Nel pieno delle contestazioni contro le politiche del Green Deal, la Commissione Europea rilancia l’impegno green con un’iniziativa ambiziosa: la creazione di un mercato volontario per i “nature credits”, strumenti finanziari pensati per incentivare la tutela e il ripristino della biodiversità.
L’annuncio è stato fatto dalla Commissaria europea per l’ambiente, la resilienza idrica e un’economia circolare e competitiva, Jessika Roswall, durante il Global Solutions Summit 2025 a Berlino, dove ha ribadito l’impegno dell’Unione Europea a collaborare con agricoltori, imprese, banche e società civile per affrontare la crisi ambientale attraverso meccanismi di mercato innovativi.
Cosa sono i nature credits e come funzionano
I nature credits (o crediti naturali) sono certificati che attestano l’adozione di pratiche capaci di generare benefici concreti per gli ecosistemi. L’idea, lanciata inizialmente dalla presidente Ursula von der Leyen durante la Nature Conference di Monaco nel settembre 2024, si ispira al sistema di scambio delle quote di emissione (Ets) e punta a monetizzare i benefici derivanti dalla protezione e dal ripristino della natura.
In pratica, aziende e privati potranno acquistare crediti per finanziare progetti di restauro degli habitat, tutela di specie a rischio o ripristino di ecosistemi degradati. Questi crediti premiano economicamente chi adotta pratiche che migliorano gli ecosistemi, come agricoltori che proteggono suolo e habitat o imprese che riducono l’impatto sul territorio.
La Commissaria Roswall ha spiegato durante il summit: “Stiamo assistendo a un crescente interesse da parte degli agricoltori, dei silvicoltori e degli ambientalisti ad attrarre investitori esterni. Le aziende e gli investitori vogliono essere attivi e contribuire al finanziamento della natura. Tutti vedono l’opportunità di creare nuove situazioni vantaggiose per tutti. È qui che entrano in gioco i crediti naturali”.
Lo stato attuale del progetto
Attualmente, il mercato dei nature credits è ancora in fase embrionale. La Commissione europea sta lavorando attivamente alla definizione di un quadro normativo e operativo, con l’obiettivo di presentare una proposta concreta entro l’estate 2025.
Nelle ultime settimane, i tecnici della commissaria Roswall sono stati impegnati principalmente nella definizione di standard e metodologie per questi crediti. Il 24 aprile 2025, la Commissione ha organizzato a Bruxelles una tavola rotonda di alto livello che ha riunito rappresentanti di istituzioni finanziarie, organizzazioni ambientali, agricoltori e imprese per discutere il potenziale dei crediti natura e identificare i principali fattori che potrebbero stimolarne la domanda.
Durante l’incontro è emersa la necessità di sviluppare una metodologia solida e credibile, strategie innovative per far crescere il mercato e modalità per promuovere gli investimenti del settore privato nella conservazione della biodiversità.
Le sfide da superare
Nonostante le potenzialità, il cammino verso un mercato efficiente dei nature credits presenta numerose sfide. La Commissaria Roswall ha identificato tre ostacoli fondamentali:
- La misurazione della biodiversità: a differenza della CO₂, la biodiversità è difficile da quantificare e confrontare. L’Ue sta collaborando con l’Onu per creare uno standard globale solido che eviti forme di greenwashing;
- La creazione di un’infrastruttura di mercato: è necessario sviluppare un sistema che permetta lo scambio efficiente di questi crediti. La Commissione sta lavorando con gli Stati membri su progetti pilota in Europa;
- La necessità di finanziamenti: la domanda attuale è ancora molto bassa e sarà cruciale il coinvolgimento del settore finanziario per garantire la sostenibilità economica dell’iniziativa.
Esperti e organizzazioni non governative sottolineano il rischio di greenwashing, con il pericolo che alcune aziende utilizzino i crediti solo per migliorare la propria immagine senza generare reali benefici per la biodiversità.
Il confronto con il sistema Ets
Il nuovo mercato dei nature credits si ispira all’esperienza ventennale dell’Ue con il sistema di scambio delle quote di emissione (Ets), considerato uno strumento di successo nella riduzione delle emissioni di CO₂.
L’ETts, attivo dal 2021 nei 27 Stati membri dell’Ue e nei paesi dell’Associazione europea di libero scambio, ha già contribuito a ridurre del 37% le emissioni di CO₂ dell’industria pesante e ha generato oltre 152 miliardi di euro di entrate. Il sistema si basa sul principio del “cap and trade“: viene fissato un tetto massimo alle emissioni consentite, calcolato in un numero di quote (ciascuna corrispondente a una tonnellata di CO₂), che possono essere vendute o acquistate su un mercato dedicato.
Il sistema Ets non è esente da critiche. Alcune associazioni ambientaliste come Wwf, Greenpeace e Legambiente hanno denunciato che spesso i fondi generati con questo sistema vengono “sprecati o usati per finalità opposte” e che le industrie pesanti ricevono ancora molti permessi di inquinamento gratuitamente.
Prospettive future e impatto potenziale
Secondo le stime del World Economic Forum, in uno scenario ottimistico il mercato globale dei nature credits potrebbe raggiungere un valore di 180 miliardi di euro entro il 2050. La domanda globale potrebbe arrivare a 2 miliardi di dollari entro il 2030, per poi crescere esponenzialmente nei decenni successivi.
Il mercato dei nature credits rappresenta una potenziale rivoluzione per la finanza sostenibile e la lotta contro la perdita di biodiversità. Se ben regolato, potrà contribuire al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal Europeo e della Nature Restoration Regulation, rafforzando la resilienza degli ecosistemi europei e promuovendo investimenti in soluzioni basate sulla natura.
Alcuni Paesi hanno già iniziato a sperimentare con mercati simili. L’Australia ha un mercato nascente di crediti di biodiversità, mentre il Regno Unito ha recentemente implementato una legislazione sul guadagno netto di biodiversità che obbliga gli imprenditori a compensare l’impatto dei loro progetti sulla biodiversità acquistando crediti specifici.
Il ruolo della finanza nella tutela della biodiversità
Per invertire entro il 2030 la tendenza al declino della biodiversità sono necessari globalmente tra i 722 e i 967 miliardi di dollari annuali. La Commissione europea ha riconosciuto che, data l’entità del fabbisogno finanziario, le risorse pubbliche non saranno sufficienti.
Nonostante l’Ue si sia impegnata a spendere il 10% del suo bilancio attuale tra il 2021 e il 2027 per la biodiversità e continui a compensare gli agricoltori che forniscono servizi ecosistemici, è evidente la necessità di attrarre investimenti privati.
Come ha sottolineato la Commissaria Roswall: “È il momento di mettere a bilancio la natura, occorre dare un prezzo al suo ripristino”. I crediti natura potrebbero rappresentare uno strumento efficace per “compensare gli agricoltori per i costi aggiuntivi della sostenibilità, ma anche per incentivare coloro che sono disposti a fare uno sforzo in più”.
La sfida ora è trasformare questa visione in un mercato credibile, efficace e trasparente, capace di attrarre capitali e generare benefici reali per la natura e il clima.