Difesa comune confermata (o quasi). Ma a quale costo? Così il Consiglio europeo si arena sui finanziamenti

Vertice concluso, ambizioni confermate. Ma sul nodo del finanziamento, il silenzio del Consiglio europeo pesa
8 ore fa
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Consiglio Europeo

Vertice concluso, ambizioni confermate. Ma sul nodo del finanziamento, il silenzio del Consiglio europeo pesa. Dopo il vertice Nato all’Aja, tenutosi nelle scorse 48 ore, l’obiettivo del 5% del Pil in spesa militare entro il 2035 da parte dell’Unione europea ha trovato un impegno unanime.

Su questa linea, i leader europei riunitisi oggi a Bruxelles hanno adottato conclusioni che rilanciano l’ambizione di una difesa comune. Tuttavia, il nodo cruciale, quello legato al finanziamento, è stato ancora una volta rimandato.

Difesa, ma a quale costo?

Germania e Paesi Bassi hanno sbarrato la strada a qualsiasi ipotesi di obbligazioni comuni, mentre Italia e Francia insistono per non archiviare la questione. “Assolutamente no”, ha tagliato corto una fonte diplomatica europea, sintetizzando la posizione dei più rigoristi. Il risultato? Un compromesso che lascia tutto in sospeso.

Il Consiglio ha comunque accolto con favore l’adozione del ‘regolamento Safe’, che prevede prestiti comuni fino a 150 miliardi di euro, e l’attivazione delle clausole di salvaguardia nazionali. Ma per i Paesi già sotto procedura per deficit, queste clausole rischiano di essere un boomerang: attivarle significherebbe ritardare l’uscita dalla procedura stessa.

Nel documento finale si sottolinea la necessità di “investire meglio insieme” e si invita a coordinare l’attuazione degli impegni assunti anche in sede Nato. Si chiede inoltre ai colegislatori di esaminare “rapidamente, al fine di raggiungere un accordo in tempi rapidi, la proposta di incentivare gli investimenti nel settore della difesa nel bilancio dell’Ue e di portare avanti i lavori sulla proposta di affrontare le sfide in materia di sicurezza nel contesto della revisione intermedia della politica di coesione, ricordando al contempo la base volontaria di tale utilizzo dei fondi”.

Base volontaria che trova nella sovranità ribadita di alcuni Stati la sua piena attuazione. La Spagna, ad esempio, “è un Paese solidale” nei confronti degli altri membri dell’Alleanza atlantica, “ma è anche un Paese sovrano. Questo è l’equilibrio che troviamo nella dichiarazione” approvata ieri all’Aja dal vertice Nato. A confermare la propria linea è il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, a margine del Consiglio Europeo a Bruxelles.

“Rispetteremo gli impegni di capacità – ha aggiunto il leader – concordati con la Nato venti giorni fa. Il Ministero della Difesa ci dice che quelle capacità rappresentano il 2,1% del Pil. Questo impegno è assolutamente compatibile con l’impegno di sostenere e rafforzare il welfare in Spagna. Manterremo quello che è scritto nella dichiarazione e quello che è stato concordato”, ha concluso.

Così come, il Belgio, Paese con un elevato debito pubblico in rapporto al Pil, si è detto “abbastanza soddisfatto dei risultati” del summit Nato, perché “abbiamo ottenuto le agevolazioni che avevamo chiesto”. Il primo ministro belga Bart de Wever, a margine del Consiglio Europeo a Bruxelles, ha aggiunto: “Chiedevamo più tempo per aumentare la nostra spesa per la difesa, un po’ più di flessibilità, nessun percorso fisso di crescita incrementale e anche una valutazione nel 2029 della nostra situazione attuale. Questi tre elementi sono stati adottati al vertice. Quindi non siamo così contenti di dover spendere così tanto di più, ma capiamo che è necessario, e le agevolazioni che abbiamo chiesto le abbiamo ottenute”.

I temi sul tavolo del Consiglio europeo

A rendere il quadro ancora più complesso, oggi sul tavolo del Consiglio, c’è il contesto geopolitico: la guerra in Ucraina, le tensioni in Medio Oriente, i dazi americani in bilico. L’Unione ha già destinato quasi 160 miliardi di euro a Kiev, di cui oltre 59 in aiuti militari. E ora si trova a dover conciliare la solidarietà esterna con la sostenibilità interna.

Inoltre, considerate le minacce alle altre frontiere dell’Ue, il Consiglio europeo ha sottolineato l’importanza di investimenti in questo settore, e ha invitato la Commissione e l’Alto rappresentante a “presentare ulteriori proposte per rafforzare la mobilità militare, consentendo così lo spostamento efficiente di personale e attrezzature per la difesa in tutta l’Unione”. Per questo, l’importanza di collaborare con partner che “condividono i nostri obiettivi di politica estera e di sicurezza” è fondamentale. A tale proposito, i recenti partenariati conclusi dall’Ue con il Regno Unito e il Canada, meritano menzione.

Il Consiglio europeo esaminerà i progressi compiuti nella riunione dell’ottobre 2025 e discuterà le prossime tappe nell’attuazione del suo obiettivo di prontezza in materia di difesa.

In sintesi, l’Europa vuole armarsi, ma non ha ancora deciso chi- e come – dovrà realmente pagare il conto. E mentre i leader si dividono tra rigore e ambizione, sovranità statali e fondi comuni, il tempo – e la storia – non aspetta.