A meno di ventiquattr’ore dal “sospetto attentato” vicino alla stazione centrale della città, i leader di tutto il mondo si sono riuniti a Monaco di Baviera per la Conferenza sulla Sicurezza. L’incontro arriva mentre gli equilibri geopolitici sono estremamente instabili. Lo erano già dal 24 febbraio 2022, quando la Russia di Putin ha lanciato le prime bombe sull’Ucraina, e lo sono diventati ancora di più dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca.
Se prima del suo secondo insediamento la divisione tra Occidente e Oriente, tra amici di Kiev e amici di Mosca, tra alleati dell’invaso e alleati dell’invasore, era chiara, adesso non lo è più. Più volte, il presidente americano ha fatto capire di non aver alcun interesse nella questione Ucraina, se non quello economico. A proposito di soldi, dopo la chiacchierata con l’amico Putin, tramite il suo segretario, Trump ha fatto sapere agli europei che la tutela dell’Ucraina è un affare loro: gli Stati Uniti non vogliono spendere più un dollaro per il Paese invaso, né vogliono impiegare le proprie forze di peacekeeping.
Insomma, se l’Europa vuole dormire sogni tranquilli, deve pagare tutto di tasca sua. 3 mila miliardi di dollari in dieci anni, secondo i calcoli di Bloomberg Economics. Trump sa bene che si tratta di una somma da capogiro per i Ventisette, ma sa ancora meglio che l‘Europa non può vivere con l’incubo di una nuova invasione alle porte o sul proprio territorio.
Lo ha confermato Ursula von der Leyen che oggi, intervenendo alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ha definito la Russia di Putin una “canaglia” ai confini dell’Europa.
Cosa ha detto von der Leyen a Monaco
Il concetto ribadito dalla presidente della Commissione Ue è chiaro: l’Europa “deve cambiare”, per adattarsi alla nuova realtà, come ripetuto più volte dal Segretario generale della Nato, Mark Rutte. “Il nostro compito qui a Monaco – spiega von der Leyen – non è solo descrivere il panorama geopolitico di quest’anno, ma modellarlo, in modo da garantire che i nostri valori transatlantici durino e che i nostri interessi siano difesi”.
“Poiché – aggiunge – c’è un chiaro tentativo da parte di alcuni di costruire sfere di influenza. Visioni contrastanti dell’ordine mondiale stanno portando a un approccio più transazionale negli affari globali. E l’Europa deve cambiare per prosperare in questa nuova realtà. Dobbiamo essere intelligenti. Dobbiamo essere lucidi su ciò che ci aspetta, da una Russia canaglia ai nostri confini alle sfide alla nostra sovranità e alla nostra sicurezza”. Non si può dire che il monito di Mario Draghi sia caduto nel vuoto.
Le parole di Ursula von der Leyen confermano il cambio di approccio di Bruxelles: “Può essere scomodo da ascoltare, ma è il momento di parlare in modo chiaro”, ha detto la leader dell’esecutivo Ue parlando del “potenziale dirompente di una concorrenza tesa o addirittura di un conflitto bipolare tra Cina e Stati Uniti“. In mezzo c’è l’Ue, il cui ruolo non è più scontato dopo che Trump ha dichiarato guerra commerciale agli alleati con i dazi sulle importazioni di alluminio e di acciaio. Da allora i toni della politica tedesca sono cambiati: “C’è spazio per impegnarci in modo costruttivo con la Cina e trovare soluzioni nel nostro reciproco interesse”, ha detto pochi giorni fa la politica tedesca lanciando un messaggio chiaro a Trump: anche l’Europa sa mettere da parte i sentimenti e parlare di vil denaro.
Clausola di salvaguardia per gli investimenti nella difesa
Dalla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, von der Leyen fa sapere che la Commissione europea proporrà di attivare la “clausola di salvaguardia” del patto di stabilità per consentire agli Stati membri di aumentare gli “investimenti nella difesa“. L’idea è replicare il meccanismo attivato durante la pandemia di Covid-19, che portò alla sospensione del patto di stabilità per quasi quattro anni, consentendo ai Ventisette di sostenere le proprie economie colpite dai lockdown.
L’attivazione della clausola di salvaguardia, continua von der Leyen, “consentirà agli Stati membri di aumentare sostanzialmente la loro difesa contro la spesa. Naturalmente, dovremo farlo in modo controllato e condizionato. Proporrò anche un pacchetto più ampio di strumenti su misura, per affrontare la situazione specifica di ciascuno dei nostri Stati membri, dagli attuali livelli di spesa per la difesa alla loro situazione fiscale. Per un massiccio pacchetto di difesa abbiamo bisogno anche di un approccio europeo nel fissare le nostre priorità di investimento. Ciò consentirà di effettuare investimenti in progetti difensivi di comune interesse europeo“. La strategia di non considerare le spese militari ai fini del patto di stabilità era stata avanzata più volte dal ministro della Difesa italiano Guido Crosetto.
Von der Leyen, Rutte e l’esercito europeo
Von der Leyen è perfettamente allineata a Rutte: “Credo che, parlando di sicurezza europea, l’Europa debba fare di più. E, per raggiungere questo obiettivo, abbiamo bisogno di un’impennata della spesa per la difesa europea. Attualmente l’Ue a 27 spende circa il 2% del Pil per la difesa”.
I passi avanti sono stati importanti ma non sufficienti: “La nostra spesa per la difesa è aumentata da poco più di 200 miliardi prima della guerra a oltre 320 miliardi l’anno scorso. Ma – conclude von der Leyen – dovremo aumentare considerevolmente quella cifra ancora una volta, perché passare da poco meno del 2% a sopra il 3% significherà centinaia di miliardi di euro di investimenti in più ogni anno. Quindi abbiamo bisogno di un approccio coraggioso“.
Lo stesso messaggio è stato condiviso un mese fa da Mark Rutte: “Gli alleati della Nato stanno fornendo di più e il sostegno dell’Ue è fondamentale“, ha detto a dicembre in audizione al Parlamento Ue. In quella occasione, il Segretario generale dell’Alleanza ha anche invitato gli europei a fare di più perché “il 2% non basta”. Per l’ex premier olandese gli alleati dovrebbero prendere in considerazione il “3,6-3,7%” del Pil” per raggiungere un accordo duraturo in Ucraina.
Da allora ad oggi, però, qualcosa è cambiato nelle sue dichiarazioni. Se a gennaio Rutte si era limitato a un generico: “Non siamo in guerra, ma nemmeno in pace”, ieri, durante la conferenza stampa di chiusura della prima ministeriale Difesa del 2025, il Segretario ha alzato il tiro: come Paesi Nato, “dobbiamo passare a una mentalità da tempo di guerra e la nostra industria deve seguirci in questo cambiamento”.
Un messaggio condiviso da von der Leyen, che non vuole più subire le minacce dalla “canaglia” russa.