Destra, sinistra, centro. Le elezioni europee di giugno si avvicinano e gli equilibri sono sempre più fragili, soprattutto dopo che Marine Le Pen ha proposto un super-gruppo di destra per condizionare la prossima Commissione.
Un’idea che non solo non piace alle sinistre, ma che preoccupa anche una parte della destra. Alcuni in Fratelli d’Italia non vogliono che la leader francese entri nel gruppo dei Conservatori e Riformisti e il motivo è semplice: se entra in Ecr, o se i due gruppi dovessero fondersi, Le Pen assumerebbe un ruolo di comando, forte della sua netta prevalenza nei seggi. Secondo gli ultimi sondaggi, infatti, Rassemblement National sarà il partito con più europarlamentari in assoluto raccogliendo il 33% dei voti francesi contro il 15% stimato per Macron e la sua coalizione di governo Ensemble.
I giochi di forza, più che di orientamento politico, si spostano dalle sedi europee ai tavoli dei Paesi membri (“la dimensione nazionale ha sempre la precedenza” ricorda oggi su Le Figaro Marc Lazar). Se a FdI l’accordo proposto da Le Pen non piace, il leader leghista Salvini lo sostiene sperando di contenere il dominio nazionale della premier, per mano della leader del Rassemblement National, sua alleata politica.
Una sorta di fusione tra Ecr e Id “non sta né in cielo, né in terra”, fanno sapere invece esponenti di Fratelli d’Italia all’HuffPost.
Meno categorico e più strategico il presidente del Consiglio, ospite di In Mezz’ora: “Non do patenti di presentabilità, non sono disposta a fare maggioranze con la sinistra, tutto il resto si vede”, dice Meloni fatto aprendo a Marine Le Pen che si prepara a vincere le elezioni europee dopo aver scaricato Afd.
Ieri, parlando al Corriere della Sera, la leader francese ha detto: “Questo è il momento di unirsi, sarebbe veramente utile. Se ci riusciamo, diventeremo il secondo gruppo del Parlamento Europeo. Penso che non dovremmo lasciarci sfuggire un’opportunità come questa.”
La reazione della sinistra
Insomma, corteggiata da Le Pen e dalla presidente della Commissione, il peso specifico di Giorgia Meloni aumenta via via che ci si avvicina alle elezioni europee di giugno.
Più omogenea, per forza di cose, la reazione della sinistra europea di fronte all’apertura di von der Leyen verso la presidente del Consiglio italiana.
Mentre i leader della sinistra ammoniscono von der Leyen, la presidente uscente della Commissione sottolinea: “Qui parliamo di deputati, non di gruppi”, “con Giorgia Meloni ho lavorato molto bene”.
E a sinistra cresce l’inquietudine.
“La Dichiarazione di Berlino – condivisa da tutti i partiti socialdemocratici in Europa – afferma che non collaboreremo con l’estrema destra,” ribatte invece Katarina Barley, vicepresidente del Parlamento europeo e membro di rilievo dell’SPD tedesca nell’ultimo episodio del podcast Berlin Playbook di Politico.
Venerdì, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz ha avvertito von der Leyen di non lavorare con il partito di Meloni, che fa parte del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), dopo le elezioni del 6-9 giugno: “Quando verrà formata la prossima Commissione, non dovrà basarsi su una maggioranza che necessiti anche del supporto dell’estrema destra,” ha detto il cancelliere tedesco. “L’unico modo per stabilire una presidenza della Commissione sarà basarla sui partiti tradizionali… Qualsiasi altra cosa sarebbe un errore per il futuro dell’Europa.”
“Questa è anche la posizione del presidente,” ha detto un funzionario vicino al presidente del gruppo S&D Iratxe García, riferendosi alla posizione di García sulla questione. “Se von der Leyen cerca di ottenere il supporto dell’Ecr in Parlamento, non avrà il supporto del nostro gruppo.” All’inizio del mese, García ha stipulato una dichiarazione con i leader di Renew, (Verdi e Sinistra), in cui centristi e sinistra si impegnano a “non cooperare né formare una coalizione con l’estrema destra e i partiti radicali a nessun livello.”
Proprio quel centro che Ursula von der Leyen vuole rinforzare per garantire solidità all’Unione europea: “Il Parlamento Europeo formerà gruppi dopo le elezioni, per questo è importante stabilire principi chiari con chi vogliamo lavorare”. Con il suo discorso la presidente della Commissione sembra evidenziare la necessità di un compromesso: “per creare una maggioranza forte per un’Europa forte, il centro deve tenere”. Tradotto: probabilmente von der Leyen avrà bisogno del sostegno non solo di Scholz ma anche di Meloni per essere rinominata presidente della Commissione.
Nel frattempo, anche altri funzionari dell’S&D chiedono a von der Leyen dichiari di sgombrare il campo da un possibile negoziato con il gruppo di Meloni e promettono di non fare alcuna concessione sulle politiche progressiste come il Green Deal.
“L’unione delle destre non terrà”
Compromessi ed equilibri in vista delle elezioni, ma il punto cruciale è capire cosa succederà dal 10 giugno in Europa, come suggerisce Marc Lazar.
Lo storico e sociologo della politica, professore a SciencesPo e alla Luiss, oggi ha esposto la sua teoria su Le Figaro: l’unione delle destre populiste resta un’illusione.
Sullo sfondo, per il professore, le troppe differenze tra le due anime di questa destra, l’Ecr (Conservatori e Riformisti europei) e l’Id (Identità e Democrazia), che spaccheranno gli eurodeputati durante le votazioni parlamentari.
La prima è sulla guerra in Ucraina. “Ci sono due campi. Il primo sostiene decisamente l’Ucraina. Sono favorevoli alle sanzioni contro la Russia e all’invio di armi a Kiev. È il caso del partito Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e di Diritto e Giustizia in Polonia, nonostante i problemi tra Polonia e Ucraina sulle questioni agricole”, evidenzia Lazar che ricorda come il Rassemblement National di Le Pen spesso contesti l’invio di armi all’Ucraina. Una posizione che si traduce (ed è figlia) in una maggiore sfiducia nella Nato.
Sul fronte opposto, invece, il gruppo Ecr a cui appartiene Giorgia Meloni che ha espresso senza mai vacillare una posizione decisamente atlantista.
Non mancano però i punti di contatto tra Id ed Ecr, in particolare sui temi dell’immigrazione e della transizione energetica. Anche in questo caso, spiega il professore, le due anime della destra populista da sole non hanno avuto un peso determinante nei passi indietro dell’Ue in materia ambientale: “Il successo di questi gruppi è dovuto al fatto che alcuni dei loro temi preferiti, come l’immigrazione e la critica al Green deal, sono stati ripresi dai partiti che compongono il Partito Popolare Europeo. Ad esempio, il Parlamento europeo ha invertito la rotta sulla lotta al riscaldamento globale, tenendo conto delle opinioni dei nazional-populisti e delle reazioni di alcuni settori della società” – come abbiamo visto con le proteste degli agricoltori da cui è nata la nuova Pac.
All’orizzonte sembra quindi prospettarsi un’alleanza ‘a scadenza’. Nel frattempo, Marine Le Pen vuole stravincere le elezioni e Giorgia Meloni può diventare l’ago della bilancia politica e parlamentare a meno di due settimane dalle elezioni europee di giugno.