Commissione Ue: la sfida di von der Leyen tra equilibrio politico e parità di genere

Il quadro dei nomi proposti dai Paesi membri è ancora incompleto, ma un equilibrio tra donne e uomini sembra impossibile. E protestano anche i socialisti
3 mesi fa
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Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen (IPA/Fotogramma)

Chi pensava che, dopo aver incassato l’ok dell’Europarlamento al suo secondo mandato alla guida della Commissione europea, per von der Leyen il più fosse fatto, si sbagliava. Come lei stessa aveva avvisato, il difficile doveva ancora venire. Ed è arrivato, assumendo le forme di un intricatissimo puzzle: la composizione della Commissione e l’attribuzione dei portafogli (le aree di competenza) ai commissari sono affari più delicati e complessi che mai.

Quadro dei commissari ancora incompleto

Scade domani, 30 agosto, il termine per i Paesi membri dell’Unione per nominare i propri candidati. Ad oggi, dopo che ieri Portogallo e Danimarca hanno fatto le loro proposte, rimangono altri tre Stati che devono ancora ‘sciogliere’ la riserva: Italia, Belgio e Bulgaria. E se gli ultimi due si trovano nel mezzo della ardua ricerca di un governo con pieni poteri, cosa che potrebbe spiegare perché non abbiano ancora avanzato nomi, i motivi per cui il Bel Paese stia tenendo il riserbo non sono chiari.

Il governo dovrebbe ufficializzare la sua scelta domani in occasione della prima riunione di gabinetto dopo la pausa estiva in concomitanza con un incontro tra la premier Giorgia Meloni e i due vicepremier, Antonio Tajani (Forza Italia/PPE) e Matteo Salvini (Lega/Patrioti per l’Europa).

L’Italia ufficializza all’ultimo minuto

In questa sede, come ha confermato ieri sera a Zona Bianca su Rete4 il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, verrà proposto Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei, la Politica di Coesione, il Mezzogiorno e il PNRR, che peraltro ha incontrato stamattina a Roma il numero uno dei Popolari Europei Max Weber, prima che quest’ultimo avesse un colloquio con la premier Meloni.

Sulla scelta di ufficializzare all’ultimo giorno il nome di Fitto come commissario, Weber ha affermato in una intervista al Corriere della Sera: “Fitto è un mio ottimo amico, un forte difensore degli interessi dell’Italia, una persona responsabile, molto preparata. Non vedo problemi nella scelta di rispettare la scadenza del 30 agosto. Io sostengo l’attribuzione di un forte ruolo per l’Italia”.

Tuttavia questa situazione di sospensione può aggiungere tensione al già teso rapporto tra Meloni e von der Leyen, saldo fino a giugno ma incrinatosi durante le trattative per i top jobs e al momento della nomina della tedesca per il suo mandato bis alla Commissione, quando i Fratelli d’Italia di Meloni hanno votato no.

Fitto dunque per l’Italia, mentre per il Belgio le ipotesi più accreditate, entrambe di area liberale, sono Didier Reynders (Mouvement réformateur vallone), attuale commissario alla Giustizia, e Alexander De Croo (Open-Vld fiammingo), premier uscente. In Bulgaria, invece, girano quattro nomi, tutti provenienti dal partito conservatore Gerb (membro del PPE): Iliana Ivanov, commissaria con delega a Innovazione, ricerca, cultura, istruzione e gioventù, Mariya Gabriel, che è già stata commissaria per due mandati, Denitsa Sacheva, ex ministra del Lavoro, ed Ekaterina Zaharieva ex ministra degli Affari esteri).

La Bulgaria perciò sembra l’unico dei tre Paesi a proporre una donna.

L’impossibile parità di genere nella prossima Commissione

Questo è proprio il primo, ma non l’unico, dei problemi che VDL deve risolvere, pur non avendo ancora il quadro completo e ufficiale dei nomi per comporre la sua Commissione: la parità di genere. Appena avuto l’ok per il suo secondo mandato, la tedesca infatti aveva chiesto ai Paesi membri di presentare due candidati alla Commissione, un uomo e una donna, in modo da poter formare una Commissione bilanciata, come quella uscente composta da 14 uomini e 13 donne.

Questo però non è successo. Gli Stati hanno presentato un solo nome, e nella grande maggior parte dei casi maschile.

