Con un voto che segna una svolta nella politica francese, il governo di Michel Barnier è stato sfiduciato dall’Assemblea Nazionale, mettendo fine a un mandato di soli 2 mesi e 29 giorni. Questo evento rappresenta una crisi profonda per il sistema politico del presidente Emmanuel Macron e apre interrogativi sul futuro della governance in Francia. La mozione di sfiducia, approvata con 331 voti favorevoli rispetto alla maggioranza richiesta di 289, è la prima a ottenere successo dal 1962, sottolineando un cambiamento nella dinamica politica del Paese.
La sfiducia è arrivata in un contesto di forte polarizzazione politica e stallo istituzionale. Al centro del dibattito, una legge di bilancio per la previdenza sociale imposta dal governo senza il voto parlamentare, vista come un atto autoritario da molte forze politiche. L’insieme di partiti di estrema destra e sinistra, guidati rispettivamente da Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon, ha unito le forze in un’alleanza definita da Macron “anti-repubblicana”.
Marine Le Pen ha giustificato il suo sostegno alla mozione definendo il bilancio proposto “tossico” e accusando il governo di non aver ascoltato l’opposizione. Mélenchon, dal canto suo, ha sottolineato come questo sia il sintomo di un sistema politico che sta implodendo sotto la guida di Macron, affermando: “Anche con un Barnier ogni tre mesi, Macron non durerà tre anni“.
Il discorso di Macron
Nel discorso alla nazione, Macron ha ribadito il suo impegno a portare a termine il mandato presidenziale fino al 2027, escludendo categoricamente le dimissioni richieste dall’opposizione. Ha descritto il voto di sfiducia come un atto di “caos politico”, attribuendo la responsabilità alle forze di estrema destra e sinistra che, secondo lui, hanno scelto il disordine piuttosto che una collaborazione costruttiva.
Per rispondere all’impasse politica, Macron ha annunciato l’intenzione di nominare un nuovo primo ministro nei prossimi giorni, incaricato di formare un “governo di interesse generale” capace di rappresentare tutte le forze politiche disponibili al dialogo. Una “legge speciale temporanea”, prevista entro metà dicembre, garantirà la continuità dei servizi pubblici e il funzionamento dello Stato, mentre il bilancio per il 2025 sarà adeguato in base alle linee guida approvate nel 2024.
La reazione dell’opposizione e dei cittadini
Le dimissioni di Barnier e la crisi del governo hanno scatenato un acceso dibattito sull’efficacia del sistema politico francese. I socialisti, per voce del loro leader Olivier Faure, si sono detti pronti a negoziare con Macron, sebbene con richieste di concessioni su temi come le pensioni. Faure ha però escluso il coinvolgimento di Mélenchon e della France Insoumise, considerati eccessivamente radicali.
Un recente sondaggio commissionato da Le Figaro evidenzia che il 59% dei francesi è favorevole alle dimissioni di Macron, mentre solo il 40% sostiene che il presidente debba rimanere in carica. Questo dato riflette una crescente insoddisfazione tra i cittadini, alimentata dalla percezione di un sistema bloccato e dalla fragilità dei governi che si sono succeduti durante il mandato di Macron.
Un Parlamento frammentato
Il Parlamento francese, diviso e privo di una maggioranza stabile, rappresenta un ulteriore ostacolo alla stabilità politica. Macron ha già sperimentato la difficoltà di governare con un’Assemblea Nazionale frammentata, dove il compromesso sembra più un’utopia che una realtà. Nonostante ciò, non ci saranno nuove elezioni legislative fino a luglio 2024, lasciando il presidente con il difficile compito di trovare soluzioni temporanee per portare avanti il suo programma.
Con oltre due anni di mandato presidenziale rimanenti, Macron si trova a un bivio. La scelta del prossimo premier sarà cruciale per tentare di superare lo stallo e ridurre le tensioni politiche. Tuttavia, il panorama appare complesso: da un lato, il Rassemblement National e il Front Populaire cercano di capitalizzare il malcontento popolare; dall’altro, i socialisti sembrano più inclini al dialogo, pur richiedendo compromessi significativi.
Il presidente ha paragonato la ricostruzione politica necessaria al restauro di Notre Dame, simbolo di resilienza e volontà comune. Ma la strada verso una stabilità duratura appare tutt’altro che chiara, e i prossimi giorni saranno determinanti per capire se Macron riuscirà a guidare la Francia fuori da questa crisi o se l’opposizione continuerà a guadagnare terreno.