Modificare il Pnrr sarebbe folle dal momento che “per l’Unione europea siamo al top”. Lo ha detto ieri il presidente del Consiglio Giorgia Meloni a margine dell’Accordo sottoscritto con la Regione Sicilia sui fondi di coesione da 6,8 miliardi di euro.
Sull’altra sponda del Parlamento, le opposizioni chiedono di modificare il piano nazionale di ripresa e resilienza duramente contestato per il ritorno dei tagli lineari previsti nel testo. I tagli lineari sono riduzioni uniformi dei finanziamenti destinati a tutti i comuni, senza distinzione.
“Le risorse sono state erogate dall’Ue a fronte di programmi e missioni concordate. Restano i tagli fatti dal Governo nei confronti dei comuni per il loro concorso alla finanza pubblica. Non si possono mettere insieme due argomenti del tutto differenti, Pnrr e tagli, per giustificare o minimizzare l’azione del governo contro i comuni”, ha detto Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd, arrivando a Rovigo per un incontro con le parti sociali nell’ambito delle iniziative elettorali in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno.
Per il parlamentare Pd, inoltre, i successi italiani sull’attuazione del Pnrr non dipenderebbero da questo esecutivo ma dal lavoro iniziato nella scorsa legislatura.
I risultati italiani sul Pnrr
Mentre continua il dibattito politico, l’Italia è al primo posto in Europa per obiettivi raggiunti del Pnrr, stando a quanto riferisce la premier Meloni durante la firma dell’Accordo per lo sviluppo e la coesione tra il Governo e la Regione siciliana: “La Commissione europea dice che l’Italia è al top, la prima nazione per l’attuazione delle riforme e il raggiungimento degli obiettivi”.
Proprio la coesione sociale è uno dei pilastri del Recovery Fund e, più in generale, dell’Unione europea. L’obiettivo è ridurre l’enorme gap di qualità di vita e di servizi offerti tra i vari territori, sia a livello nazionale che a livello comunitario. Considerando le risorse del cofinanziamento nazionale, pari a circa 32,4 miliardi, lo stanziamento totale della politica di coesione per il ciclo 2021-2027, da programmare nell’ambito dell’Accordo di partenariato, supera i 75 miliardi di euro.
Fondi di Coesione per la Sicilia
La Sicilia è risultata tra le peggiori regioni Ue per progresso sociale secondo l’indice presentato lo scorso 23 maggio dalla commissaria per la Coesione e le riforme, Elisa Ferreira.
In questo contesto si inserisce l’Accordo firmato ieri tra Meloni e il governatore Schifani, che la premier definisce “una grande occasione” per la regione.
Per Meloni il divario Nord-Sud dipende primariamente dalle differenze infrastrutturali, che l’Accordo di prefigge di colmare o, quantomeno, di ridurre.
I 6,8 miliardi di euro accordati alla Sicilia sono una quota dei 32,4 miliardi dell’Fsc 2021-2027 imputati alle Regioni e Province autonome. “Se aggiungiamo ulteriori finanziamenti da Comuni, Regione e altri fondi dello Stato che insistono su progetti inseriti in questo Accordo sono più o meno altri 2,9 miliardi, per una mole complessiva di investimenti di quasi 10 miliardi di euro”, ha detto Meloni.
Il ritardo del Mezzogiorno
Finora sono stati firmati 18 Accordi di coesione: oltre alla Sicilia, si tratta di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto e delle Province autonome di Bolzano e Trento. I 17 Accordi siglati prima della Sicilia hanno anche ottenuto la formalizzazione dell’assegnazione con delibera del Cipess (per 9,7 miliardi di euro totali).
“I fondi di coesione servono a combattere il divario e le disparità tra i territori, il più significativo dei divari tra nord e sud è determinato soprattutto dalla disparità infrastrutturale. Non avremmo potuto occuparci di questa materia senza affrontare la questione delle infrastrutture”, spiega Meloni.
Per il presidente del Consiglio, principale motivo della migrazione interna Sud-Nord, confermata dai recenti dati Istat, è il gap infrastrutturale, che gli Accordi mirano a ridurre: “Ho sempre contestato il principio per cui la distribuzione della spesa infrastrutturale viaggiasse sulla base della popolazione: al Sud c’è il 34% della popolazione e quindi va il 34% di spesa infrastrutturale. Ma c’è un problema: al Sud c’è lo spopolamento e quello spopolamento è figlio anche e soprattutto dell’assenza di infrastrutture per cui, se noi continuassimo a legare la spesa infrastrutturale alla popolazione, avremmo oggettivamente un problema”, spiega.
Queste parole trovano concretezza nel fondo di perequazione che in pratica sancisce l’obbligo di destinare il 40% delle risorse per le infrastrutture al Sud Italia.
Per raggiungere gli obiettivi di coesione fissati dall’Ue, diventa cruciale anche la ZES unica del Mezzogiorno, anch’essa “una grande occasione per il Sud” secondo Giorgia Meloni.
La ZES unica è stata istituita con il decreto Sud del 19 settembre 2023, con la funzione di favorire lo sviluppo economico e la coesione sociale delle regioni del Mezzogiorno. A partire dal primo gennaio 2024, le imprese che operano o si insediano nelle regioni del Mezzogiorno potranno beneficiare di una nuova Zona Economica Speciale (ZES) unica, che sostituirà le attuali otto ZES presenti nei territori meridionali.
Commentando l’Accordo governo-Regione Sicilia i capigruppo di opposizione accusano la premier di prendere in giro “l’intero Parlamento”. Antonio De Luca, in particolare, definisce “scioccante” vedere “la premier firmare l’Accordo di programma più importante d’Italia e l’ultimo di quelli previsti, a dieci giorni dalla elezioni“.