Paura instabilità per la Francia all’indomani del primo turno delle elezioni lampo francesi, indette dal presidente Emmanuel Macron dopo la pesante sconfitta subita alle europee di inizio giugno. Domenica prossima il secondo e definitivo turno.
La prima tornata di ieri ha confermato i sondaggi, con Rassemblement Nazional (RN) primo partito (29,2% dei voti, 33,1% in totale per l’estrema destra con Les Républicains di Eric Ciotti), il Nouveau Front Populaire (NFP) secondo (27,9%) e staccato Ensemble, la coalizione centrista del presidente (20%).
RN non ha – al momento – guadagnato la maggioranza assoluta, e in queste ore tutti i partiti stanno chiamando al voto l’elettorato. E subito dopo i primi exit poll ieri sera una parola è diventata predominante nel dibattito (oltre a incertezza): desistenza.
Desistenza in corso
Il sistema elettorale francese infatti è congegnato in modo che al secondo turno, se nessuno ha vinto il primo con almeno il 50% delle preferenza, vada chi ha ottenuto almeno il 12,5% degli elettori registrati, quindi anche tre o quattro candidati. A questa tornata è record: oltre 300 triangolari e un quadrangolare. Un fenomeno dovuto alla forte affluenza alle urne, pari 66,71% degli aventi diritto, che ha abbassato la percentuale di voti ”espressi” necessaria per qualificarsi al secondo ‘giro’: 19%.
Ecco quindi che in funzione anti-estrema destra, macroniani e sinistra si stanno accordando per rinunciare ad alcuni candidati – in modo strategico ovviamente – in modo da massimizzare le possibilità di vittoria al secondo turno. Tutto da vedere poi se i candidati in questione si faranno davvero da parte.
In ogni caso, come ha evidenziato Celia Belin, responsabile e Senior Policy Fellow dell’ECFR Parigi, “il Nouveau Front Populaire ha annunciato all’unanimità che ritirerà sistematicamente i suoi candidati quando sarà in terza posizione e sosterrà l’alternativa non-RN, con l’obiettivo di prevenire le vittorie dell’estrema destra”.
Invece “il campo di Macron – ha continuato – si è rifiutato di fare lo stesso su base sistematica a causa della presenza di candidati de La France Insoumise in alcuni casi, stabilendo un’equivalenza morale tra i partiti di Mélenchon e Le Pen. Questo, a sua volta, può aumentare la confusione degli elettori anti-RN sulla migliore linea d’azione”.
“Le profonde divisioni e l’animosità tra il campo di Macron, Les Républicains e il Nouveau Front Populaire rendono improbabile una “maggioranza alternativa” che governi dal centro”, sostiene Belin, anche in considerazione del fatto che “al potere, Macron non è stato in grado di scendere a compromessi o costruire una coalizione di governo con la destra o negoziare sulla sua piattaforma. L’impennata travolgente dell’estrema destra, combinata con un piccolo ma resiliente raggruppamento di Les Républicains, suggerisce che la maggioranza più probabile sarà in questo campo”.
L’instabilità francese può favorire l’Italia
Ma se al secondo turno si confermasse una maggioranza che non dia stabilità, la cosa si potrebbe riflettere sui mercati, in Europa e in Italia? L’instabilità in Francia può aprire una fase di instabilità pericolosa per il nostro Paese?
Di questo – e altri temi – si è discusso ieri sera durante la ‘notte elettorale’ che si è tenuta al Palazzo dell’informazione dell’Adnkronos a Roma, durante la quale i vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli hanno analizzato in diretta gli exit poll e le prospettive per il futuro di Francia e non solo.
I mercati hanno già fatto mostra di non gradire l’instabilità, e di temere meno un governo di destra che uno di sinistra. Sicuramente le promesse ‘scassabilancio’ del Nouveau Front Populaire fanno tremare più di un polso, visti i problemi della Francia con il debito pubblico e la recente apertura di una procedura d’infrazione proprio a tale riguardo.
