L’Unione europea torna nel mirino di Donald Trump. Con un post pubblicato oggi su Truth Social, il presidente degli Stati Uniti ha annunciato l’intenzione di imporre una tariffa fissa del 50% su tutti i beni provenienti dall’Ue a partire dal 1° giugno 2025, accusando il blocco dei 27 Paesi membri di “barriere commerciali ingiuste”, “manipolazioni monetarie” e “cause legali contro le aziende americane”.
“Le nostre discussioni con loro non porteranno a nulla!”, ha scritto Trump, motivando la misura con lo squilibrio commerciale tra Usa e Ue, che – secondo lui – genera un deficit di oltre 250 miliardi di dollari l’anno – anche se i dati ufficiali del Dipartimento del Commercio lo fissano a 236 miliardi nel 2024.
Mercati in caduta libera
Le principali Borse del continente chiudono così la giornata in forte calo: l’indice della Borsa tedesca, chiamato Dax, è sceso del 2,6%; quello della Borsa di Parigi, il Cac 40, ha perso il 2,8%; mentre l’indice della Borsa di Londra, noto come Ftse 100, è calato dell’1,3%. Milano è la peggiore, con un calo del 3,07% che la fa scivolare sotto alla soglia dei 40mila punti (39.020).
Anche negli Stati Uniti, gli investitori si sono mostrati molto preoccupati: i “future” del Dow Jones – una sorta di previsione su come andrà la Borsa americana – sono crollati di oltre 600 punti, pari a una perdita dell’1,4%.
Questo tipo di reazione indica un forte nervosismo tra gli operatori finanziari, che temono un’escalation della tensione tra Europa e Stati Uniti. In pratica, i mercati stanno già anticipando gli effetti negativi di una possibile guerra commerciale, dove ogni Paese alza barriere e dazi contro l’altro, danneggiando le esportazioni e rallentando la crescita economica.
Tariffe “reciproche” e negoziati al palo
La nuova misura rappresenta un netto irrigidimento della posizione americana. La Casa Bianca aveva già testato ad aprile una tariffa “reciproca” del 20%, poi sospesa in attesa di negoziati. Ma Trump ha dichiarato che i colloqui “non hanno prodotto nulla”, e ha accusato l’Ue di agire attraverso barriere commerciali non monetarie, Iva penalizzante, tasse digitali e normative che colpiscono soprattutto i colossi tech americani come Google, Meta, Amazon e Microsoft.
I settori europei più a rischio
Per l’Europa, e in particolare per l’Italia, l’annuncio è una doccia fredda. L’Ue – secondo i dati del Consiglio – ha esportato verso gli Stati Uniti beni per 531,6 miliardi di euro nel 2024, generando un surplus commerciale di 198,2 miliardi. I comparti più colpiti rischiano di essere:
- Farmaceutica: vale il 22,5% dell’export Ue negli Usa. È il settore più redditizio per le imprese europee, che qui vendono a prezzi più alti che nel mercato interno. Se incluso nelle tariffe “generalizzate”, l’impatto sarebbe devastante.
- Meccanica e automotive: veicoli e macchinari rappresentano quasi il 10% dell’export europeo. Tariffe al 50% metterebbero fuori mercato molte produzioni europee, tra cui i motori ad alta tecnologia italiani.
- Agroalimentare: solo l’Italia ha esportato oltre 6 miliardi di euro tra cibo, vino e prodotti agricoli. È un settore che non può delocalizzare, e che rischia di essere soppiantato da prodotti più economici non Made in Italy.
- Moda e lusso: più flessibile sui prezzi, ma fino a un certo punto. Un rialzo eccessivo delle tariffe potrebbe spingere i consumatori americani verso marchi alternativi.
Allarme imprese italiane: 23 mila vulnerabili
Il rischio, però, non è solo settoriale. Secondo il Rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat, sono ben 23 mila le imprese italiane vulnerabili alla domanda estera, perché concentrate su pochi mercati e prodotti, con un’alta dipendenza dall’export. Di queste, 3.300 esportano principalmente negli Usa, generando 10 miliardi di euro di fatturato e impiegando 415 mila lavoratori.
In gioco non c’è solo l’export, ma la tenuta del modello industriale italiano, che negli ultimi 15 anni ha compensato la stagnazione della domanda interna con la crescita all’estero. Un dazio del 50% può significare, per molte aziende, la perdita improvvisa del principale mercato extra-Ue.
Ue cauta, in attesa di contatti diplomatici
Al momento la Commissione europea mantiene una posizione prudente. Olof Gill, portavoce del Commissario al Commercio Maroš Šefčovič, ha dichiarato che la Commissione aspetta di concludere una conversazione con l’omologo americano Jamieson Greer prima di commentare. Nessuna data certa, ma secondo Reuters la chiamata dovrebbe tenersi entro la giornata.
La minaccia di Trump si inserisce in un contesto di crescenti tensioni globali, tra guerre valutarie, reshoring produttivo e protezionismi emergenti. Ma per l’Italia, tra surplus strutturale verso gli Usa, filiere esposte e Piccole e medie imprese specializzate, è una questione esistenziale.
Se prima l’internazionalizzazione era un vantaggio competitivo, oggi può diventare un punto di vulnerabilità. L’Italia, e con essa l’Europa, dovrà decidere se reagire con misure simmetriche – e rischiare una guerra commerciale – o cercare con urgenza un compromesso diplomatico.