Fine del gas russo: l’Europa ha un piano (ed è già iniziato)

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen: "Misure chiare per chiudere il rubinetto e porre fine per sempre all'era dei combustibili fossili russi in Europa"
13 ore fa
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Dan Jørgensen
Dan Jørgensen, commissario europeo per l'Energia e l'Edilizia (© European Union 2024 - Fonte: EP)

Entro il 2027 l’Unione europea sarà libera dal gas russo, ponendo fine alla sua decennale dipendenza dall’ingombrante vicino per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico. Questo almeno è l’obiettivo annunciato dalla Commissione il mese scorso con la RoadMap di REPowerEU e ribadito martedì dal commissario europeo per l’Energia Dan Jørgensen durante la conferenza stampa seguita alla riunione dei ministri dell’Energia a Lussemburgo.

Il commissario ha elencato i risultati fino ad oggi: “Nel 2022 importavamo il 51% del carbone dalla Russia, oggi zero (le sanzioni prevedono un divieto totale, ndr); 2021 acquistavamo (dalla Federazione, ndr) il 45% del gas – sia GNL, gas naturale liquefatto, che tramite gasdotto -, oggi siamo al 13% e andrà a zero; nel 2022 sul petrolio eravamo al 27% , oggi al 3% e questo 3% sarà oggetto di attenzioni”.

Tuttavia, nonostante questi progressi, l’Unione nel 2024 ha registrato una ripresa delle importazioni di gas russo, con 52 miliardi di metri cubi (32 miliardi da gasdotto e 20 miliardi di GNL) e 13 milioni di tonnellate di petrolio greggio immessi nel proprio mercato.

“Lo scorso anno l’Unione europea ha pagato 23 miliardi di euro alla Russia per le importazioni energetiche: sono 1,8 miliardi al mese. Questo deve finire”, ha sottolineato Jørgensen chiarendo che si tratta di una situazione che mette a rischio l’Europa e avvantaggia la Federazione, che può finanziare la guerra contro l’Ucraina.

Martedì è stata dunque presentata una proposta di legge, che segue la tabella di marcia REPowerEU, per portare a zero entro il 2027 l’acquisto di gas, petrolio e materiali connessi alla produzione di energia nucleare da Mosca, indipendentemente dall’andamento della guerra in Ucraina. Perché, ha spiegato il commissario in conferenza stampa, “la Russia ha ricattato l’Ue e dunque non è un partner affidabile. A prescindere dalla pace, che ci auguriamo tutti ci sia, il divieto rimarrà”.

Cosa prevede la proposta legislativa

Un’eliminazione graduale:

Sono tre i punti fondamentali della proposta legislativa: la gradualità dell’operazione – per garantire la stabilità del mercato e dell’approvvigionamento – ha evidenziato Jørgensen -, un sistema di monitoraggio e i l’obbligo per i Ventisette di predisporre piani di diversificazione nazionale secondo le proprie specificità. Nel dettaglio:

dal 1° gennaio 2026 saranno vietate le importazioni di gas russo sulla base di nuovi contratti (conclusi dopo il 17 giugno 2025), mentre è prevista la cessazione completa delle importazioni di gas russo in base a tutti i contratti esistenti entro la fine del 2027.
• per quanto riguarda i contratti di fornitura a breve termine esistenti, il divieto si applicherà a partire dal 17 giugno 2026 per gli importatori che possono dimostrare alle autorità doganali che sono stati conclusi prima del 17 giugno 2025 e non sono stati modificati successivamente. Questo perché il rischio per la sicurezza economica derivante da tali contratti è basso.
• per quanto riguarda i contratti a lungo termine, il divieto si applicherà a partire dal 1° gennaio 2028, a condizione che gli importatori possano dimostrare che tali contratti siano stati firmati prima del 17 giugno 2025 e non siano stati modificati successivamente. Questo perché gli importatori titolari di contratti a lungo termine potrebbero aver bisogno di più tempo per trovare forniture alternative.
• lo stesso periodo di transizione, necessario per trovare nuovi fornitori, dovrebbe applicarsi anche ai contratti di fornitura a breve termine per i Paesi senza sbocco sul mare collegati a contratti a lungo termine con la Russia.
• dal 1° gennaio 2026 saranno vietati i servizi di terminale GNL per i clienti russi o controllati da imprese russe. Ciò contribuirà a riorientare la capacità del terminale verso fornitori alternativi affidabili per l’Europa. Per i servizi forniti nell’ambito di contratti a lungo termine firmati prima del 17 giugno 2025, il divieto si applicherà a partire dal 1° gennaio 2028.

