A cosa serve una “Sovranità europea”, spiegato da Mario Draghi

Draghi avverte, "I Paesi europei da soli non possono affrontare le sfide globali". Perché è importante una strategia industriale comune e le riforme strutturali
3 giorni fa
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Mario Draghi (Duilio Piaggesi/ Fotogramma)
Mario Draghi (Duilio Piaggesi/ Fotogramma)

Nel presentare il suo rapporto sulla competitività dell’Unione Europea presso il think tank Bruegel a Bruxelles, Mario Draghi ha “involontariamente” spiegato l’importanza di far parte di questa “unione”: “I singoli Paesi europei sono semplicemente troppo piccoli per affrontare le sfide” imposte dall’attuale scenario globale.

Niente di più, niente di meno. Ed è per questo che le “barriere nazionali” che li bloccano sono un vincolo alla crescita economica di tutti.

Il report Draghi, dialogo con Bruegel

Chiamato a dialogare dal think tank Bruegel, Mario Draghi ha avuto la possibilità di chiarire ulteriormente alcuni punti del suo report, commissionatogli dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

In quest’occasione, Draghi ha sottolineato come l’integrazione e l’unione tra gli Stati membri sia essenziale per consentire alle imprese europee, specialmente le piccole e medie imprese (Pmi), di crescere e competere. Attualmente, molte di queste imprese rimangono bloccate a causa delle “barriere nazionali” che limitano la loro capacità di espandersi. Per Draghi, senza una dimensione europea integrata, le Pmi non riusciranno a svilupparsi su scala più ampia: “In molti settori serve dimensione e si ottiene solo se ci integriamo. Allora avremo i soldi, ma la prima cosa per le imprese medio piccole è essere in grado di crescere. E non abbiamo la dimensione” necessaria.

Strategia industriale comune: un passo essenziale

Draghi, parlando di una strategia industriale comune, ha ribadito l’importanza che sia condivisa. “L’alternativa ad avere una strategia industriale europea non è non averne alcuna”, ha spiegato, “ma avere molte strategie industriali, scoordinate tra loro”. Questa frammentazione, secondo Draghi, comporta enormi svantaggi, tra cui il sacrificio della concorrenza e un’inefficace allocazione delle risorse a livello europeo.

È per questo motivo che, secondo Draghi, l’Unione Europea dovrebbe puntare su una visione più ambiziosa, in cui “innovazione” e “parità di condizioni” siano al centro delle politiche economiche.

Gli investimenti necessari per la competitività europea

Uno dei dati più significativi del rapporto, però, riguarda l’ammontare degli investimenti necessari per rendere l’Europa competitiva con Cina e Stati Uniti. Draghi, infatti, ha stimato un fabbisogno di 750-800 miliardi di euro all’anno, pari a circa il 5% del Pil europeo.

Questa cifra, calcolata indipendentemente dalla Commissione Europea e dalla Bce, è definita “relativamente conservativa”. Non tiene conto, infatti, di settori cruciali come il clima e la protezione ambientale, né degli investimenti in educazione e formazione, settori che richiederanno ulteriori risorse. Ma Draghi ha precisato che molti di questi investimenti saranno inevitabili, poiché riguardano beni pubblici e progetti che il settore privato tende a “sottofinanziare”. Di conseguenza, saranno necessari “soldi pubblici” per finanziare le infrastrutture future.

Tuttavia, se si intraprendono le riforme giuste, il peso percepito di questi investimenti potrebbe ridursi: “Se facciamo le necessarie riforme, la produttività aumenterà e questo dramma politico prenderà una dimensione più realistica”.

Perché l’Ue non può adottare un modello protezionista

“Il 50% del nostro Pil viene dal commercio” con l’estero, ha ricordato, rispetto al 37% della Cina e al 27% degli Stati Uniti. Di conseguenza, adottare politiche protezionistiche sul modello americano sarebbe disastroso per l’Europa.

“Siamo diversi dagli Usa: non possiamo erigere un muro protezionista. Non potremmo farlo neanche se lo volessimo, perché ci danneggeremmo da soli”, ha dichiarato Draghi, sottolineando l’importanza di mantenere l’Unione europea aperta al commercio globale.

Crescita e innovazione: la vera difesa dell’Europa

E ancora, parlando di competitività, la vera risposta alla competizione globale non sta nei sussidi, ma nella crescita economica e nell’innovazione. Draghi ha affermato che la prima linea di difesa dell’Europa deve essere “crescere da soli”. Per competere in modo efficace, è necessario “ristrutturare e innovare”, non fare affidamento su sussidi a lungo termine.

È per questo motivo che l’ex premier italiano ha espresso preoccupazione per il fatto che le banche europee, pur essendo efficaci in molti settori, non siano adatte a finanziare l’innovazione, il che rappresenta un ulteriore ostacolo per la crescita delle imprese più innovative. “Le banche sono brave a fare molte cose, ma non a finanziare l’innovazione“, ha commentato, sottolineando l’importanza di integrare i mercati dei capitali europei per permettere alle Pmi di finanziarsi attraverso mercati più disposti ad assumersi rischi rispetto alle banche tradizionali.

Sovranità europea: l’unica strada per affrontare le sfide globali

Infine, Draghi ha ribadito la necessità di una sovranità europea forte, dato che la sovranità nazionale da sola è troppo debole per fronteggiare le sfide globali. “Tutti i Paesi membri sono troppo piccoli per affrontare la dimensione, le sfide che ci troviamo davanti”, ha detto, aggiungendo appunto che la sovranità europea è l’unica risposta possibile per l’Europa.

La transizione verde: un investimento strategico

Riguardo le tecnologie verdi, Draghi ha evidenziato che esistono motivazioni strategiche per sussidiare non solo la domanda, ma anche la produzione. “Vogliamo che la nostra energia venga al 100% dalle rinnovabili“, ha affermato, aggiungendo che l’Europa non deve ripetere l’errore di dipendere da un singolo fornitore di energia, come è accaduto con la Russia.

Il futuro energetico dell’Europa dovrà quindi essere completamente svincolato da fornitori esterni che potrebbero rappresentare una minaccia geopolitica.

Dal dialogo dell’ex banchiere europeo con il think tank Bruegel è emersa una visione chiara: senza una strategia industriale comune e investimenti consistenti, l’Unione europea rischia di rimanere indietro rispetto ai suoi rivali globali. Innovazione, apertura commerciale e sovranità europea sono le chiavi per affrontare le sfide del futuro.

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