Un disegno di legge in Georgia ha portato cinquantamila cittadini nella piazza della capitale Tbilisi, domenica scorsa. Bandiere nazionali e europee, cori contro la Russia: la Georgia protesta contro la “Legge sulla trasparenza delle influenze straniere” da oltre un mese. Ribattezzata “legge russa”, la proposta somiglierebbe al provvedimento preso dal Cremlino nel 2012 e che portò alla rivoluzione ucraina nel 2014.
Al centro della legge, che sarà votata oggi 14 maggio in Parlamento, c’è uno scrutinio ai finanziamenti della stampa nazionale e delle campagne politiche e delle sanzioni a chi riceve almeno il 20% di fondi da enti esteri. La legge assumerebbe la forma di un bavaglio per chi dimostrerà dissenso politico? Per i georgiani, dei quali 80% vorrebbe l’adesione all’Unione europea, questo provvedimento ha il sapore di una censura che va in direzione opposta all’ingresso Ue. Le limitazioni alla libertà di espressione preoccupano Bruxelles.
Bandiere europee a Tbilisi
Sventolano le bandiere europee nelle piazze della Capitale georgiana dal 9 aprile, giorno durante il quale il partito conservatore Sogno Georgiano ha presentato la legge in Parlamento, ribattezzata oggi “legge russa”. Da oltre un mese, i cittadini continuano a inondare le strade della città per esprimere il proprio dissenso. La polizia è intervenuta per disperdere i manifestanti: pompe ad acqua, gas lacrimogeni, proiettili di gomma. La scorsa notte altri 20 arresti, tra cui due cittadini statunitensi e uno russo. Impossibile non associare la situazione georgiana a quanto accaduto nel 2014 in Ucraina con la Rivolta di Euromaidan, che ha portato al conflitto odierno. Euromaidan scoppiò dopo la decisione dell’allora governo di Kiev, filorusso, di sospendere le trattative tra Ucraina e Unione europea sul libero scambio.
Il disegno di legge
Nonostante le manifestazioni pubbliche dei cittadini, nella giornata di ieri, il parlamento georgiano ha adottato un passaggio procedurale in pochi minuti, affinché il disegno di legge venisse esaminato e approvato dalla Commissione Giustizia del Parlamento georgiano, “senza fare neanche una domanda”. La presidente della Georgia Salomé Zurabishvili ha già espresso il proprio parere e si è opposta alla normativa con un veto, anche se non è sufficiente. Il partito Sogno Georgiano possiede la maggioranza sufficiente per annullare il veto presidenziale.
Chi ricevere il 20% dei finanziamenti da soggetti esteri, come organizzazioni Ong e media, sarà soggetto a obblighi di rendicontazione ingenti e sanzioni amministrative in caso di non conformità. Lo prevede la nuova legge il cui scopo è quello di annullare “un’influenza straniera dannosa” per la scena politica del Paese.
La reazione di Bruxelles
Bruxelles ha immediatamente reagito. Lo scorso 7 maggio, Joseph Borrell ha ricevuto una lettera firmata da trenta europarlamentari che chiedevano la revoca dello status di candidato membro a Tbilisi: “Il costante atteggiamento antidemocratico delle autorità georgiane ha superato il limite. Vi chiediamo gentilmente di intraprendere questo compito in via prioritaria e di garantire che questa valutazione pubblica appaia prima del voto finale del parlamento georgiano”, si legge nella lettera, firmata dai ministri degli Affari esteri di Repubblica ceca, Danimarca ed Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia e Svezia.
Tbilisi 11 May pic.twitter.com/KT6vKavi4V
— Salome Zourabichvili (@Zourabichvili_S) May 11, 2024
“Dentro o fuori” dall’Ue?
La Georgia ha lo status di “Paese candidato” all’ingresso dell’Unione europea da dicembre 2023. Con questo disegno di legge, in caso di approvazione, l’adesione potrebbe non avvenire. Le vicende politiche georgiane, infatti, preoccupano Bruxelles da anni. La stessa Ursula von der Leyen in questi giorni ha manifestato il suo dissenso nei confronti di quanto sta accadendo nelle piazze della capitale Tblisi. I manifestati, secondo quanto affermato dal primo ministro Irakli Kobakhidze, saranno processati per comportamenti violenti.