Quando la guerra diventa speculazione

La Norvegia ha aumentato del 5,8% le esportazioni di gas in Europa ma il fatturato è quintuplicato
2 giorni fa
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Giovanni (20)

La guerra in Ucraina ha costretto l’Europa a rivedere “i Paesi di cui ci può fidare”, citando Mario Draghi, e a rendersi indipendente dal gas russo. Dopo il fatidico 24 febbraio 2022, la Norvegia è diventato il primo fornitore di gas per i Ventisette, ma tutto questo ha avuto un caro prezzo. Consapevoli delle necessità europee, i Paesi esportatori si sono opposti immediatamente all’ipotesi price cap, che avrebbe messo un tetto al prezzo massimo del gas. In quei mesi, il premier norvegese Jonas Gahr Støre, dopo un colloquio telefonico con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, si era dichiarato “scettico” sul tetto al prezzo che, diceva, “non risolverebbe i problemi di approvvigionamento” dell’Europa. 

Più che da una preoccupazione tra alleati (la Norvegia non è Paese Ue, ma è membro Nato), lo scetticismo sembra derivare dall’opportunità. Secondo i dati dell’ufficio statistico norvegese, già nei primi sette mesi 2022, l’export di gas norvegese aveva toccato un valore di 599,3 miliardi di corone, pari 60,1 miliardi di euro: +303% rispetto allo stesso periodo del 2021. Si potrebbe pensare che l’aumento dei ricavi dipenda dalle maggiori vendite, ma non è così.

A luglio dello stesso anno le esportazioni di metano avevano raggiunto il record di 13,26 miliardi di dollari (12,8 miliardi di euro), quattro volte superiori rispetto a luglio 2021, ma il volume di gas venduto era aumentato solo del 5,7% (arrivando a 10,2 miliardi di metri cubi). In quel mese, la Norvegia avrebbe segnato+52,1% di ricavi rispetto allo stesso periodo del 2021, quando aveva esportato in Europa 113,2 miliardi di metri cubi di gas tramite gasdotto.

La Norvegia il gas all’Europa

Nel 2022 la Norvegia ha incrementato leggermente le sue esportazioni, raggiungendo circa 117 miliardi di metri cubi entro la fine dell’anno, ma con i prezzi oltre i 340 euro/MWh ad agosto 2022, con effetti devastanti sulle famiglie e sulle imprese europee. Il caro energia è stato il moto principale dell’inflazione galoppante che ha interessato l’Europa per circa un anno e mezzo.

Nel 2023, la Norvegia ha esportato circa 109 miliardi di metri cubi di gas verso l’Europa, coprendo il 30% del fabbisogno totale dell’Ue. Questo dato indica una leggera diminuzione rispetto al 2022, dovuta a problemi tecnici che hanno occasionalmente interrotto le forniture. Nonostante la riduzione dei volumi, i ricavi sono rimasti elevati, sostenuti da prezzi del gas ancora superiori ai livelli pre-crisi.

Fra il 2021 e il 2024 gli acquisti di metano scandinavo sono cresciuti, in volume, del 5,8% come risulta dalla banca dati del centro studi Bruegel di Bruxelles, ma il fatturato dell’export di gas norvegese è quasi quintuplicato passando da una media di 15,9 miliardi di euro all’anno (2016-2020) a 74,3 miliardi di euro in media all’anno dall’inizio della guerra a dicembre 2024 (dati dell’agenzia statistica di Oslo).

Il price cap e la sua fine

I prezzi sono schizzati a causa dei meccanismi speculativi che si sono innescati sui mercati. I contratti di fornitura prevedono infatti che il costo dell’energia sua basato sul prezzo medio del mercato di Amsterdam (Ttf) del mese precedente. Per porre un argine alla speculazione, nel 2022 l’Ue ha introdotto il meccanismo del price gap, che è scaduto alla fine del mese scorso, proprio mentre i prezzi del metano sul mercato di Amsterdam hanno raggiunto i massimi degli ultimi anni.

Molti Paesi europei temono una nuova ondata speculativa. In Italia, i 2025 si è aperto con i rincari sulle bollette di luce e gas (+2,5% sul gas secondo i dati Arera), una dinamica che ha contribuito al calo della produzione industriale, che in Italia si verifica da 18 mesi consecutivi. Il nostro Paese, va precisato, è uno di quelli meno dipendenti dal gas norvegese, i cui flussi verso l’Italia sono diminuiti nel 2024 per il secondo anno di fila.

Il price cap si sarebbe attivato qualora il prezzo del gas sull’indice olandese Ttf avesse superato i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quello mesile avesse superato di almeno 35 euro il prezzo di riferimento del Gas naturale liquido. Oggi, 14 febbraio 2025, il gas in Italia costa 54,43 euro per megawattora, in ribasso rispetto ai 58,76 euro/MWh di ieri, ma comunque molto alto rispetto al costo pre-guerra in Ucraina.

Anche se non è mai stato attivato, perché il costo del gas non ha mai raggiunto le soglie limite, il price gap fungeva da ‘sentinella’ sul costo del gas. Era quasi un avvertimento a non speculare sull’Europa.
Nonostante i rischi, Bruxelles ha negato la possibilità di prolungare il price gap: “non è attualmente in discussione”, ha dichiarato la portavoce della Commissione europea Anna-Kaisa Itkonen. I vertici dell’Unione europea sembrano preferire altre soluzioni al price gap. Tra queste, spicca l’idea del disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’elettricità. Sul tema, ci sarà più chiarezza dal 26 febbraio, quando Ursula von der Leyen aprirà i lavori del Clean Industrial Deal, il nuovo piano dell’Ue per rilanciare l’agenda verde e garantire energia a costi accessibili.

La Norvegia vuole fare di più per l’Ucraina

Spinto dalla critica internazionale, che ha denunciato come la Norvegia stesse approfittando della guerra in Ucraina, e dall’opposizione, il premier norvegese, Jonas Gahr Støre, ha dichiarato che la Norvegia intende aumentare il suo supporto all’Ucraina, riconoscendo i significativi guadagni ottenuti dalla vendita di gas all’Europa. Durante una conferenza stampa (aprile 2024), Støre ha affermato che il Paese deve “fare di più” per aiutare l’Ucraina, sottolineando che la Norvegia non vuole essere vista come un “profittatore di guerra”. In occasione del quarto vertice Ucraina-Europa del Nord, che si è tenuto in Islanda il 29 ottobre scorso il premier norvegese ha annunciato l’invio di un nuovo pacchetto di aiuti da 500 milioni di euro, di cui oltre la metà sarà destinata all’assistenza militare per l’Ucraina. Un sostegno importante, seppure irrisorio rispetto all’imprevisto arricchimento generato dall’aggressione russa.