Il think tank statunitense Heritage Foundation sta lavorando per creare e consolidare alleanze sull’altra sponda dell’Atlantico. I resoconti di diverse testate europee hanno permesso a Eurofocus di tracciare una mappa delle interazioni tra il centro studi che ha fornito a Donald Trump un programma per il suo secondo mandato alla Casa Bianca (il famigerato Project 2025) e la rete di realtà e alleati europei con cui la fondazione sta stringendo rapporti di collaborazione, al fine di esportare e potenziare le proprie battaglie (ultra?)conservatrici. Tra contatti diretti con politici nazionali, europarlamentari e membri di centri studi di tutta Europa, ecco le realtà che possono fungere da connessione con il trumpismo in salsa europea.
Che cos’è Project 2025?
Si tratta di una massiccia guida politica (922 pagine) alla presidenza, da cui Trump aveva dovuto prendere le distanze nel corso della campagna elettorale per via della reazione pubblica negativa alle proposte che contiene. Alcune sono estreme, vanno dal divieto di aborto all’eliminazione del ministero dell’istruzione, passando dal taglio dei finanziamenti per la scienza climatica e una riorganizzazione radicale del governo federale per accentrare i poteri sull’esecutivo.
Una volta insediati alla Casa Bianca, il presidente e la sua amministrazione hanno iniziato a seguirlo con dovizia: a marzo il Wall Street Journal aveva scoperto che più della metà degli ordini esecutivi firmati da Trump erano in linea con le raccomandazioni di Project 2025, e la maggior parte dei suoi 40 autori erano diventate figure chiave nella sua squadra. Non è quindi esagerato vedere la Heritage Foundation come il faro politico dell’amministrazione Trump e presumere che quando questa si muove fuori dagli Stati Uniti possa agire come una propaggine estera della Casa Bianca. E i protagonisti di Heritage si stanno muovendo parecchio in Europa.
Il tour delle capitali
L’ultimo contatto politico diretto si è svolto a fine ottobre, nel cuore del centro storico di Roma, precisamente nella sede dell’Associazione Stampa Estera a Palazzo Grazioli. In quell’occasione, rileva Politico, Roger Severino, vicepresidente per le politiche interne di Heritage e architetto della campagna contro l’accesso all’aborto negli Usa, ha discusso di denatalità, crisi demografica e rischio di declino dell’Occidente con la ministra Eugenia Roccella, la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli e membri di think tank conservatori italiani (Fondazione Machiavelli, Nazione Futura), francesi (La Bourse Tocqueville) e statunitensi (America First Policy Institute oltre alla stessa fondazione Heritage).
La data italiana è solo l’ultima. A maggio il presidente della Heritage Foundation Kevin Roberts aveva presieduto un evento sul “futuro del conservatorismo in Francia e in Occidente” presso la Cercle de l’Union Interalliée, a Parigi, un prestigioso circolo affacciato sui Giardini degli Champs Élysées. Come racconta Le Monde, erano coinvolti Alexandre Pesey, “direttore dell’Institut de Formation Politique (Ifp), un istituto nazionalista-cattolico di formazione politica, e sua moglie americana, Kate Pesey”, a capo della già citata Bourse Tocqueville. Nel corso della tre giorni Roberts ha avuto modo di incontrare una serie di protagonisti della destra dura francese: i leader di Riconquista, Eric Zemmour e Sarah Knafo, nonché Marion Maréchal, europarlamentare e nipote di Marine Le Pen, e persone nell’entourage del “delfino” di quest’ultima, Jordan Bardella.
Prima ancora, a febbraio, Roberts aveva condotto un evento nell’ambito della seconda maxi-conferenza di Alliance for Responsible Citizenship, organizzazione internazionale co-fondata a giugno 2023 dal celebre psicologo e commentatore politico canadese Jordan Peterson, un riferimento per il mondo Maga, insieme alla baronessa Philippa Stroud, figura di rilievo nel panorama conservatore britannico pro-Brexit, e dall’ex vicepremier australiano John Anderson. Obiettivo dichiarato dell’Alleanza: “unire le voci conservatrici e proporre politiche basate sui valori tradizionali occidentali” come antidoto alla crisi della civiltà occidentale che secondo i fondatori deriva dall’erosione della coesione sociale e dal declino di istituzioni come la Chiesa cristiana.