Eppure, ha spiegato Carlo Passarello di geopolitica.info, “sarebbe un’ingovernabilità parziale, perché il perno, ovvero il presidente, resta. Più che ingovernabilità c’è incertezza degli scenari che potrebbe essere un problema a livello europeo; infatti, si sono sbrigati a fare le nomine per i top job anche se poi il voto per questi ultimi avverrà comunque dopo la fine delle elezioni francesi”.
Sull’Italia invece può impattare “nel senso che per Meloni è una grande occasione avere un altro governo forte di destra, non perché ci siano in automatico convergenze con Le Pen e Bardella ma perché significa poter dare un messaggio agli altri leader europei che lei è necessaria. Se può danneggiarci per i mercati, l’incertezza, le prospettive non definite, può però dare maggiore potere contrattuale all’Italia”, ha continuato.
Dello stesso parere Thibault Muzergues dell’International Republican Institute, intervenuto nel corso della serata: “Per Meloni è un’opportunità di mostrare la sua importanza. Oggi a Vienna Orban ha annunciato la formazione di un nuovo eurogruppo, i Patrioti d’Europa, quindi hanno già il numero di parlamentari e i requisiti necessari, il partito è già costituto. Questo cambia la configurazione: c’è una destra populista con Orban, una responsabile con Meloni ed ECR e poi un centro destra di governo del PPE”.
“Meloni con queste destre in crescita in tutta Europa dimostra che occorre lavorare con lei come male minore, per lei è una grande opportunità. Tra i quattro Paesi più grandi d’Europa, l’Italia con la Polonia è quello col governo più stabile”, ha concluso.
L’impatto dell’incertezza sull’Europa
E rimanendo a livello europeo, ha detto Passarello: “Sarà interessante capire Scholz (il cancelliere tedesco, ndr) come orienterà le sue azioni d’ora in avanti. Sappiamo che è in difficoltà sotto certi punti di vista anche in maniera peggiore rispetto a Macron, però la Germania è una cultura politica e istituzionale differente e quindi lui ha una strada davanti a sé e ha un partito popolare in casa molto forte e forte anche a livello europeo ed è chiaro che lui continuerà ad appoggiarsi a Macron e a cercare di tenere in piedi un asse franco-tedesco. Non ha tante alternative in questo momento”.
“L’unico altro interlocutore forte su cui potrebbe contare sarebbe la Spagna che però non la spina dorsale politica ed economica, né una rete forte a livello europeo e quindi diciamo che per Scholz è una necessità. Che poi questo possa essere funzionale a portare avanti determinate scelte è più complesso”, ha continuato l’esperto.
“Oggi Orban ha lanciato un nuovo eurogruppo: la destra europea è molto spacchettata perché oltre a questo si parla di un gruppo che può avere come perno AfD. Oggi Le Pen giustamente dal suo punto di vista rivendica un successo ma l’iniziativa di Orban in realtà pone Identità e Democrazia a un bivio: è una famiglia europea che vuole continuare per la sua strada o Le Pen e Salvini sono destinati a due destini diversi, magari Salvini con Orban e Le Pen con Meloni? Perché da questo può dipendere tanto di quello che può riguardare il futuro della Francia con una coabitazione o anche in una prospettiva di elezione presidenziale”.
Certo bisogna capire, come ha specificato Rutelli, “se poi Giorgia Meloni vuole mettersi Marine Le Pen dentro ECR perché oggi quello della premier è il primo partito dentro ECR, mentre se arriva Le Pen con i suoi deputati diventa lei la nuova capa”.
E c’è anche un’altra fondamentale variabile che incombe su tutta la situazione: il voto per confermare Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea: per Le Pen la tedesca è la grande responsabile di tutto quello che è andato male in Europa negli ultimi cinque anni. Quindi c’è una grossa divisione fra lei e Meloni, cioè sul fatto che VDL sia o meno il nome giusto. Al momento di esprimersi per le nomine dei top jobs Meloni si è astenuta su VDL, ma l’Europarlamento dovrà poi votare e se Meloni e il suo gruppo, anche se solo la parte italiana, si esprimeranno a favore, “da questo poi si capirà cosa succederà dopo”, ha rimarcato Rutelli.
Passarello d’altra parte ha concluso con pragmaticità: ”Sappiamo che la politica cambia i posizionamenti”.