Alla fine del 2023, i Paesi dell’Unione europea avevano utilizzato meno di un terzo dei fondi messi a disposizione dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (Rrf), il principale strumento di finanziamento dell’Ur creato per affrontare l’impatto economico della pandemia di Covid-19.
Questo ritardo nell’assorbimento dei fondi rischia di compromettere il completamento dei progetti previsti, come avverte un nuovo rapporto della Corte dei conti europea.
Fondi a rischio?
L’Rrf, istituito nel febbraio 2021 con una dotazione complessiva di 724 miliardi di euro, è stato progettato per finanziare riforme e investimenti in sei settori prioritari, tra cui la transizione verde e la trasformazione digitale.
L’obiettivo era quello di rafforzare la ripresa post-pandemia e migliorare la resilienza economica e sociale degli Stati membri. Tuttavia, nei primi tre anni di operatività, l’attuazione dei progetti ha subito gravi ritardi, mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Secondo il rapporto della Corte dei conti, il 2023 si è chiuso con soli 213 miliardi di euro erogati dalla Commissione europea alle casseforti nazionali, una cifra ben lontana dalle aspettative. Di questi, solo circa la metà è effettivamente giunta ai destinatari finali, tra cui imprese, enti pubblici e scuole.
Nello specifico, Stati membri hanno previsto di completare traguardi e obiettivi relativi al 39% di tutti gli investimenti e al 14% di tutte le riforme previste nel 2026, durante gli ultimi otto mesi del periodo di attuazione dell’Rrf. l’analisi dei singoli Stati membri rivela che 16 di essi prevedevano di completare i traguardi e gli obiettivi relativi ad almeno il 30% dei propri investimenti solo nel 2026, con valori che andavano dal 30% nel caso della Spagna al 62% nel caso dell’Italia e al 70% in quello della Polonia.
Questo dato evidenzia non solo la lentezza nell’assorbimento dei fondi, ma anche la difficoltà di far arrivare le risorse là dove sono realmente necessarie. “Un assorbimento tempestivo dell’RRF è indispensabile per evitare strozzature nell’esecuzione delle misure verso la fine del ciclo di vita del dispositivo e per ridurre il rischio di spese inefficienti e irregolari”, ha dichiarato Ivana Maletić, membro della Corte responsabile dell’audit. “Siamo a metà percorso, e i paesi dell’Ue hanno utilizzato meno di un terzo dei fondi disponibili, raggiungendo solo una frazione dei traguardi e degli obiettivi prefissati.”
I ritardi rallentano gli Stati: esempi (italiani) di misure “irrealizzabili”
La Corte segnala che i ritardi sono dovuti a diversi fattori, tra cui l’inflazione, carenze di approvvigionamento, incertezze normative e una capacità amministrativa spesso insufficiente. Alla fine del 2023, solo il 70% delle richieste di pagamento previste erano state presentate, e per un ammontare inferiore di circa il 16% rispetto alle previsioni. In sette Paesi, non era stato ancora trasferito alcun finanziamento per il conseguimento dei traguardi e degli obiettivi.
Il rapporto della Corte ha messo in guardia dal rischio che, con l’approssimarsi della scadenza dell’Rrf nel 2026, l’accumulo di investimenti non realizzati possa aggravare ulteriormente i ritardi.
Infine, la Corte ha sottolineato che gli esborsi non riflettono necessariamente la quantità e l’importanza dei traguardi e degli obiettivi raggiunti. Ciò significa che potrebbero essere stati versati fondi ingenti senza che le misure corrispondenti siano state completate, con il rischio che gli Stati membri non completino i progetti entro i tempi previsti.
Il caso italiano (e non solo)
Un esempio di misure complesse la cui riuscita dipende da cause esterne è proprio in Italia. Nel Bel Paese è stato ritardato l’obiettivo di notificare l’aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per la costruzione di 2.500 stazioni di ricarica rapida per veicoli elettrici entro il secondo trimestre del 2023, in quanto nessun soggetto aveva presentato domanda per una parte della misura. “Ciò era imputabile principalmente alla carenza di materie prime. L’Italia ha poi formulato la proposta di rinviare questa parte della misura, che è stata accettata dalla Commissione”, si legge nel report.
E ancora, il Pnrr italiano comprendeva un investimento per lo sviluppo di infrastrutture per la produzione di energia elettrica offshore, con il ricorso anche a tecnologie sperimentali che utilizzano le correnti e il moto ondoso per generare energia pulita. “A seguito di consultazioni pubbliche e di ulteriori indagini da parte delle autorità italiane – continua il report -, è emerso che il processo di autorizzazione dei progetti beneficiari della misura era incompatibile con il periodo di attuazione dell’Rrf. Le autorità italiane hanno pertanto formulato la proposta di eliminare la misura dal Pnrr, che la Commissione ha accettato previa valutazione”.
Infine, il Pnrr dell’Italia comprendeva un investimento per la costruzione di un certo numero di chilometri di infrastrutture di trasporto pubblico in determinate aree metropolitane. Nel corso dell’audit, le autorità italiane hanno espresso preoccupazione in merito al tempestivo adempimento della misura, anche perché uno dei progetti non poteva rispettare il principio Dnsh (Do No Significant Harm, cioè che non arrechi danni significativi all’ambiente), in quanto situato in un’area vulcanica. “Hanno infine chiesto di modificare la misura eliminando i riferimenti specifici a uno dei siti in cui l’infrastruttura sarebbe stata sviluppata e di sostituire l’obiettivo iniziale con un traguardo per aggiudicare il contratto. La Commissione ha accettato tale proposta”, conclude il report.
Ma non solo Italia. In Spagna l’obiettivo intermedio di ristrutturare 231.000 abitazioni entro la fine del 2023 è stato ritardato da una domanda di lavori di ristrutturazione inferiore al previsto a causa dell’inflazione e, in particolare, dal forte aumento dei prezzi delle materie prime. Durante il processo di modifica del Pnrr, la Spagna ha pertanto proposto di posticipare di un anno la data di scadenza dell’obiettivo intermedio, ma anche di ridurre da 510.000 a 410.000 il numero totale di ristrutturazioni da completare nell’ambito della misura. Previa valutazione, la Commissione ha accettato entrambe le proposte.
Mentre il Pnrr della Romania comprendeva un investimento per la costruzione di una rete di distribuzione predisposta per l’idrogeno. Tuttavia, durante la visita di audit, le autorità rumene hanno espresso preoccupazione per il fatto che l’investimento non sia del tutto adatto alla tempistica dell’Rrf. Le ragioni principali addotte sono state la sua natura innovativa e le incertezze relative al quadro giuridico e operativo, nonché i vari rischi di attuazione connessi a questioni tecniche. Al momento dell’audit non erano stati compiuti progressi su questo investimento e le autorità rumene hanno avanzato la proposta, poi accettata dalla Commissione, di eliminare dal Pnrr la sottomisura relativa alla costruzione della rete di distribuzione di gas rinnovabili.