Info(sf)era Trump. La politica cyber nel mondo delle post-verità

Fact-checking ridotto, il ruolo di Musk, le dichiarazioni esplosive. Per Arije Antinori (EU KH) sono tutti elementi di un nuovo modus operandi della politica nella sfera digitale, oggi più che mai fertile per gli estremismi. L’Ue dovrà affrontare una guerra cognitiva anche da ovest?
18 ore fa
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Trump
Darren Halstead / Unsplash

La forma della società è diversa, radicalmente diversa, rispetto a pochi anni fa. “Non siamo più in un ecosistema informativo dove possiamo essere vittime di attacchi ibridi: viviamo in un mondo ibrido di per sé”, dove realtà fisica e digitale sono pienamente integrate, quello che accade online impatta direttamente sulla testa e sulla pancia dei cittadini, e i pericoli sono “molto più complessi di quelli che chiamavamo strategie ibride”. Oggi si riparla di guerra cognitiva, un concetto vecchio come l’esistenza della propaganda ma rinnovato dal fatto che oggi la società, e i vettori di attacco, sono digitalizzati, anzi “cyber-sociali”.

Questo è un tassello fondamentale della visione di Arije Antinori, esperto di estremismo e radicalizzazione presso l’European Knowledge Hub on the Prevention of Radicalisation e professore di Criminologia nel corso di Cognitive Forensic Sciences alla Sapienza di Roma. In quello che chiama “ecosistema cyber-sociale” il cospirazionismo prende sempre più piede, la disinformazione è ormai endemica, l’ambiente informativo è “fortemente condizionato”, l’estremismo si fa mainstream e la politica cambia toni e metodi. Antinori ha parlato con Eurofocus di tutto questo, con un occhio al prossimo inquilino della Casa Bianca.

Sparala grossa, ascolta i social, tara la strategia politica

L’esperto vede un disegno strategico dietro alle dichiarazioni roboanti di Donald Trump, che vanno viste nel contesto dell’allentamento delle pratiche di moderazione e di fact-checking – prima su X, l’ex Twitter, dopo l’acquisto da parte di Elon Musk, e poi sulle piattaforme di Meta con la svolta storica di Mark Zuckerberg. Oltre al tornaconto imprenditoriale (la moderazione costa) si apre alla possibilità di lanciare messaggi più estremi per testare i limiti delle audience (tra cui istituzioni, leader politici, vip, imprenditori e soprattutto avversari) rimuovendo i filtri alle risposte.

Fatto questo, si può misurare la reazione del pubblico e calibrare in tempo reale le strategie politiche attraverso l’analisi dei dati.“È come se ci fosse uno stress test costante combinato con un exit poll istantaneo, tutto via social, per creare una politica by design”, spiega Antinori. L’idea è basarsi su comunicazione emotiva e velocità, “pensata per far percepire uno scenario”: saltati fact-checking e gli ancoraggi alla realtà, l’esperimento funziona sfruttando la risposta istintiva, più irrazionale, iper-partisan delle audience, osservando al contempo quanto successo ha il processo di normalizzazione.

Nell’era della post-verità vale tutto, e le reazioni istintive possono essere monitorate quasi all’istante: quindi spararla grossa significa, in un certo senso, analizzare il “mercato” politico. Si tira la corda, si misura la tensione, e sulla base di quei dati si strutturano linea e modalità di comunicazione politica. Vanno lette in questa ottica – l’acquisizione di feedback diretti e indiretti – operazioni come l’intervista di Musk alla leader dell’AfD Alice Weidel, condotta su X, rileva l’esperto.

La degradazione di politica e discorso pubblico

Le conseguenze di questo sistema, però, sono problematiche. Si tende verso risultati politici spettacolari, ad alto valore scenografico, ma spesso privi di valore strategico di lunga durata – come nel caso degli incontri tra Trump e il dittatore nordcoreano Kim Jong Un durante il primo mandato. E si normalizza anche l’uso di modalità estremistiche pur di raggiungere quel genere di risultati, avverte Antinori. Del resto, le modalità e i tempi dell’ecosistema cyber-sociale “hanno abituato i cittadini a un risultato immediato, non a una proiezione di futuro, che si contrae sempre più nel presente. Questo ridefinisce il ruolo degli elettori e dei processi democratici, che possono diventare molto fragili e influenzabili”.

