismo, aperto guerre commerciali, autorizzato trivellazioni in acque internazionali, condotto operazioni militari anche all’estero (Venezuela) contro i cartelli della droga, equiparandoli ai gruppi terroristici, violato la separazione dei poteri, ordinato arresti sommari, effettuato retate contro persone dall’aspetto latino (a prescindere se fossero in regola o meno. Ricordiamo che negli Usa almeno per ora non avere i documenti in regola non è reato), usato il sistema giudiziario per colpire gli avversari, attaccato la stampa, la scienza, l’ambientalismo, le università e i diritti civili, represso la libertà di parola: un elenco parziale e non dettagliato che comunque dà l’idea della deriva autoritaria che Trump sta perseguendo. Nulla di improvvisato o amatoriale, ma frutto di un progetto ben preciso che ha anche un nome: Project 25.

Ma parte dell’America reagisce: nelle università, centinaia di studenti hanno lanciato campagne di boicottaggio; nei media, molti giornalisti hanno rassegnato le dimissioni in segno di protesta. E milioni di persone non intendono subire senza fare nulla, e lo stanno testimoniando dalla piazza.

L’incognita politica e le prossime elezioni

Resta però il nodo politico: tradurre questa opposizione civile in un’alternativa, e dunque in voti. I Democratici per ora sembrano incapaci di farlo, così come non riescono a contrapporsi allo strabordare di Trump.

Il voto del 4 novembre per decidere i nuovi governatori in New Jersey e Virginia sarà il primo banco di prova. Soprattutto, tra un anno ci saranno le elezioni midterm, e mentre i sondaggi registrano un calo record di consenso per il presidente, i democratici dovranno darsi da fare, se non vogliono consegnargli definitivamente il Paese.