Dopo due mesi la Francia ha un nuovo esecutivo, ma Barnier guida un governo sotto pressione

Troppo macronista, troppo a destra, ma anche non abbastanza a destra. Piovono le critiche sul governo, e su un punto sinistra e destra concordano: Macron ha ignorato il voto popolare
4 giorni fa
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Barnier Michel
Michel Barnier (Jeanne Accorsini/SIPA/IPA/Fotogramma )

Tanto rumore per nulla. Mesi di caos politico seguiti all’elezione lampo a sorpresa di luglio, indetta dal presidente francese Emmanuel Macron dopo la pesante sconfitta subita al voto europeo di giugno, hanno prodotto un nuovo esecutivo che cambia poco la sostanza del precedente. Dopo 67 giorni dal voto, la Francia si ritrova con un governo essenzialmente macronista e spostato a destra, tanto da essere il più a destra degli ultimi dieci anni secondo i commentatori politici.

Troppo macronista, troppo a destra, ma anche non abbastanza a destra: il nuovo esecutivo presta il fianco alle critiche sia della sinistra, che le elezioni di luglio le ha vinte, sia della destra radicale, che al momento lo appoggia dall’esterno ma come ‘sorvegliato speciale’. Entrambe concordano su un punto: Macron ha ignorato il voto popolare.

Critiche da destra e da sinistra

Jean-Luc Melenchon, leader de La France Insoumise, frangia estremista della coalizione di sinistra Nouveau Front Populaire che ha vinto le elezioni, ha subito commentato a proposito della squadra di Barnier: “Sbarazziamocene il prima possibile“. “Il cast del nuovo film catastrofico macronista è annunciato” continua il post in cui si denuncia il fatto che sia un governo di “quelli che hanno perso alle elezioni legislative” che non ha “né legittimità, né futuro”.

Mentre Jordan Bardella, che guida Rassemblement National, ha sentenziato: “Il governo Barnier è un ritorno dalla porta di servizio al macronismo senza alcun futuro“. “Ciò che i francesi hanno democraticamente sancito, per due volte, non può essere revocato con deplorevoli giochi di apparati e calcoli politici – ha scritto su X – è quindi un governo senza futuro”.

Al di là della forma però, la sostanza è che Rn ha il potere di vita e di morte sul governo, in quanto dai suoi voti dipende la sua sopravvivenza, e questo è non solo un cambio di passo che regala un inedito ruolo di ‘kingmaker’ alla formazione di Marine Le Pen, ma è anche un paradosso se si pensa che al risultato delle lezioni di luglio si è arrivati con accordi di desistenza proprio in funzione anti-Rn, per tenerla fuori dal governo.

Il nuovo governo francese

Il nuovo esecutivo è stato presentato sabato dal segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler. Tra conferme e novità, dei 17 ministri sette fanno parte di ‘Ensemble!’, la coalizione centrista di Macron e tre dei Repubblicani.

Barnier ha piazzato ministri ‘alle prime armi’ in alcune posizioni chiave, tra cui gli affari europei e il bilancio, segno che su queste vuole mantenere un suo diretto controllo. Il premier, infatti, ha esperienza di Unione europea, essendo stato commissario ed avendo negoziato la Brexit per conto dell’Ue: un’esperienza che potrà tornargli utile per gestire la procedura per deficit eccessivo che pende sulla Francia.

Ecco la lista dei ministri:

Economia, Finanze e Industria: Antoine Armand, come detto una figura ‘junior’, dovrà occuparsi di temi molto delicati come le politiche fiscali e il prossimo bilancio 2025
Europa e Affari Esteri: Jean-Noël Barrot, appartenente al Movimento Democratico centrista alleato di Macron, impegnato nella trasformazione digitale e negli affari europei e internazionali.
Interno: Bruno Retailleau, conservatore, dovrà occuparsi di sicurezza nazionale, immigrazione e applicazione della legge ed è noto per posizioni intransigenti sull’immigrazione tanto da essere stato tacciato in passato di razzismo
Difesa: conferma per Sébastien Lecornu in un ruolo fondamentale vista la guerra in Ucraina, l’idea di realizzare una difesa comune europea e i rapporti con la Nato
Affari europei: Benjamin Haddad, alleato di Macron
Cultura e Patrimonio: conferma per Rachida Dati
Istruzione nazionale: Anna Genetet
Salute e Accesso alle Cure: Genevieve Darrieussecq
Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste: Annie Genevard
Transizione Ecologica, Energia, Clima e Prevenzione dei Rischi: Agnès Pannier-Runacher
Giustizia: Didier Migaud
Partenariati Territoriali e Decentramento: Catherine Vautrin
Solidarietà, Autonomia e Parità di Genere: Paul Christophe
Edilizia e Rinnovamento Urbano: Valérie Létard
Lavoro e Occupazione: Astrid Panosyan-Bouvet
Sport, Gioventù e Vita Comunitaria: Gil Avérous
Istruzione Superiore e Ricerca: Patrick Hetzel
Funzione Pubblica, Semplificazione e trasformazione del settore pubblico: Guillaume Kasbarian

