C’è maretta in quel di Bruxelles, dopo che la Commissione europea ha inaspettatamente ritirato una bozza di direttiva, a negoziati quasi conclusi, dopo una serie di pressioni da parte dei gruppi di destra al Parlamento europeo. La gestione dell’affaire Green Claims ha scatenato le proteste delle altre componenti della maggioranza, che accusano l’esecutivo Ue di aver obbedito alle direttive delle destre – Partito popolare (Ppe), Conservatori e riformisti (Ecr) e Patrioti. E dal momento che gli ultimi due gruppi non fanno parte della coalizione che ha sostenuto l’elezione della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si profila lo spettro di una crisi della sua maggioranza.
Tutto è iniziato venerdì, quando l’esecutivo Ue ha annunciato che avrebbe ritirato la proposta della direttiva Green Claims senza dare, almeno inizialmente, un parere motivato. Si trattava di misure anti-greenwashing, pensate per garantire trasparenza sulle dichiarazioni di impatto ambientale di prodotti e servizi da parte delle aziende. Domenica era in programma una riunione tra Consiglio, Parlamento e Commissione – il cosiddetto trilogo – in cui ci si aspettava di concludere l’iter negoziale. Ma nei giorni prima Ppe, Ecr e Patrioti avevano inviato lettere alla Commissione per chiedere l’affossamento di questa proposta, sostenendo che avrebbe imposto oneri troppo gravosi ai produttori. Motivazione poi addotta dall’esecutivo Ue, qualche ora dopo l’annuncio, a scandalo già esploso.
La versione di Gozi
Per Sandro Gozi, europarlamentare liberale di Renew Europe e relatore della proposta, non ci sono dubbi: si è trattato di un’iniziativa del Ppe (che in Italia annovera Forza Italia), appoggiato da Ecr (Fratelli d’Italia) e Patrioti (Lega), di bloccare la proposta, appoggiati da “una Commissione che si è prestata a questo gioco”. Così facendo, l’esecutivo Ue ha violato i suoi obblighi istituzionali di imparzialità – “non può prendere istruzioni da nessuno, inclusi i gruppi politici, tantomeno quelli che sono all’opposizione della presidente” – e di motivare le sue scelte, spiega a Eurofocus.
“La motivazione adotta qualche ora dopo, quando erano nel panico, è ridicola, perché il punto che dovevamo discutere in questa riunione era proprio se esentare le micro-imprese”, racconta l’eurodeputato. “La posizione del Parlamento europeo era molto chiara: il mio mandato era di esentarle”, in linea con quanto richiesto dal centrodestra. Dunque la mossa della Commissione “non è negoziato europeo, è teatro dell’assurdo alla Ionesco: ho l’assoluta certezza che avremmo ottenuto l’esenzione delle micro-imprese, come anche la semplificazione delle procedure e un adattamento dell’attuazione delle regole e dell’entrata in vigore del regolamento alle esigenze delle piccole imprese. Quindi, dal punto di vista del merito, tutto sbagliato”.
Gozi ha pochi dubbi anche sulla concatenazione degli eventi. “Coincidenza delle coincidenze: prima Ppe, Ecr e Patrioti hanno tentato di convincermi a bloccare il negoziato, poi hanno tentato di spingere la Commissione a ritirare il provvedimento con quelle tre lettere”. Infine, l’esecutivo Ue ha annunciato il ritiro “in maniera assolutamente dilettantesca, per poi tirarsi indietro” dopo che, nel corso del fine settimana, da Roma è arrivata la direttiva di non sostenere più il negoziato a livello di Consiglio dell’Ue, facendo venir meno la maggioranza necessaria per portare avanti la proposta e bloccando, di fatto, il suo progresso.
“Antonio Tajani non è il ministro dell’ambiente, almeno credo. Perché ha dato l’istruzione ai suoi diplomatici qui a Bruxelles di cambiare posizione? Per eseguire le direttive del Ppe, per fare un favore a von der Leyen? Io non ho le prove, ma mi sembra molto evidente che l’Italia all’improvviso ha cambiato posizione“, evidenzia l’europarlamentare. Roma, “come noi, era critica di alcuni aspetti del provvedimento; come noi voleva migliorarlo, come noi voleva la semplificazione, come noi voleva l’esenzione delle micro imprese. Come mai, tutto ad un tratto, ha cambiato posizione e lasciato la presidenza polacca [del Consiglio dell’Ue] senza una maggioranza?”.