“Costruiamo la realtà attraverso il linguaggio, oggi sempre più quello cyber-sociale. Se ci nutriamo di operazioni spot saremo portati ad accettare comunicazioni spot abbaglianti, anche violente. E in questo abbiamo una piattaforma, X, che ha peculiarità di essere interconnessa a micro-ecosistemi di radio, tv private, film e altri spazi online in cui cospirazionisti, antiscientisti ed altri manipolatori della realtà coltivano le audience”. Il social di Musk diventa quindi il “punto di ancoraggio” di questa galassia, in cui fiorisce il contenuto estremista, al mondo esterno.

La strategia del dubbio…

Nell’ambito della guerra cognitiva, quale che sia l’attore che la porta avanti, “si è compreso che fare campagna costante ha un costo elevato. È invece più efficace e meno dispendioso generare un continuo stato di dubbio nell’individuo. La pressione prolungata” di bufale e contenuto violento “lo disorienta e rende difficoltosa l’assunzione di posizioni nette”, evidenzia Antinori. “Questa strategia del dubbio produce effetti profondi: rende l’elettore più fragile, lo frammenta a livello personale, comunitario e collettivo, rendendolo estremamente permeabile e vulnerabile, soprattutto in momenti strategici come le elezioni. In queste circostanze, è possibile intervenire in maniera mirata con contenuti fortemente emotivi, capaci di massimizzare l’impatto”.

… e lo scivolo verso l’estremismo

In questo panorama (ulteriormente complicato dalla comparsa dell’intelligenza artificiale generativa) cambia anche la sfida di identificare i rischi di estremismo violento. Il contesto di disinformazione endemica consente di attivare operazioni invisibili a lungo termine e bassa intensità, al fine di influenzare l’elettorato, rendere più fragile il tessuto socio-economoci e minare la fiducia nelle istituzioni, evidenzia Antinori.

“A differenza del passato, i movimenti che emergono non sono più collettivi né rigidamente definiti, ma connettivi, fluidi. La nuova frontiera è rappresentata da atteggiamenti anti-istituzionali e antigovernativi più indefiniti, che possono essere poi declinati in chiave estrema: estrema destra e sinistra reazionarie, antisemitismo, cospirazionismo… movimenti manipolati in modi differenti a seconda delle necessità strategiche” di chi conduce un’operazione politica, ma anche di avversari su scala globale.

Infowar da Ovest?

Ora resta da vedere se le leadership europee “saranno in grado di far fronte a questi fenomeni complessi e non lineari, soprattutto in termini di comunicazione strategica, o finiranno per appiattirsi sulle dicotomie trumpiane”. Secondo Antinori la sfida per l’Ue è essere pronti a reagire ad eventuali aggressioni sul fronte della manipolazione e interferenza straniera dell’informazione (Fimi) che provengono anche dagli Usa, “cosa a cui non siamo abituati”. Sarebbero operazioni ben diverse da quelle condotte da Russia, Iran e Cina, che prendono la forma di campagne disinformative e narrazioni serializzate per far attecchire e favorire la diffusione di propaganda e la sfiducia nelle istituzioni democratiche.

L’Occidente è da sempre sotto una forte influenza statunitense, quindi non c’è bisogno di ri-formattare il pensiero degli individui. Penso che potremmo vedere operazioni una tantum, per esempio atti di rinforzo nel contesto di una guerra commerciale ed economica (non necessariamente diretta ed esplicita) con l’Europa” – una chiave di lettura per le dichiarazioni sopra le righe del prossimo presidente Usa nei confronti dell’Ue.

In generale l’esperto ravvisa la necessità di strategie di lungo termine, “sostenute da una efficace comunicazione strategica, a protezione dei principi democratici e della sovranità nazionale da interferenze per preservare il fronte democratico globale”. In questo sforzo, non è detto che gli europei potranno contare sulla Casa Bianca a guida Trump. Naturalmente non tutto quello che genererà sarà un pericolo per la democrazia; è semplicemente necessario “mantenere l’attenzione alta, essere vigili e lungimiranti” in materia di comunicazione strategica.