I contatti col Parlamento europeo
L’attivismo estero di Heritage interessa anche il Parlamento europeo. A febbraio sia Severino che Roberts hanno partecipato ai lavori del vertice di Madrid di Patriots for Europe, gruppo al Parlamento europeo che include la Lega del vicepremier Matteo Salvini, Fidesz del premier ungherese Viktor Orban, il Rassemblement National della leader di destra francese Marine Le Pen, il Partito della libertà dell’olandese Geert Wilders e l’Azione dei cittadini insoddisfatti dell’ex e probabile prossimo premier ceco Andrej Babis. L’evento si è tenuto poco dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca, e lo slogan, “Make Europe Great Again”, esplicitava la stretta relazione ideologica tra le forze dei Patrioti e il trumpismo statunitense.
“Nel frattempo, i rappresentanti di Heritage hanno tenuto incontri privati a Washington e Bruxelles con parlamentari di partiti di estrema destra in Ungheria, Repubblica ceca, Spagna, Francia e Germania“, scrive Politico, sottolineando che negli ultimi 12 mesi lo staff del centro studi ha incontrato degli europarlamentari ben sette volte, cosa che era avvenuta solo una volta nei cinque anni precedenti, stando ai registri dell’Eurocamera. La testata segnala anche “incontri aggiuntivi con eurodeputati che non sono stati formalmente segnalati”, occasione in cui i rappresentanti di Heritage avrebbero visto tre membri di Fratelli d’Italia.
Severino ha detto a Politico che questo genere di incontri servono solamente a scambiare idee, ma per la testata i politici europei ne traggono “la possibilità di avere accesso alle persone nell’orbita di Trump”, mentre per Heritage “sono un modo per estendere l’influenza oltre Washington e raggiungere i suoi obiettivi ideologici, che sotto Roberts si sono sempre più allineati con l’approccio Maga”, lo slogan Make America Great Again che è diventato la cifra politica del presidente Usa.
Dal canto suo, il senior fellow di Heritage Mike Gonzalez ha detto a Politico che la fondazione è attiva in Europa da anni, ma che la domanda di incontri è molto aumentata dal ritorno di Trump alla Casa Bianca e che i politici europei traggono diretta ispirazione dalle mosse del presidente. Gonzalez ha spiegato di aver incontrato i partiti conservatori europei per condividere esperienze nell’affrontare sfide comuni e che i suoi interlocutori si sono mostrati “molto interessati” alle politiche su aborto, teoria di genere, difesa e Cina. Parti di Project 2025, come una sezione sul definanziamento delle emittenti pubbliche, sono “molto trasferibili” in Europa, ha aggiunto.
La rete dei think tank
L’espansione europea della rete di Heritage è particolarmente visibile nell’attività che svolge in cooperazione con altri think tank. Su tutti spicca il workshop a porte chiuse convocato dal centro studi trumpiano a Washington lo scorso 11 marzo, con proposte del Mathias Corvinus Collegium (Mcc) ungherese, presieduto dal direttore politico del premier, Balazs Orban (un caso di omonimia), e dell’Istituto per la Cultura Giuridica Ordo Iuris polacco, legato al partito nazionalista PiS. Argomento di discussione, come raccontato dalla testata investigativa polacca Vsquare: come smantellare l’Unione europea, la Corte di giustizia europea ed enti sovranazionali simili, oltre a rinominare l’Ue in “Comunità europea delle Nazioni“.
