L’IA “cantautrice” finisce in tribunale negli Usa. E in Europa? La risposta di Maggi e Vaciago

L'Ai Act (per ora) protegge chi crea musica dalla pesca a strascico dei modelli generativi
3 giorni fa
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Musica
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La recente causa legale contro Suno e Udio da parte delle principali case discografiche negli Stati Uniti ha attirato molta attenzione, soprattutto perché riguarda l’uso di intelligenza artificiale per la creazione di musica. Le due società sono state convenute da RIIA, Recording Industry Association of America, una specie di Siae americana.

“Suno e Udio – commenta con Eurofocus Lucia Maggi, partner di 42 Law Firm – permettono agli utenti, gratuitamente o a pagamento, di creare registrazioni musicali fornendo semplici istruzioni testuali (prompt), unitamente al testo che il sistema di IA dovrà intonare sulla base così creata”.

Sono, pertanto, state citate in giudizio per Direct Copyright Infringement. “In sintesi, RIIA sostiene che avrebbero violato i diritti connessi spettanti alle etichette rappresentate”, prosegue Maggi, “poiché avrebbero copiato e utilizzato un numero rilevante di registrazioni fonografiche, anche mediante “scraping” online, per addestrare i rispettivi sistemi di IA, senza che le discografiche, titolari dei master recording in questione, abbiano prestato la loro autorizzazione né concesso una licenza per tale scopo.  La causa è peculiare in quanto è la prima che concentra l’attenzione sui cosiddetti “diritti connessi” al diritto d’autore, ossia quelli che, spettano al “produttore fonografico” e agli “artisti interpreti esecutori”

“Questo caso solleva delle domande cruciali anche per l’Europa – ci spiega Giuseppe Vaciago, partner di 42 Law Firm. Infatti, l’AI Act, approvato quest’anno dal Parlamento Europeo, mira proprio a stabilire delle regole chiare per lo sviluppo e l’uso dell’IA, garantendo la tutela dei diritti fondamentali, la trasparenza e la sicurezza”.

L’AI Act prevede misure specifiche per proteggere i diritti d’autore. Ad esempio, l’articolo 3 definisce chiaramente che i sistemi di IA devono rispettare i diritti di proprietà intellettuale e non possono utilizzare materiali protetti da copyright senza autorizzazione. Inoltre, l’articolo 7 richiede che tutti i sistemi di IA ad alto rischio, come quelli utilizzati per creare musica, siano soggetti a valutazioni di conformità rigorose prima di essere immessi sul mercato.


“Un altro aspetto cruciale dell’AI Act è la trasparenza”, prosegue Vaciago. “L’articolo 13 sottolinea l’importanza della trasparenza nel funzionamento dei sistemi di IA. I fornitori devono garantire che gli utenti siano informati in modo chiaro e comprensibile su come vengono utilizzati i dati e su come funziona il sistema di IA. Questo è fondamentale per assicurare che i creatori e i consumatori siano consapevoli dei processi decisionali automatizzati e possano fidarsi delle tecnologie che utilizzano”.

In Europa, quindi, le normative sul copyright, combinate con le disposizioni dell’AI Act, forniscono una maggiore tutela rispetto agli Stati Uniti. “Tuttavia, è fondamentale che queste leggi siano continuamente aggiornate per tenere il passo con le innovazioni tecnologiche. Il caso Suno e Udio ci ricorda che, nonostante gli sforzi legislativi, c’è sempre il rischio che nuove tecnologie possano essere utilizzate in modi che compromettono i diritti d’autore. Insomma, l’Europa sembra essere meglio preparata a gestire queste sfide grazie all’AI Act, ma non possiamo abbassare la guardia. È necessario un monitoraggio costante e un dialogo aperto tra legislatori, creatori e sviluppatori di IA per garantire che l’innovazione tecnologica non avvenga a scapito della creatività e dei diritti degli artisti. La trasparenza, in particolare, gioca un ruolo chiave nel costruire la fiducia necessaria per un uso etico e responsabile dell’IA”, conclude l’avvocato Vaciago.

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