A Bruxelles, l’insediamento della seconda Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen è minacciato da una fase di incertezza che ha portato a un vero e proprio stallo politico. Le audizioni dei sei vicepresidenti esecutivi in pectore avrebbero dovuto concludere l’iter di valutazione del Parlamento Europeo, ma invece hanno innescato uno scontro feroce tra i gruppi parlamentari, in particolare tra i Popolari e i Socialisti. Questa crisi istituzionale, che appare tutt’altro che vicina a una risoluzione, solleva domande sulla capacità della Commissione di garantire stabilità e coesione in un momento cruciale per il futuro dell’Unione Europea.
La nomina di Fitto e i veti dei socialisti
Al centro del conflitto vi è la nomina di Raffaele Fitto, attuale ministro degli Affari Europei del governo Meloni. Sebbene considerato adatto alla carica di Commissario alla Coesione, il suo eventuale incarico come vicepresidente esecutivo incontra una forte opposizione da parte dei Socialisti e Democratici. Per loro, il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, cui appartiene Fitto e che include Fratelli d’Italia, non è parte della coalizione che ha sostenuto la rielezione di von der Leyen. In questo contesto, un’eventuale promozione di Fitto viene percepita dai Socialisti come una manovra che sposterebbe l’orientamento politico della Commissione verso destra, alterando l’equilibrio raggiunto a luglio.
In questo clima di tensione, i Socialisti sono pronti a resistere, arrivando persino a minacciare di votare contro l’intero collegio in seduta plenaria. “von der Leyen faccia la maggioranza con Orban, Bardella e AfD e spieghi ai cittadini europei che è la curatrice fallimentare dell’Ue” dice una fonte del Pd. A fronte di queste pressioni, von der Leyen ha scelto un approccio di basso profilo, mantenendo un silenzio che tuttavia alimenta ulteriormente le tensioni. La sua assenza, anche da una prevista miniplenaria a Bruxelles, è stata interpretata come segno di incertezza e mancanza di chiarezza politica. Fonti interne all’S&D indicano che, qualora von der Leyen intendesse confermare Fitto come vicepresidente esecutivo, dovrebbe “raddoppiare” le deleghe dei commissari socialisti, in un tentativo di mantenere il fragile equilibrio tra le forze politiche.
Le conseguenze della crisi spagnola sulla nomina di Teresa Ribera
L’incertezza su Fitto è complicata ulteriormente da una questione tutta spagnola. La nomina di Teresa Ribera, vicepresidente spagnola e membro del gruppo socialista, è stata bloccata dai Popolari, che mirano a sfruttare una crisi interna dovuta alle recenti alluvioni in Spagna come leva politica contro il governo di Pedro Sanchez. Questa tensione rischia di compromettere il processo di approvazione della Commissione, con i Popolari che, pur sostenendo l’importanza di stabilizzare l’Ue, appaiono intenzionati a non concedere alcun vantaggio politico ai Socialisti in un momento di debolezza per il governo spagnolo.
Nonostante gli appelli di alcune figure di spicco come Valérie Hayer del gruppo Renew, che ha sollecitato le parti a cercare un compromesso per evitare lo stallo, l’impasse appare irrisolvibile nel breve termine. Il clima si è ulteriormente inasprito con la proposta di emendamenti da parte dei Popolari al regolamento Ue sulla deforestazione, interpretati dai Socialisti come una violazione degli accordi già raggiunti.
Quale destino per l’equilibrio politico in Europa?
Sul fronte internazionale, il rinnovato ruolo di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti getta un’ombra sul futuro delle relazioni transatlantiche. Durante il suo precedente mandato, Trump aveva mostrato scarsa sintonia con Bruxelles, ricevendo Nigel Farage, sostenitore della Brexit, come primo interlocutore europeo. Di fronte a una Ue divisa, la politica estera americana potrebbe intensificare le tensioni interne, con un’Unione incapace di presentarsi come blocco coeso, anche alla luce delle difficoltà politiche che attanagliano la Germania, priva di un governo stabile almeno fino alla prossima primavera.
La nomina della Commissione von der Leyen, destinata a entrare in carica in un momento storico segnato da instabilità globale e incertezze climatiche, appare quindi più che mai precaria. A meno di un accordo dell’ultimo minuto, il progetto di una “seconda Commissione von der Leyen” rischia di essere ritardato ulteriormente, lasciando un’Unione Europea sempre più frammentata, dove le divisioni tra i gruppi politici interni potrebbero minare qualsiasi tentativo di risposta unitaria alle sfide emergenti.