Elezioni in Romania, perché il filo-russo Georgescu è stato escluso. Scontri in piazza

Scontri e polemiche dopo la decisione dell'Ufficio elettorale. Ora Georgescu può presentare ricorso, mentre la tensione nel Paese cresce
2 giorni fa
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Călin Georgescu (Afp)

La Romania sprofonda sempre più nel caos. Călin Georgescu, il nazionalista filo-russo e anti Ue, vincitore a sorpresa del primo turno delle elezioni presidenziali lo scorso novembre, poi annullate, non potrà partecipare alla ripetizione del voto il prossimo maggio. La decisione è stata presa ieri dall’Ufficio centrale elettorale (Bec) in quanto Georgescu è indagato per false dichiarazioni finanziarie e istigazione ad azioni contro l’ordine costituzionale.

Dopo la decisione, migliaia di manifestanti si sono riversati in piazza e si sono scontrati con la polizia con lancio di petardi, pietre e bottiglie.

Perché l’ufficio elettorale ha bloccato Georgescu

Il Bec ha motivato la propria decisione sostenendo che Georgescu in occasione delle elezioni di novembre abbia violato le regole elettorali del Paese e che dunque che sia “inammissibile ritenere che la stessa persona soddisfi le condizioni per diventare presidente della Romania“.

Per l’Ufficio, non rispettando le regole della procedura elettorale, Georgescu “ha violato l’obbligo stesso di difendere la democrazia“, che si basa su elezioni “giuste, oneste e imparziali”.

Cosa era successo

Lo scorso 24 novembre in Romania si è tenuto il primo turno delle elezioni presidenziali (oltre a quelle legislative), vinto a sorpresa e ampiamente da Georgescu. Tuttavia nei giorni seguenti, i servizi segreti del Paese hanno riscontrato indizi di interferenze russe nel voto e di una campagna orchestrata ad arte su TikTok (a pagamento) per favorire il candidato estremista a scapito degli altri. Georgescu, oltre a negare l’esistenza di tale operazione di propaganda, durante la campagna elettorale non aveva dichiarato alcun finanziatore e aveva detto che la sua attività sui social era stata a costo zero.

Ma dopo che il presidente Klaus Iohannis aveva desecretato i documenti di intelligence relativi alle interferenze, la Corte costituzionale è arrivata a prendere una decisione epocale e inedita: il 6 dicembre ha annullato il primo turno delle presidenziali (il secondo non si era tenuto).

La decisione ha dato vita a molte polemiche e ha contribuito a minare la sfiducia delle istituzioni in un Paese già molto scettico e per ragioni storiche incline al complottismo, dove negli ultimi anni è montato un sentimento anti-establishment. Un aspetto questo che spiega in parte il consenso di cui gode Georgescu, ancora ieri dato in vantaggio nei sondaggi.

L’ultra-nazionalista, che aveva tentato senza successo di ottenere il sostegno della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), si presenta infatti come vittima di un sistema corrotto e punta sul malcontento nei confronti dei partiti tradizionali.

Romania Scontri Polizia sostenitori Georgescu
Scontri tra la polizia e i sostenitori di Călin Georgescu (Afp)

La scorsa settimana ha dunque presentato la sua candidatura per la nuova tornate elettorale del 4 maggio, nonostante l’incertezza sulla sua ammissibilità a causa delle imputazioni già confermate a suo carico. La Procura, infatti, lo ha formalmente incriminato per la creazione di un’organizzazione fascista e per aver mentito sulla provenienza dei fondi della sua campagna elettorale.

In ogni caso, mentre depositava la sua candidatura davanti alla Commissione elettorale, secondo quanto riportato dall’emittente Tvr Georgescu ha affermato: “Il 6 dicembre 2024 la democrazia è stata assassinata, e oggi il popolo romeno l’ha resuscitata”.

Ma intanto in poche ore venivano depositati dei ricorsi contro la nuova candidatura, tutti respinti dalla Corte Costituzionale perché ritenuti “infondati” e non conformi alle “condizioni di procedura previste dalla legge”.

Georgescu indagato

Come anticipato, a carico di Georgescu è stato aperto un procedimento: il 26 febbraio è stato fermato dalla polizia e interrogato in merito al suo ruolo nei finanziamenti sulla sua campagna elettorale. Infine è stato rilasciato ma posto sotto controllo giudiziario per 60 giorni, durante i quali non potrà lasciare il Paese. Le accuse sono molto gravi:

• istigazione ad azioni contro l’ordine costituzionale
• comunicazione di informazioni false
• false dichiarazioni in forma continuativa (in materia di fonti di finanziamento della campagna elettorale e dichiarazioni patrimoniali)
• promozione, in pubblico, del culto di persone colpevoli di crimini di genocidio contro l’umanità e crimini di guerra, nonché di idee, concezioni o dottrine fasciste, legionarie, razziste o xenofobe
• inizio, costituzione o sostegno di un’organizzazione a carattere fascista, razzista o xenofobo, antisemita.

