È crisi di governo in Germania. Dopo mesi traballanti, la coalizione semaforo del cancelliere Olaf Scholz è arrivata al capolinea. Ultimo atto: il licenziamento da parte di Scholz, mercoledì sera, del ministro delle Finanze Christian Lindner e poi la conferma: a gennaio chiederà al Bundestag la fiducia.
L’eliminazione di Lindner infatti butta fuori dalla coalizione l’Fdp, il Partito Liberale Democratico di cui è anche leader, e dunque per il governo, ora in minoranza, si rende necessario il voto di fiducia. Il Parlamento federale dovrebbe esprimersi il 15 gennaio e, in caso di voto sfavorevole, il presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier avrebbe 21 giorni per sciogliere la Camera e convocare le elezioni – da tenersi entro 60 giorni. In sostanza, i tedeschi andrebbero a votare al massimo nella prima settimana di aprile 2025, laddove la scadenza naturale della legislatura è a settembre.
Sarebbe la quarta volta nella storia della Bundesrepublik che si ricorre a elezioni anticipate, dopo quelle del 1972, del 1983 e del 2005.
Ora l’Fdp ritirerà quattro suoi ministri dal gabinetto, tranne Volker Wissing, titolare dei Trasporti, che ha annunciato di voler rimanere all’interno dell’esecutivo e dunque di uscire dal partito. Mentre a sostituire Lindner ci sarà Jörg Kukies, uomo fidato del cancelliere. Scholz dunque rimane alla guida di un esecutivo di minoranza composto dal suo Spd (socialdemocratici) e dai Verdi.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso
La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le divergenze sulla spesa e sulle riforme economiche che da sempre dividono la coalizione: Lindner e il suo Fdp ritengono che il governo debba rispettare il rigido tetto al debito pubblico previsto anche nella Costituzione, mentre i suoi alleati vogliono stimolare l’economia e dare impulso all’industria tedesca, che sta attraversano una fase a dir poco problematica (vedi il settore auto), da almeno un paio di anni.
Quello che di nuovo è successo questa settimana è che il secondo mandato di Trump e la minaccia di una nuova guerra commerciale rischiano di avere un forte impatto sulla situazione già asfittica dell’economia tedesca; quindi, Scholz ha tentato con degli escamotages di bypassare il divieto costituzionale di finanziare a debito le misure governative.
Ma Lindner ha detto no: per i liberali, invece di emettere nuovo debito, si potrebbero prendere i soldi dai programmi sociali, dai tagli alla spesa pubblica e dalla riduzione delle politiche climatiche, proposte inaccettabili per i socialdemocratici di Scholz e per i Verdi.
Scholz: “Da Lindner meschine tattiche politiche di partito”
“Cari concittadini, avrei voluto risparmiarvi questa difficile decisione, soprattutto in tempi come questi, in cui l’incertezza cresce”, ha affermato Scholz in una dichiarazione alla cancelleria. La crisi arriva infatti in concomitanza con la vittoria di Trump alle elezioni Usa, che teneva da mesi l’Ue in ansia, trasformatasi adesso in preoccupazione.
Tuttavia, ha chiarito ancora il cancelliere: “Troppo spesso il ministro Lindner ha bloccato le leggi in modo inappropriato, troppo spesso si è impegnato in meschine tattiche politiche di partito. Troppo spesso ha tradito la mia fiducia”. Lindner “non ha mostrato alcuna volontà di realizzare nessuna delle nostre proposte”, ha continuato Scholz.
L’ormai ex-ministro da parte sua ha sottolineato che “Scholz ha fallito a lungo nel riconoscere la necessità di un nuovo risveglio economico nel nostro Paese. Ha minimizzato a lungo le preoccupazioni economiche dei nostri cittadini”.
Elezioni in un contesto precario
Sebbene la crisi non sia una sorpresa per nessuno, considerando sia l’eterogeneità della coalizione semaforo sia le lotte intestine che già dal 2021 la dilaniavano proprio per la differenza di vedute, lo scoppio è stato improvviso.
Tuttavia un sintomo delle sempre maggiore precarietà della coalizione era anche evidente dal gradimento del cancelliere tra i tedeschi, al minimo storico, e i risultati in caduta libera dei tre partiti alle elezioni che sono tenute in Sassonia, Turingia e Brandeburgo lo scorso settembre. In particolare, i liberali, anche se sono sempre stati un piccolo partito, veleggiano adesso verso l’irrilevanza politica, avendo ottenuto meno di quel 4% che è la soglia di sbarramento per accedere al Bundestag.
A ora, è altamente improbabile che Scholz passi il voto di fiducia, perciò ci si attende un nuovo governo guidato dal partito di centro-destra Christian Democratic Union (Cdu) di Friederich Merz, che attualmente è ampiamente in testa nei sondaggi e che ha spostato il partito sempre più a destra.
E ci si chiede, per quanto prematuro, se l’Union governerà da sola o se cercherà il supporto dei neo-nazisti dell’Afd, che negli ultimi anni hanno raccolto sempre più consensi, come dimostrano gli exploit alle elezioni europee di giugno e in tre Laender orientali a settembre. Nei loro confronti c’è sempre stato un deciso cordone sanitario, ma le cose potrebbero cambiare.
Scholz intanto conta di prendere tempo fino a gennaio e ricompattare il partito in modo da recuperare qualcosa alle elezioni di primavera, ma naturalmente le opposizioni stanno già facendo pressione per anticipare al più presto il voto. In primis i cristiano-democratici della Cdu/Csu, ma anche la sinistra radicale di Die Linke, il nuovo partito rossobruno di Sahra Wagenknecht, Bsw, senza dimenticare appunto l’estrema destra di Alternative fuer Deutschland, che hanno tutto l’interesse a cavalcare il consenso costruito negli ultimi tempi.