Mosca promette ritorsioni se l’Ue userà gli asset congelati

Mosca si prepara a restituire 'pan per focaccia' e mette a punto un piano per nazionalizzare e vendere beni occidentali. L’Europa ci va coi piedi di piombo e rinvia ogni decisione al Consiglio di fine ottobre
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Vladimir Putin
Vladimir Putin (Ipa/Fotogramma)

‘Pan per focaccia’. Mentre l’Unione europea discute se usare gli asset russi congelati in Europa, ed eventualmente di come farlo senza violare il diritto internazionale, Mosca si porta avanti e mette a punto un piano di ritorsioni verso quello che considererebbe, lo ha già detto, “un furto”.

Gli asset russi congelati

In seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione, nel 2022, l’Unione europea ha congelato le attività russe, principalmente della Banca Centrale russa, come parte delle sanzioni messe in campo per costringere il presidente Vladimir Putin a porre fine alle ostilità. Da allora, questi asset sono immobilizzati e detenuti presso un istituto finanziario con sede a Bruxelles, Euroclear. Ciclicamente si torna a parlare di cosa farne. La scorsa settimana la Commissione ha presentato un piano che prevede di usare la liquidità dei beni congelati per emettere un’obbligazione a Euroclear e per questa via offrire un prestito da 140 miliardi di euro senza interessi a Kiev. In questo quadro, la proprietà degli asset rimarrebbe in mano russa, evitando una pericolosa confisca.

Ieri il tema era sul tavolo del Consiglio europeo informale a Copenaghen, ma è stata fumata nera: le capitali non hanno approvato il piano della Commissione. Il timore di molti Paesi è che quest’operazione, per quanto non sia tecnicamente una confisca, esponga comunque a ritorsioni russe, controversie legali e costituisca un precedente che porterebbe a instabilità finanziaria.

Mosca: “Perseguiremo gli eurodegenerati fino alla fine dei tempi”

D’altronde Mosca lo ha detto molto chiaramente. Per loro si tratterebbe di un “sequestro illegale di proprietà russe, un furto“, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov aggiungendo che “in caso di sequestro, ci sarà una risposta“. Il presidente Vladimir Putin ha avvertito che l’ordine finanziario globale verrebbe minato se l’Ue procedesse su questa via.

L’ex presidente Dmitry Medvedev, attualmente vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, ha rincarato la dose, promettendo via social che se l’Ue “oserà usare il denaro sanzionato per ottenere un mega prestito all’Ucraina, la Russia perseguiterebbe gli Stati dell’Ue, così come gli eurodegenerati di Bruxelles e i singoli Paesi dell’Ue che cercheranno di confiscare le nostre proprietà, fino alla fine dei tempi”, e lo farà “in tutti i tribunali internazionali e nazionali possibili, e in alcuni casi, in via extragiudiziale”.

Cosa prevede il piano russo

Ma cosa prevede intanto il piano di ritorsioni che la Russia sta elaborando? Il concetto è quello di rispondere a un’eventuale iniziativa europea in modo simmetrico.

Secondo quanto riportato da Bloomberg, che cita fonti vicine al governo, il progetto prevederebbe di nazionalizzare e vendere beni di proprietà straniera. Nonostante le sanzioni e il phase out dal gas russo, infatti, sono moltissime le aziende occidentali attive in Russia, e nei più svariati settori.

Putin questa settimana ha firmato un’ordinanza che consente la vendita accelerata di varie aziende, sia russe che straniere, secondo una procedura speciale. Il documento, pubblicato sul sito web del governo, dice esplicitamente che si tratta di una risposta alle sanzioni contro la Russia. Nel concreto, limita le valutazioni pre-vendita a 10 giorni e accelera la registrazione statale delle proprietà, incaricando la banca statale Promsvyazbank PJSC di gestire gli accordi che ne derivano.

Mosca finora si è limitata a confiscare attività di cittadini russi, compresi quelli con passaporto straniero, senza toccare i beni delle multinazionali. Ha tuttavia preso delle misure per assumere la gestione temporanea di alcune aziende per venderle a prezzo ribassato ad acquirenti ad hoc. Il nuovo decreto sarebbe dunque un passo avanti.

Piedi di piombo tra gli europei

Intanto nell’Unione le capitali ci vanno coi piedi di piombo, proprio per la questione della copertura giuridica dell’operazione proposta dalla Commissione. In particolare, frena il primo ministro belga Bart De Wever, leader del Paese più esposto avendo ‘in casa’ gli asset congelati.

A tal proposito, von der Leyen, dopo il vertice, ha chiarito che non si tratta di un esproprio e che “i rischi devono essere scaricati su spalle più ampie” rispetto al solo Belgio.

Cautela anche dal presidente francese Emmanuel Macron, che ha sottolineato come sequestrare i beni russi immobilizzati rischi di minare la credibilità delle autorità finanziarie europee e aprire a instabilità finanziaria. L’Eliseo è comunque interessato al ‘prestito di riparazione’ proposto dalla Commissione, a condizione che l’onere sia equamente ripartito: “Cercare liquidità sui mercati finanziari emettendo nuovo debito garantito dall’Ue e dai bilanci nazionali è un’ottima cosa”, ha detto Macron.

Anche la Danimarca, che detiene la presidenza di turno del Consiglio europeo, sostiene l’utilizzo dei beni congelati della Russia a favore dell’Ucraina, pur riconoscendo che “ci sono alcune questioni legali che devono essere poste”, come puntualizzato dalla premier danese Mette Frederiksen.

Per sostenere il piano, il primo ministro lussemburghese Luc Frieden vuole prima delle risposte: “Tra le altre cose, come verrebbe rimborsato un prestito del genere e cosa accadrebbe se la Russia non rimborsasse tale risarcimento in un trattato di pace“, ha chiesto al Consiglio informale.

“È da molto tempo che chiediamo di utilizzare quei beni immobilizzati per l’Ucraina, ma ora la Commissione ha una proposta e dobbiamo davvero vedere cosa contiene”, ha dichiarato a sua volta la prima ministra lettone Evika Siliņa.

Precedenza alle armi europee

In settimana il cancelliere Friedrich Merz ha sostenuto la proposta della Commissione, purché Kiev usi i fondi per la difesa (il piano prevede che possano essere usati anche per la ricostruzione post-conflitto) e purché il denaro venga utilizzato per acquistare armi dai produttori europei.

Un punto quest’ultimo su cui c’è consenso tra le capitali e su cui la presidente della Commissione Ursula von der Leyen si è espressa in questi giorni assicurando che “rafforzeremo la nostra industria della difesa garantendo che parte del prestito venga utilizzata per gli appalti in Europa e con l’Europa“.

Il veto di Ungheria e Slovacchia

La questione passa ora al prossimo Consiglio europeo del 23-24 ottobre, come ha confermato il presidente del Consiglio António Costa su X suggerendo che tale vertice potrebbe essere il “giorno della decisione”.

Ma c’è un ulteriore ‘ma’: Ungheria e Slovacchia, vicine a Putin, potrebbero porre il veto all’approvazione del piano proposto dalla Commissione, rendendo vana ogni discussione. Ecco perché allo studio c’è l’idea di passare dal meccanismo dell’unanimità a quello della maggioranza per alcuni tipi di decisione, tra cui questo. Non sarà facile.