“Nessuno ha vinto’’. Tre giorni dopo le elezioni francesi, che hanno visto arrivare prima, a sorpresa, la coalizione di sinistra, il Nouveau Front Populaire (NFP), e che hanno restituito un’Assemblea nazionale frammentata, il presidente della Repubblica Emmanuel Macron ha parlato. O meglio, ha scritto. Nello specifico, ieri – mercoledì 10 luglio – ha affidato le sue considerazioni a una lettera diffusa dalla stampa regionale.
La prima, la più importante, è che nessuna formazione ha ottenuto la maggioranza per poter governare. Perciò ora, spiega Macron, le forze repubblicane, “divise al primo turno, unite da ritiri reciproci al secondo, elette grazie ai voti dei loro ex avversari, sono le sole a rappresentare una maggioranza assoluta” e sono dunque obbligate “a costruire una coalizione di ampio respiro”.
Questo perché “ciò che il popolo francese ha scelto alle urne – il Fronte Repubblicano – le forze politiche devono metterlo in pratica attraverso le loro azioni”, continua la lettera.
Una maggioranza plurale, senza gli estremi
Il presidente, dunque, chiede “a tutte le forze politiche che si identificano con le istituzioni repubblicane, lo Stato di diritto, il parlamentarismo, l’orientamento europeo e la difesa dell’indipendenza francese, di impegnarsi in un dialogo sincero e leale per costruire una solida maggioranza, necessariamente plurale, per il Paese. Idee e programmi prima di posizioni e personalità”. Senza dimenticare la “massima stabilità istituzionale possibile”.
Ponendo queste condizioni, Macron di fatto invita a un accordo trasversale da sinistra a destra che escluda sia l’estrema destra del Rassemblement National (RN) sia il partito di sinistra radicale La France Insoumise (LFI). Ma l’accordo di ampio respiro è un’ipotesi che i partiti a vario titolo hanno già rifiutato.
Olivier Faure, leader del Partito Socialista, ha detto: “Non ci presteremo a una coalizione degli opposti che tradirebbe il voto dei francesi”. Stessa linea per il divisivo Jean-Luc Mélenchon di LFI, che ha garantito: “Non ci sarà nessun sotterfugio, nessun accordo”.
La France Insoumise d’altronde è il partito che ha eletto più deputati all’interno del NFP, dunque sembra molto difficile metterlo da parte, nonostante i mal di pancia all’interno della coalizione macronista.
Un rebus di veti e visioni inconciliabili quello che Macron deve provare a risolvere. Spetta infatti a lui nominare un primo ministro, e lo farà, spiega nella lettera, “alla luce di questi principi. Ciò significa dare alle forze politiche un po’ di tempo per elaborare questi compromessi con calma e nel rispetto reciproco”.
Governo in carica per gli affari quotidiani
Il presidente dunque prende tempo. “Intanto – continua – l’attuale governo continuerà ad esercitare le sue responsabilità e si occuperà degli affari quotidiani secondo la tradizione repubblicana”.
Formula quest’ultima un po’ ambigua, perché in effetti la Costituzione francese non prevede un regime degli affari correnti che evidentemente è qualcosa di diverso da un governo a tutti gli effetti.
Ricordiamo che Macron ha respinto le dimissioni del premier Gabriel Attal in seguito ai risultati elettorali che hanno piazzato seconda, anche questo a sorpresa, la coalizione centrista di governo.
Tuttavia, secondo quanto riportato da Politico, il capo di gabinetto di Attal ha fatto sapere che le dimissioni del governo dovrebbero essere accettate dall’Eliseo il 17 luglio, per consentire ai ministri eletti di sedere nell’Assemblea.
Da notare che il 18 luglio all’Europarlamento è previsto il voto per confermare o meno Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea. Due aspetti intrecciati più di quello che potrebbe sembrare, dato che quello che succede in Europa può influenzare la formazione del prossimo governo francese e viceversa.