Effetto valanga
Anche l’annuncio inaspettato della Commissione si è rivelato essere il primo anello di una catena di eventi che potrebbe avere conseguenze durature. Il presidente del Ppe Manfred Weber ha risposto alle critiche di socialisti e iberali, gli altri due grandi gruppi nella maggioranza che sostenne von der Leyen, esortandoli a “guardare a quello che succede fuori dalla bolla di Bruxelles” e dipingendo l’affossamento della direttiva Green Claims come una scelta pragmatica, pensata per alleggerire le imprese da una parte e arginare i partiti populisti che si nutrono degli eccessi del Green Deal.
Renew e S&D, da parte loro, accusano Weber di avallare quegli stessi populisti lavorando con loro in un numero crescente di ambiti. Mercoledì la leader dei socialisti, Iratxe García Perez, ha incontrato personalmente von der Leyen per avvertirla che senza un “impegno reale e pubblico” a lavorare con i gruppi della coalizione centrista, l’unica altra opzione è quella di sottrarsi dalla maggioranza. “Siamo la seconda famiglia dentro al Parlamento europeo, quindi i nostri voti contano”, ha ricordato la leader del Partito democratico, Elly Schlein, giovedì; “Se il Ppe non si sente vincolato a un patto di maggioranza con le forze pro-europee, tantomeno ci sentiremo vincolati noi”.
“Io credo che adesso occorra un chiarimento”, riassume Gozi parlando a Eurofocus. “Innanzitutto Weber, Tajani e gli altri devono dirci con chi vogliono lavorare. Se loro vogliono lavorare con l’estrema destra, con i sovranisti di Alternativ für Deutschland, con il Rassemblement National, con Vox, in bocca al lupo: ma non lo faranno con noi. Se invece vogliono lavorare con noi devono rispettare i patti e le priorità”. La direttiva Green Claims rientrava nel novero delle priorità, aggiunge, perché la Commissione aveva già ritirato a inizio anno le direttive che non avrebbe portato avanti. Era “evidente che le forze di maggioranza fossero tenute a modificare e migliorare la bozza, cosa che abbiamo fatto”, ma l’atteggiamento del Ppe rappresenta “una violazione del patto di fiducia”, aggiunge.
Quando si potrà testare la tenuta della “maggioranza Ursula”? A settembre ci sarà occasione, spiega l’eurodeputato liberale, ricordando che si terrà il discorso sullo Stato dell’Unione europea, con annesso dibattito al Parlamento Ue, in cui la presidente della Commissione dovrà ribadire le sue priorità. “Mi sembra l’occasione perfetta per fare chiarezza, in un senso o nell’altro. Al momento io devo constatare che la maggioranza non c’è”.
E la direttiva Green Claims?
Adesso il dossier è bloccato per la troppa incertezza. Lunedì, dopo il ritiro del supporto italiano, la Commissione si era detta disposta a riprenderlo in mano se si fossero sistemati gli elementi relativi al peso burocratico per le micro-imprese. Ma a Bruxelles sono in pochi a credere che la direttiva abbia futuro. E a soffrirne, secondo l’europarlamentare di Renew, saranno sia i consumatori che le imprese che rispettano le regole.
L’accantonamento della direttiva, “non è un danno al Green Deal o alle forze che lo sostengono; è un danno enorme ai consumatori, a chi è disposto a spendere un pochino di più per comprare dei prodotti che sono presentati come verdi, sostenibili e invece sono delle frodi”, spiega Gozi. Ed è anche un danno “a tutte quelle imprese – grandi, medie, piccole e micro – che invece producono veramente in maniera sostenibile, che fanno degli sforzi, che ne fanno un fattore di competitività, e che oggi non hanno la possibilità di distinguersi da chi invece vende fumo”, rimanendo esposte alla concorrenza sleale “di cinesi, americani e compagnia” che praticano greenwashing.