I dati più interessanti (e buffi) delle elezioni europee

1 settimana fa
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Salis Vannacci Quad

Si è tenuta a Binario F, lo spazio romano di Meta dedicato alla formazione digitale, una serata organizzata da Youtrend per analizzare i risultati delle Europee. Con l’occasione, i quattro soci Matteo Cavallaro, Giovanni Diamanti, Davide Policastro, Lorenzo Pregliasco hanno presentato il nuovo logo e “pensionato” Quorum, che da oggi diventa “Youtrend Strategies”.

Pregliasco ha presentato una prima parte di dati, a partire dall’affluenza, un tema “di cui tutti si occupano fino alle 22.59 della notte elettorale e poi si dimenticano fino al voto successivo”. In effetti quel 49,7%, record negativo, è ancora peggiore se si prendono i comuni che votavano solo per le europee, dove si è fermata al 42,4%. Questa è la vera affluenza. Quella totale è condizionata dal “doping” delle comunali e regionali, tanto che dove si votava sia per le amministrative che per Strasburgo, la partecipazione ha superato il 63%.

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Un elemento che fa riflettere è la percentuale di italiani, in assoluto, che ha votato per i partiti. Tra gli aventi diritto al voto, il 13,5% ha messo nell’urna una scheda per Fratelli d’Italia, l’11,3% per il Pd, il 4,7% per i 5 Stelle, il 4,5% per Forza Italia e così via. Considerando che con schede nulle e bianche l’astensione è al 53%, si tratta di dividere a metà (e poi togliere un altro pezzetto) il risultato finale.

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Il record di votanti l’ha avuto Firenze, che eleggeva anche il nuovo sindaco (65,1%) mentre dall’altra parte dello spettro c’è Nuoro (29,8%). Difficile biasimare gli elettori sardi, tra i meno attivi: nella circoscrizione “Italia insulare” sono favoriti i candidati legati alla Sicilia – che ha 5 milioni di abitanti contro gli 1,6 mln della Sardegna – e non è un caso che proprio in Sardegna due candidature come Salis e Vannacci abbiano fatto il pieno di preferenze (relativamente a quelle totali espresse): non avendo candidati forti locali dai tempi di Renato Soru – che nel 2009 andò molto bene – si sono buttati sui nomi di richiamo a livello nazionale. L’attivista ha dominato a Cagliari, il generale a Oristano.

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Parlando di geografia, è davvero notevole registrare che il Pd non ha più il suo fortino nelle “zone rosse” tra Emilia Toscana e Umbria, bensì in Puglia: il risultato di Antonio Decaro, 500mila preferenze nella sola circoscrizione sud, non ha precedenti dal 1994 a oggi. Nel 2019, a Bari, fu il Movimento 5 stelle il partito più votato. Stavolta i dem portano a casa percentuali da urlo in tutta la regione, a parte nella zona di Foggia, terra natale di Giuseppe Conte. Interessante segnalare anche che la provincia in cui la Lega ottiene il risultato migliore è Isernia, in Molise. Grazie al successo di Aldo Patriciello, ex Forza Italia, il Carroccio vede percentuali che un tempo registrava solo nel Lombardo-Veneto. Dove oggi Fratelli d’Italia porta a casa il triplo dei voti. La seconda provincia più “verde” è Catanzaro, tanto che lo stesso Salvini nel day-after ha ribadito di guidare “un partito a vocazione nazionale”.

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Il M5s in queste elezioni ha sofferto per tre motivi legati al suo essere più forte al Sud (è la prima lista nelle province di Napoli, Foggia, Crotone e Cosenza): perché nel Mezzogiorno l’astensione è più alta, perché il ricorso alle preferenze è molto più alto – doppio – rispetto al Centro-Nord, e perché l’elettore grillino tende a non assegnare preferenze. Non avendo candidati abbastanza forti e riconoscibili al di fuori di Pasquale Tridico, a causa del vincolo dei due mandati, il movimento fondato da Grillo ha subito un triplo svantaggio.

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Tra gli studenti fuori sede trionfa AVS (40,4%), seguita dal Pd e da Azione. Peccato si tratti solo di poche migliaia di votanti su una platea potenziale molto più ampia: chissà se al prossimo giro il governo ripeterà l’esperimento. Verdi e Sinistra è ai primissimi posti anche tra gli under 30 (16%), poi “precipita” al 5% in tutte le altre fasce d’età. Il Pd ha il suo risultato migliore tra gli over-70 (28%), proprio come Fratelli d’Italia (29%), che però, a parte i giovani, è forte anche negli altri segmenti.

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Altri dati sparsi: Forza Italia ha ancora uno zoccolo duro siciliano; Azione di Calenda ha superato lo sbarramento nel Nord-Est e in Lucania (effetto Pittella) ma non a Roma, dove il candidato sindaco Calenda aveva preso quasi il 20% a fine 2021; Stati Uniti d’Europa, che ha mancato la soglia per poco, probabilmente per la scelta di non candidare Renzi e Bonino anche nella Circoscrizione Nord-Est, va bene in Toscana, Campania e Calabria; Giorgia Meloni ha fatto benissimo a personalizzare la sua campagna mettendo il suo nome in cima alle liste: al Sud ha preso una valanga di preferenze, e non è detto che Fratelli d’Italia le avrebbe ottenute senza il nome della sua leader; il recordman di preferenze è Cateno De Luca, almeno relativamente al risultato della sua lista-mischione “Libertà”.

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Infine le grandi città, raccontate da Giovanni Diamanti nella seconda parte: Youtrend ha creato un grafico in stile “Forza 4” con i partiti più votati nelle prime 10 città d’Italia dalla prima elezione europea (1979) a oggi. C’è la DC, il PCI, e poi Forza Italia, il Pds, Alleanza Nazionale ecc. La Lega, che nel 2019 ottenne il 34%, non vinse in nessuna grande città, mentre stavolta FdI, con una percentuale totale più bassa (28,8%) conquista Roma e Catania. Palermo resta grillina, le altre sono tutte del Pd (come molte, un tempo, erano del Pci).

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