“Una squadra, subito al lavoro”. Così ha scritto Barnier su X, con le bandierine di Francia e Ue, pochi minuti dopo l’annuncio della lista dei ministri.

L’esperto: “Un governo precario, senza pesi massimi”

Secondo Jean Pierre Darnis, professore alla Luiss di Roma e all’università di Nizza, quello messo in piedi da Barnier “è un governo precario, senza pesi massimi, il cui orizzonte temporale appare limitato all’estate“.

Spiega Darnis all’Adnkronos: “A parte i riconfermati Rachida Dati e Sébastien Lecornu, per la maggior parte si tratta di deputati giovani, che hanno lavorato bene in Parlamento ma che non hanno esperienza di governo”. Infatti, osserva l’esperto, “i leader dei partiti sono rimasti fuori per non bruciarsi in vista delle prossime presidenziali“.

“Il governo annunciato resta un governo di minoranza – sottolinea Darnis – perché è un governo fatto da macronisti ed esponenti dei repubblicani che non allarga la maggioranza precedente” con il sostegno esterno dell’Rn. Un governo spostato a destra, perché “su Barnier c’è stato il nulla osta di Marine Le Pen, che ha fatto sapere per il momento di non volerlo censurare, quindi fino all’estate dovrebbe reggere”. A giugno 2025, infatti, sarà possibile indire nuove elezioni.

Le linee guida di Barnier ai ministri

Intanto il primo consiglio dei ministri, ha reso noto l’Eliseo, si tiene oggi pomeriggio, dopo che la colazione di governo organizzata per stamattina da Barnier a Matignon, come ha reso noto Bfmtv. Nell’occasione, il premier ha condiviso alcune linee guida per i nuovi ministri, che dovranno essere ”irreprensibili e modesti”, ”agire piuttosto di parlare” e ”agire prima di comunicare”, ma anche ”non vantarsi, per favore” del proprio operato.

Barnier ha anche chiesto ‘‘rispetto per tutti i nostri concittadini e per tutti i partiti politici”, invitando a ”dare ascolto a tutti”. Il premier ha quindi spiegato che ”questo governo sarà repubblicano, progressista ed europeo”

Intanto un primo effetto del nuovo governo è stato l’annuncio da parte di Eric Ciotti che dal primo ottobre non sarà più presidente del gruppo Les Républicains (Lr). Intervistato da Rtl, Ciotti ha anche anticipato che voterà ”una mozione di censura se ci sono tasse che colpiscono sia i francesi che le imprese”. Ma non vuole votare in fretta, ha aggiunto, ”vedremo la composizione del bilancio. Abbiamo sempre detto ‘nessun caos, nessuna censura preventiva’. Siamo rispettosi”.

In un’intervista a Le Figaro ha spiegato la sua volontà di lasciare la guida dei repubblicani affermando che il nuovo esecutivo in Francia ”non è un governo di convivenza. E’ un governo macronista, con alcuni Lr come garanti e alibi”.

Il primo ottobre discorso all’Assemblea Nazionale: bilancio sott’occhio

Ora il primo grande test politico per Barnier sarà il primo ottobre, quando terrà il suo discorso all’Assemblea Nazionale, illustrando i prossimi passi del suo governo. Giovedì scorso l’ufficio del primo ministro ha rilasciato una dichiarazione in cui si affermava che la priorità sarà data al miglioramento degli standard di vita, alla sicurezza e al controllo dell’immigrazione, al rafforzamento dell’attrattività economica della Francia, all’ambiente e alla gestione del debito francese.

E proprio qui cade uno dei nodi principali: il timore è che Barnier possa aumentare le tasse per ridurre il crescente deficit francese, salito al 5,6% del PIL nazionale nel 2024, anche se lui ha smentito a France 2: “Non ho intenzione di aumentare ulteriormente le tasse a tutti i francesi, che già pagano le tasse più alte di tutti i nostri partner europei”, non escludendo però di chiedere uno sforzo agli “individui più ricchi” e alle “grandissime aziende”.

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