Secondo la Commissione, questo dovrebbe portare a ridurre di un terzo le forniture ancora esistenti di gas russo, entro la fine dell’anno.

Quanto alle preoccupazioni degli importatori, che si troveranno a dover rescindere dai contratti a lungo termine con Mosca, il commissario ha rassicurato: “Abbiamo deliberatamente formulato questa legislazione e utilizzato una base giuridica che la rende un divieto e quindi una situazione di forza maggiore per le società in questione – e questo significa che non sono legalmente responsabili, non sono loro che stanno violando un contratto”. Ma le perplessità rimangono.

Monitoraggio

La proposta prevede anche un sistema di tracciamento e monitoraggio del gas russo nei mercati dell’Ue, in modo da far rispettare il divieto: gli importatori dovranno fornire alle autorità doganali informazioni riguardanti l’origine del gas, l’identità del fornitore, nonché i punti di entrata e di consegna delle forniture di GNL. Altrimenti sarà considerato gas russo.

I piani nazionali di diversificazione

Nelle intenzioni della Commissione, l’eliminazione sarà “graduale e ben coordinata con i Paesi membri”, e a tal fine chiede agli Stati di predisporre piani nazionali di diversificazione in cui vengano definite “misure e tappe precise per la graduale eliminazione delle importazioni dirette o indirette di gas russo”.

Una strada in salita: il niet di Ungheria e Slovacchia

La proposta della Commissione, che il mese prossimo sarà seguita da un pacchetto legislativo specifico, ha davanti a sé degli ostacoli che, come spesso accade nel blocco, hanno le fattezze di Ungheria e Slovacchia. I due Paesi, privi di sbocchi sul mare, sono russofili e dipendono ancora molto dalle forniture energetiche della Federazione, dunque potrebbero creare problemi all’iniziativa.

Nonostante si tratti di modifiche approvabili a maggioranza qualificata, i due presidenti Viktor Orban e Robert Fico minacciano di porre il veto in modo indiretto, giocandoselo su questioni chiave per la quali è necessaria l’unanimità. Come ad esempio le sanzioni alla Russia.

Non a caso Jørgensen in conferenza stampa ha precisato che le misure previste “non sono una sanzione legata all’aggressione russa. Si tratta di un divieto che introduciamo perché la Russia ha ricattato l’Ue e dunque non è un partner affidabile. A prescindere dalla pace, che ci auguriamo ci sarà, il divieto rimarrà. C’è differenza, anche giuridica, tra sanzioni e provvedimenti commerciali”.

Ma intanto i rappresentanti ungheresi e slovacchi hanno bloccato l’adozione delle conclusioni del Consiglio relative al piano. Di conseguenza la presidenza polacca ha dovuto rilasciare una dichiarazione priva del sostegno unanime.

“Bruxelles vuole rendere impossibile per i Paesi europei l’acquisto di gas e petrolio a basso costo”, ha detto il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó sui social media.

Il nucleare

Tassello fondamentale per realizzare l’indipendenza energetica è poi il nucleare: l’Unione ha ancora bisogno dell’uranio russo per le proprie centrali nucleari. Secondo i calcoli del think tank Bruegel, si parla del 38% dell’uranio arricchito e del 23% dell’uranio grezzo, nel 2023. Inoltre Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria e Slovacchia hanno proprio reattori di progettazione russa alimentati con combustibile russo. Tutti, tranne l’Ungheria, hanno firmato contratti per forniture alternative, ma i tempi per lo switch sono lunghi.

“Non è sostenibile dipendere dal nucleare russo, non ho tempi fissati oggi ma ci stiamo lavorando rapidamente e dobbiamo farlo in stretta collaborazione con gli Stati membri in questione, tenendo conto delle possibilità sul mercato per questa fornitura”, ha chiarito ancora Jørgensen.

Il prossimo mese dovrebbero essere presentate misure per limitare le importazioni di uranio arricchito dalla Russia. Intanto Paesi come la Francia stanno cercando alternative, mentre l’Italia sta preparando una storica svolta che la riavvicinerebbe a questa fonte energetica, bandita dal Paese dopo il referendum del 1987.

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato: “La Russia ha ripetutamente tentato di ricattarci trasformando in armi le sue forniture energetiche. Abbiamo adottato misure chiare per chiudere il rubinetto e porre fine per sempre all’era dei combustibili fossili russi in Europa”.