“Violati gli accordi raggiunti”, Bruxelles critica il Kosovo che chiude 9 filiali delle Poste in Serbia

Il monito del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae): "Azioni unilaterali e non coordinate non possono offrire soluzioni"
1 mese fa
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Primo ministro kosovo albin kurti
Il primo ministro del Kosovo Albin Kurti

Un’altra scintilla nell’Est Europa, dove la situazione tra Kosovo e Serbia assomiglia sempre più ad un vulcano attivo pronto a eruttare. Due giorni fa, lunedì 5 agosto, la polizia kosovara ha chiuso 9 filiali delle Poste nel nord della Serbia aumentando le tensioni tra i due Paesi. Una decisione che preoccupa l’Unione europea: “Si tratta di un passo unilaterale e non coordinato, che viola gli accordi raggiunti nell’ambito del dialogo facilitato dall’Ue“, si legge nella dichiarazione rilasciata dal Servizio europeo per l’azione esterna (Seae).

Prima dell’intervento della polizia kosovara, l’introduzione di un Regolamento sulla trasparenza e stabilità dei flussi finanziari ha avuto un impatto significativo nel nord del Kosovo, in particolare sulla minoranza etnica serba. Questa normativa, concepita per combattere il riciclaggio di denaro e la contraffazione, ha portato alla chiusura di diverse casse di risparmio postale, utilizzate da questa comunità per ricevere stipendi e gestire pagamenti in dinari, moneta ormai vietata sul territorio nazionale dal primo febbraio scorso.

La chiusura di queste casse rappresenta una delle prime conseguenze tangibili della nuova regolamentazione. I servizi pubblici nella regione non si sono mai adattati all’adozione dell’euro, avvenuta a Pristina nel 2002 innescando un problema non solo burocratico, ma con risvolti pratici sulla vita quotidiana delle famiglie locali.

Belgrado non ha mai riconosciuto la sovranità del Kosovo. Questo ha reso difficile l’integrazione economica e ha alimentato tensioni nella zona. La mancanza di accesso ai servizi bancari per la comunità serba, già vulnerabile, mette a rischio la già fragile sostenibilità economica di chi dipendeva da questi canali per la propria sussistenza.

Per l’Unione europea è fondamentale, quindi, che le autorità di Pristina aprano un dialogo costante con le comunità locali per garantire la stabilità economica nella regione, rispettando le esigenze di tutte le minoranze etniche.

Il ruolo dell’Ue nelle tensioni Serbia-Kosovo

L’Unione Europea è chiamata a un compito non facile, ma non molla nella sua opera di mediazione. Dopo l’ultimo fallimentare vertice trilaterale di fine giugno a Bruxelles tra l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, il premier kosovaro, Albin Kurti, e il presidente serbo, Aleksandar Vučić, i negoziatori Ue sono “pronti a inserire la questione nell’agenda della prossima riunione del dialogo”.

Nelle more del nuovo incontro, Bruxelles ribadisce l’invito al Kosovo di “riconsiderare la sua decisione e di trovare una soluzione negoziata”.

È chiaro che il nodo principale alla base di tutte le questioni regionali nel nord del Paese rimane sempre e comunque l’istituzione dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo, ovvero la comunità nel Paese a cui dovrebbe essere garantita autonomia su tutta una serie di materie amministrative, inclusa l’operatività della Banca Nazionale di Serbia, della Cassa di risparmio e delle Poste di Serbia. “Azioni unilaterali e non coordinate non possono offrire soluzioni a questa o a qualsiasi altra questione che rientra nel processo di normalizzazione tra Kosovo e Serbia”, è l’avvertimento del Seae, che mette in chiaro come “la chiusura dei servizi esistenti per i serbi del Kosovo, senza un nuovo accordo preventivo, avrà un ulteriore impatto negativo sulla vita quotidiana e sulle condizioni di vita di queste comunità”.

L’Ue è stata già sollecitata il 5 febbraio scorso, quando la polizia speciale kosovara ha svolto delle operazioni presso gli uffici delle istituzioni temporanee gestite dalla Serbia in quattro comuni del nord del Kosovo (Dragash, Pejë, Istog e Klinë) e presso la sede dell’Ong Center For Peace and Tolerance a Pristina. Dal 2008 Belgrado ha continuato a finanziare comuni, aziende, imprese pubbliche, asili, scuole, università pubbliche e ospedali a disposizione della minoranza serba, in modo illegale secondo la Costituzione del Kosovo.

Seae: “Serve un nuovo accordo preventivo”

Al centro delle problematiche che affliggono il nord del Kosovo si trova l’istituzione dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serba. Questa comunità dovrebbe ricevere garanzie di autonomia su diverse materie amministrative, tra cui l’operatività della Banca Nazionale di Serbia, della Cassa di risparmio e delle Poste di Serbia. Garanzie che, invece, Pristina non ha mai concesso, ostacolando il processo di normalizzazione tra Kosovo e Serbia.

L’avvertimento del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) è chiaro: “Azioni unilaterali e non coordinate non possono offrire soluzioni a questa o a qualsiasi altra questione […] la chiusura dei servizi esistenti per i serbi del Kosovo, senza un nuovo accordo preventivo, avrà un ulteriore impatto negativo sulla vita quotidiana e sulle condizioni di vita di queste comunità”.