La Francia ha un primo ministro, ma il suo governo è appeso ai lepenisti

Michel Barnier, nuovo primo ministro francese, ora deve superare uno scoglio insidioso: formare una squadra e passare il voto di sfiducia che già pende sulla sua testa
3 mesi fa
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Barnier Michel Premier
Michel Bernier (Olivier Huitel/IPA/Fotogramma)

La Francia ha un primo ministro, ma non significa che avrà automaticamente un governo. Superato lo stallo che durava dalle elezioni lampo di luglio, indette da Emmanuel Macron dopo la batosta subita alle europee del mese precedente, il presidente ha nominato primo ministro il 73enne ex commissario europeo Michel Barnier. Il quale ora deve superare uno scoglio insidioso: formare una squadra e passare il voto di sfiducia che già pende sulla sua testa.

Lo scoglio ha la forma del Nouveau Front Populaire (Nfp), la pan-alleanza di sinistra che a sorpresa ha vinto le elezioni di luglio, pur non ottenendo la maggioranza necessaria per governare.

La France Insoumise: “Le elezioni sono state rubate“

Il punto è che Barnier è un conservatore appartenente ai Les Republicans, in sostanza è un uomo di destra. Non solo, ma il suo nome arriva dopo il veto posto da Macron sulla candidata (faticosamente) proposta dal Nfp, Lucie Castets, che secondo il presidente non avrebbe garantito la stabilità da lui cercata ma che soprattutto non gli andava a genio perché espressione anche della sinistra radicale del partito La France Insoumise, che tra le altre cose intende smantellare la riforma delle pensioni, cavallo di battaglia di Macron fatto passare tra mille difficoltà.

Di fronte alla nomina di un uomo di destra, per giunta di un partito arrivato quarto alle elezioni, la reazione di La France Insoumise è stata forte. “Le elezioni sono state rubate“, ha tuonato il suo leader Jean-Luc Mélenchon, chiedendo “la mobilitazione più potente possibile il 7 settembre per il rispetto della democrazia”.

I Verdi di Marine Tondelier hanno parlato di scandalo e presa in giro, mentre per i comunisti la mossa di Macron è un ‘bras d’honneur’, ovvero un gesto dell’ombrello, rivolto al popolo francese.

La tocca piano anche Olivier Faure, segretario del Partito socialista francese, che su X ha scritto: “La negazione della democrazia ha raggiunto l’apice: un premier del partito che è arrivato quarto e non ha nemmeno partecipato al fronte repubblicano. Entriamo in una crisi del regime“.

I socialisti hanno già annunciato una mozione di sfiducia

I socialisti hanno già annunciato una mozione di sfiducia: l’ordinamento francese infatti non prevede come quello italiano un voto di fiducia per confermare o meno il governo, ma delle mozioni di sfiducia attraverso le quali il governo può essere fatto cadere.

Per presentare questo tipo di mozione occorrono almeno 58 deputati (l’Assemblea Nazionale ne ha 577), e per farla passare serve la maggioranza dei voti espressi. Questo significa che chi si astiene o non partecipa al voto di fatto è come se votasse a favore del governo.

Proprio questa via potrebbe essere quella seguita dalla destra radicale di Rassemblement National, dal cui appoggio in pratica dipendono le sorti di Barnier, della sua futura squadra, e quindi anche della Francia.

Rassemblement National ago della bilancia: c’è già l’accordo?

Facendo due conti: dando per scontata l’opposizione delle sinistre, il primo ministro appena nominato avrebbe l’appoggio del centro e dei Repubblicani, per un totale di 213 seggi, molti meno dei 289 necessari per avere la maggioranza assoluta. Ecco quindi che il Rn di Marine Le Pen può diventare l’ago della bilancia, un ‘kingmaker’.

“Mentre la sinistra massimalista si sparava sui piedi per essersi impuntata sul nome di Lucie Castets, mentre l’ex socialista Bernard Cazeneuve insisteva per un governo di sinistra” autonomo da Macron, il presidente francese ha tirato fuori dal cilindro il nome di Barnier, “uno che non è immediatamente censurabile dall’Rn“, spiega all’Adnkronos Jean Pierre Darnis, professore di relazioni italo-francesi all’Università di Nizza e di storia contemporanea alla Luiss di Roma.

E infatti in Parlamento Le Pen e Bardella potrebbero optare per l’appoggio esterno, permettendo la nascita del governo mentre i socialisti “o fanno le barricate contro un pericoloso connubio tra centro e la destra con il sostegno esterno dell’estrema destra – sostiene Darnis – o accettano di fatto un governo di unità nazionale”.

Quanto a Rassemblement National, il suo leader Jordan Bardella ha detto su X che “giudicherà” sulla base del “discorso di politica generale, le sue decisioni sul bilancio e le sue azioni”, riferendosi al discorso programmatico che Barnier dovrà tenere all’Assemblea Nazionale. “Gli 11 milioni di elettori di Rn meritano rispetto: è la nostra prima richiesta”, ha specificato il politico, sottolineando che il partito chiederà attenzione per “le principali emergenze dei francesi, potere d’acquisto, sicurezza, immigrazione”, e minacciando di utilizzare “qualsiasi mezzo d’azione politica” se questo non avverrà.

Affermazioni ribadite da Le Pen sempre su X: “Saremo attenti al progetto che (Barnier, ndr) porterà avanti e attenti a garantire che le aspirazioni dei nostri elettori, che sono un terzo dei francesi, vengano ascoltate e rispettate”.

Al di là delle dichiarazioni, secondo alcuni – vedi l’ex presidente Francois Hollande, che è stato rieletto con i socialisti – la scelta di Barnier deriva da un via libera ufficioso che Macron avrebbe ottenuto proprio da Le Pen e Bardella.

Tuttavia Le Pen su X ha anche aggiunto: “Non parteciperemo ad un governo di Michel Barnier“. “Oggi ci troviamo nella situazione che avevamo annunciato, quella del caos. Vedremo se Barnier riuscirà almeno a garantire un bilancio equilibrato”, ha concluso.

Le prime parole di Barnier premier

Quanto al diretto interessato, durante il passaggio di consegne dal premier dimissionario Gabriel Attal ha commentato: “Siamo in un momento grave. Affronto questa nuova pagina che si apre con molta umiltà ma anche determinazione“, determinazione “necessaria a far sì che questo periodo sia utile al popolo francese”.

“Tra qualche giorno avrò l’opportunità di illustrare le principali priorità legislative. Si tratterà di rispondere il più possibile alle sfide, alla rabbia, al senso di abbandono e di ingiustizia che pervade troppo le nostre città e le nostre campagne. La scuola rimarrà la priorità del governo. Penso anche alla gestione dell’immigrazione e alla sicurezza nel quotidiano”, ha aggiunto.

L’esperto: “Ci sarà una qualche forma di coabitazione”

In ogni caso, la scelta dell’Eliseo tradisce il patto che i partiti dell’arco repubblicano avevano fatto prima del secondo turno delle legislative per sbarrare la strada all’Rn, che ora invece ha in mano il pallino del gioco, e non spazza via la temuta ‘coabitazione’ tra un presidente e un governo di segno opposto in rotta tra loro: secondo Darnis anzi “ci sarà una qualche forma di coabitazione“, perché a Matignon siederà “un premier di una generazione diversa rispetto al presidente, un gollista e non un uomo di Macron”. Con lui i rapporti sono formalmente buoni, ma Barnier non dimentica che il presidente nel 2019 non lo sostenne nella corsa alla presidenza della Commissione europea, preferendogli Ursula von der Leyen.

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