Tuttavia, i contatti tra la fondazione Heritage e le realtà ungheresi sono di più vecchia data, anche in virtù della fascinazione espressa dal presidente Roberts (e apparentemente condivisa da Trump stesso) per il modello ungherese di Orban, da cui Project 2025 ha tratto diretta ispirazione. Nel 2023 Roberts ha parlato all’edizione ungherese della Conservative Political Action Conference, la kermesse del mondo conservatore statunitense. Nello stesso anno Heritage e l’Istituto Danubio ungherese hanno formalizzato la loro cooperazione con un accordo, impegnandosi a organizzare conferenze congiunte annuali a Budapest, a tema geopolitico, e creare un programma di scambio per cui ogni anno quattro ricercatori della fondazione statunitense vengono inviati a lavorare con l’istituto ungherese. L’accordo ha dato frutto: a settembre 2024 si è tenuta la quarta edizione del Summit Geopolitico annuale, la prima co-organizzata dai due enti, che ha visto la partecipazione di Balazs Orban come relatore principale.
Le possibilità del round 2
L’attivismo estero di Heritage può ricordare il tentativo dell’ex consigliere e stratega di Trump Steve Bannon nel corso del suo primo mandato. Oggi conduttore del podcast War Room, da cui interpreta il sentimento Maga e ne detta la linea, nel 2019 Bannon aveva tentato di creare un’intesa strutturale con la destra europea con “The Movement”, un progetto politico mai concretizzato per mancanza di adesione ed entusiasmo da parte dei partiti nazionalisti e populisti del Vecchio continente. Il leader conservatore sognava di stabilirne la base di operazioni, nonché scuola di formazione, nel complesso monastico della Certosa di Trisulti, in provincia di Frosinone, ma il Consiglio di Stato ha revocato la concessione nel 2021.
La differenza cruciale rispetto al 2019 è il netto spostamento verso destra del baricentro politico dei Paesi dell’Unione europea. Oggi su 27 membri, solo tre leader socialisti siedono al tavolo del Consiglio europeo: lo spagnolo Pedro Sanchez, la danese Mette Frederiksen e il maltese Robert Abela, e questi ultimi due sono raramente in linea con i principi del gruppo S&D a Strasburgo. I partiti di destra (anche estrema) guadagnano terreno in tutta Europa, e si stanno moltiplicando i contatti tra l’amministrazione Trump e i leader, i gruppi politici e gli enti appartenenti alla sfera conservatrice del Vecchio continente. C’è intesa sulle battaglie comuni, dall’immigrazione all’aborto, dall’avversione alle politiche climatiche alla celebrazione della sovranità nazionale, spesso a scapito di quella europea. E non mancano i leader Ue che ambiscono a giocare di sponda con un Trump rafforzato alla Casa Bianca dopo la schiacciante vittoria del 2024. Persino Bardella, papabile per la presidenza francese nel 2027, si sta dimostrando più aperto nei confronti del tycoon rispetto alla più intransigente Le Pen.
La strada per il rafforzamento della rete europea di Heritage non è tutta in discesa: di recente il presidente Roberts si è attirato l’ira di un’ampia schiera di conservatori statunitensi, inclusi i dipendenti di Heritage e il leader dei repubblicani al Senaot Mitch McConnell, per aver difeso il commentatore politico ed ex stella di Fox News Tucker Carlson dopo che quest’ultimo ha pubblicato un’intervista con il noto suprematista bianco Nick Fuentes, negazionista dell’Olocausto e tacciato dai suoi critici di essere un neonazista. In seguito diversi membri di Heritage si sono dimessi, tra cui il capo di gabinetto di Roberts, che si è scusato.
L’incidente getta luce sul processo di sviluppo, talvolta caotico, della nuova destra statunitense, che in certi ambiti sta ancora tracciando i suoi spazi e i suoi limiti. E questo, unito all’apparente ostilità verso l’Ue che emana dalla presidenza Trump, potrebbe ostacolare l’estensione della rete di Heritage verso gli spazi più moderati del conservatorismo, sulla falsariga dell’aspra reazione delle forze riunite nel Ppe di fronte alle ingerenze di Elon Musk nella campagna elettorale tedesca a favore di AfD. Nel mentre, il think tank consolida i contatti con gli ambienti di destra più massimalisti, scommettendo sul fatto che saranno questi a prendere sempre più spazio nella politica europea.
