Il media-partito, la sfida di Alessandro Tommasi per le Europee

6 mesi fa
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alessandro tommasi

Creare da zero quello che lui chiama un “media-partito”, costruire una rete di volontari, radunare e ascoltare persone nelle principali città d’Italia. Questa è la scommessa di Alessandro Tommasi, imprenditore digitale che negli ultimi mesi ha provato a costruire un nuovo modo di fare politica. Candidato nella lista di Azione al Nord-Ovest (Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta), è stato ospite del podcast di Eurofocus e ci ha raccontato da dove viene e dove dovrebbe andare l’Europa dopo queste elezioni.

“Ho lavorato in Confindustria, al Parlamento europeo, poi ho fatto il consulente di relazioni istituzionali per 5 anni, sempre occupandomi di materie “controvento”, trasporto aereo, digitalizzazione e piattaforme elettroniche. Sono stato responsabile in Italia dei rapporti con le con le Istituzioni per Airbnb. E poi in Europa e Medio Oriente per Lime, i monopattini, durante la fase di lancio. Negli ultimi quattro anni ho fatto l’imprenditore, creando Will, un’azienda media che abbiamo venduto l’anno scorso a Chora e oggi è un bellissimo gruppo di 100 persone. Un anno fa ho iniziato a costruire Nos, la nuova iniziativa politica con la quale mi sono candidato alle Europee”.

Come stai vivendo questa tua prima campagna elettorale, cosa ti dicono le persone che incontri e cosa dici loro per convincerle a votarvi (ci sono altri due candidati nella circoscrizione Italia centrale)?

Stiamo cercando di fare una campagna diversa dal solito, anche perché siamo forse l’unica novità di questa tornata elettorale. Abbiamo fatto degli incontri di ascolto in tutta Italia, che iniziano con un QR code che le persone inquadrano per rispondere ad alcune domande. La prima è “cosa ti tiene sveglio la notte?”. Più o meno il 40% dei partecipanti risponde “l’incertezza del futuro”, che è un composta dal peso del cambiamento climatico, dello shock geopolitico, dello shock energetico, unito al tema del lavoro, delle competenze. La cosa bella è passare i primi 30, 40 minuti di ogni incontro ascoltando le persone che dibattono fra di loro, di queste priorità. Credo che questa sia la più grande diversità: tantissime persone, principalmente tra le 18 e i 35 anni, hanno partecipato ai nostri eventi e il 95% non ha mai fatto politica. Molti dicono che Nos è un motivo per “riattivarsi”, e questa cosa ci riempie il cuore.

Dopo le elezioni, quali sono le prime cose di cui si dovrebbe occupare l’Europa, e qual è la tua idea di Europa?

Serve un’Europa più forte, più integrata, un’Europa veramente federale. Noi abbiamo molte proposte su questi temi. Serve un’Europa che sappia rispondere agli shock di cui ti parlavo poco fa. Vanno ripensati gli organi alla base dell’architettura europea, dobbiamo rendere l’Unione più democratica dando iniziativa legislativa al Parlamento, andare verso un ruolo e una composizione diversa della Commissione, con meno commissari ma più efficienza. Dobbiamo spingere su difesa comune, transizione energetica, produzioni sostenibili, con la giusta dose di pragmatismo ma anche di visione sul futuro. Rivedere il Green deal dove è necessario, ma continuare anche nel ruolo di leader ambientale che l’Unione europea ha acquisito a livello globale. E poi investire su intelligenza artificiale e innovazione, i temi che mi stanno più a cuore. L’Europa ha iniziato come al solito legiferando, scrivendo le regole, ma ora è il momento di parlare di investimenti e di come non rimanere indietro in questo campo.  

Parlando di digitale, le Big tech rimangono sempre big e in Europa non riusciamo a costruire aziende in grado di crescere. È una tendenza che si può invertire?

L’Unione europea, non riuscendo a competere in termini economici, per molto tempo ha puntato su un approccio regolatorio molto forte. Abbiamo fatto il GDPR sulla protezione dei dati, abbiamo fatto il DSA e il DMA per regolare i mercati digitali, adesso è il turno dell’AI Act. Ma questa nuova rivoluzione, quella dell’intelligenza artificiale, impone un approccio diverso, perché prima potevi costruire una big tech a partire da un garage – pensa all’Airbnb di turno – sulla base di una buona idea e anche di un buon mercato del venture capital. Adesso invece servono enormi capitali per non perdere il treno. Non abbiamo unicorni (start-up valutate più di un miliardo di dollari) e ora è il momento di fare qualcosa: serve un’Unione dei capitali, affinché le nostre aziende possano accedere più facilmente ai finanziamenti. Un mercato unico per le start-up. Come dice Mario Draghi, lo shock della digitalizzazione, come quello energetico, può trovare risposta in un po’ di capitale pubblico, ma molto di più deve arrivare dal settore privato.

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