Allo stesso tempo la polizia ha proceduto a 47 perquisizioni nelle contee di Sibiu, Mureș, Timiș, Ilfov e Cluj e indagato 27 persone accusate anch’esse di vari reati, tra cui azioni contro l’ordinamento costituzionale e la creazione, costituzione o sostegno a un’organizzazione a carattere fascista, razzista o xenofobo. Secondo i media romeni, tra loro ci sarebbero sostenitori di Georgescu e Horațiu Potra, che lavora nel suo staff di sicurezza. Le forze dell’ordine hanno trovato armi, biglietti per la Russia e denaro contante dal valore di un milione di euro.

Progettavano un colpo di Stato filo-russo, 6 arresti

Non finisce qui. La settimana scorsa sei persone sono state arrestate con l’accusa di stare architettando un colpo di Stato nel Paese per mettere in piedi un governo pro-russo. Secondo l’indagine dell’Agenzia romena contro la criminalità organizzata, il gruppo si sarebbe costituito nel 2023 e avrebbe “ripetutamente contattato agenti di una potenza straniera, situati sia sul territorio della Romania che della Federazione russa”, con l’obiettivo di minare la “sovranità e l’indipendenza” dello Stato, “compromettendo politicamente la capacità di difesa del Paese”.

Interferenze Usa

La decisione del Bec arriva dopo che nelle ultime settimane gli Stati Uniti, sotto la guida di Donald Trump, hanno esercitato pressioni sui funzionari romeni per ottenere la partecipazione di Georgescu alle elezioni di maggio.

Lo stesso vicepresidente JD Vance, alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, ha colto l’occasione per criticare la democrazia romena, definita poco salda se non regge all’urto della propaganda via social. Anche il superconsigliere di Trump, Elon Musk, si è più volte espresso sulla situazione in Romania, e dunque ieri ha fatto conoscere il suo parere sulla decisione del Bec, definendola “una follia” sul suo social X.

Intanto, mentre Elena Lasconi, presidente del partito di centro-destra Unione Salvate la Romania, arrivata seconda al voto di novembre, ha nuovamente chiesto chiarimenti, in questo caso al Bec: “Le decisioni devono essere spiegate, altrimenti le persone diventeranno furiose, sospettose e inclini a cospirazioni“, ha avvisato.

Quanto al diretto interessato, Georgescu ne ha fatto un discorso di portata più ampia, tramite X: “Se la democrazia in Romania cade, cadrà l’intero mondo democratico!“, ha scritto, sostenendo che l’Europa sia una dittatura e la Romania una tirannia.

Georgescu ha tuttavia un’altra chance: la Corte costituzionale romena, alla quale ha presentato appello contro il Bec, ha tempo fino a mercoledì per pronunciarsi con una decisione definitiva, ovvero contro la quale non è previsto appello.

L’estrema destra ha un ‘piano B’

Se la Suprema Corte accogliesse il ricorso, respingendo quanto stabilito dal Bec, Georgescu correrebbe alle elezioni del 4 maggio, in vantaggio nei consensi secondo i sondaggi.

Se invece dovesse confermare la decisione, il filo-russo sarebbe definitivamente escluso dal voto. A questo punto si creerebbe un vuoto che l’estrema destra non ha nessuna intenzione di lasciare ai suoi avversari politici. George Simion, leader del partito di estrema-destra Alleanza per l’Unione dei Romeni – Aur (di cui faceva parte lo stesso Georgescu prima di essere mandato via), potrebbe perciò diventare protagonista, anche se come ‘piano B’, e scendere in campo per il fronte ultranazionalista, in modo da coagulare e ‘capitalizzare’ il malcontento popolare e la rabbia dei sostenitori di Georgescu.

Simion in questi giorni ha gridato al ‘colpo’ di Stato’ ed è arrivato a chiedere “punizioni esemplari in piazza” per i responsabili dell’esclusione del candidato populista dal voto. Oggi ha poi specificato che intendeva dire che i funzionari in questione dovrebbero essere spogliati dei loro privilegi. Simion e Georgescu, che oggi avrebbero discusso della situazione, hanno anche diffuso un video congiunto, invitando a non ricorrere alla violenza.

“Noi, come partito, vogliamo attenerci alle nostre promesse e prendere in considerazione la volontà del popolo”, ha sottolineato Simion, avvertendo che, se nemmeno lui scendesse in campo, “il sistema” si sarebbe tolto “due piccioni con una fava”.

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