I candidati a commissario

Lo stato attuale vede dunque una presidente della Commissione donna, VDL appunto, e una vicepresidente donna, l’estone Kallas, che sarà anche Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera. Ma questo non basta per rendere equilibrato il Collegio. Ecco la lista aggiornata ad oggi:

Austria – Magnus Brunner, ministro delle Finanze
Cipro – Costas Kadis, preside facente funzioni presso la Facoltà di Scienze della Salute della Frederick University di Cipro (ex ministro)
Croazia – Dubravka Šuica, vicepresidente della Commissione e commissaria per la democrazia e la demografia
Danimarca – Dan Jørgensen, ministro per la cooperazione allo sviluppo e la politica climatica globale
Finlandia – Henna Virkkunen, eurodeputata
Francia – Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno e i servizi
Grecia – Apostolos Tzitzikostas, governatore della Macedonia centrale
Irlanda – Michael McGrath, ministro delle Finanze
Lettonia – Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo uscente dalla Commissione Ue responsabile per l’Economia al servizio delle persone/commissario europeo per il commercio
Lituania – Andrio Cubilio, europarlamentare
Lussemburgo – Christophe Hansen, europarlamentare
Portogallo – Maria Luís Albuquerque, ex ministra delle Finanze
Malta – Glenn Micallef, ex capo del segretariato presso l’Ufficio del Primo Ministro
Paesi Bassi – Wopke Hoekstra, commissario europeo uscente responsabile per l’Azione per il clima
Polonia – Piotr Serafin, rappresentante permanente della Polonia presso l’Ue
Repubblica Ceca – Jozef Síkela, ministro dell’Industria e Commercio
Romania – Viktor Negrescu, vicepresidente del Parlamento europeo
Slovacchia – Maroš Šefčovič, vicepresidente esecutivo uscente della Commissione Ue responsabile per le Relazioni interistituzionali e il Green Deal
Slovenia – Tomaž Vesel, ex presidente della Corte dei Conti e del Comitato di audit e compliance della Fifa
Spagna – Teresa Ribera, ministra per la Transizione Ecologica
Svezia – Jessika Roswall, ministra per l’Ue
Ungheria – Olivér Várhelyi, commissario europeo uscente responsabile per l’Allargamento e la politica di vicinato.

Una situazione spinosa per VDL: le armi a sua disposizione

La situazione che si è delineata è spinosa per VDL: non riuscire a formare una Commissione equilibrata la espone a critiche per non aver centrato il suo obiettivo e per non aver saputo imporre la sua volontà sulle capitali: il suo invito sostanzialmente non ha avuto presa sui governi, che non ne hanno tenuto conto, di fatto sfidando la sua autorità. Si tratta insomma di uno smacco che certamente non è il miglior modo per cominciare una nuova legislatura.

Ma non finisce qui: un Collegio così squilibrato potrebbe non essere approvato dall’Europarlamento, che in autunno procederà con audizioni singole e poi a una votazione della Commissione nel suo complesso. Se qualche nome sarà rifiutato, il Paese di appartenenza dovrà proporne un altro. A tal proposito va anche sottolineato che è il caso di dire che chi è senza peccato scagli la prima pietra, dato che l’Eurocamera stessa ha una bassissima percentuale femminile, oltre il 40% meno che in passato.

Insomma, se da una parte i Paesi a parole dicono che vorrebbero una Commissione equilibrata, di fatto hanno reso impossibile questo obiettivo proponendo a gran maggioranza solo uomini. “Come Stati membri ci aspettiamo che VDL si adoperi per la parità di genere nella sua Commissione. Nessuno sta discutendo contro questo. Allo stesso tempo, gli Stati ritengono che spetti a loro proporre il commissario che preferiscono“, ha detto un diplomatico dell’Ue a Politico. “Sfortunatamente questa volta questi due desideri non sembrano allinearsi”.

D’altronde la scelta del candidato è tutta in mano al Paese che propone, una prerogativa che i governi non vogliono mettere in discussione.

Ma VDL qualche arma ce l’ha. Intanto, secondo le indiscrezioni, starebbe cercando di convincere piccoli Stati membri a sostituire il nome già proposto con quello di una donna, allettandoli con portafogli più succulenti. Una strategia che riguarderebbe in particolare tre piccoli Paesi ma per la quale sembrerebbe essere rimasto davvero pochissimo tempo. Tanto che si prevede che negoziati e trattative si prolungheranno anche dopo il 30 agosto.

E proprio la distribuzione dei portafogli, che ovviamente hanno importanze diverse, è il più potente mezzo di persuasione nelle mani di VDL. In generale la loro assegnazione richiede un attento bilanciamento tra i desideri, le dimensioni e l’importanza dei Paesi, oltra al genere, all’appartenenza politica e alla geografia. Un mix complesso che al momento risulta ancora più complicato, ma che può essere sfruttato dalla presidente designata per fare pressione sui Paesi.

Commissari e vice presidenti: i socialisti protestano

Su tutti, i portafogli più ambiti sono quelli in campo economico, in particolare quello relativo al bilancio, alla concorrenza e al commercio. L’Italia, i Paesi Bassi, la Finlandia, la Repubblica Ceca e la Romania sono interessati, così come la Francia chiede un’area di peso per il suo Thierry Breton, mentre secondo le indiscrezioni la Grecia punterebbe alla politica regionale e ai fondi di coesione. Il punto interrogativo più grande però, arrivati a questo punto, è quale portafoglio andrà all’Italia.

Ci sono poi dei nuovi portafogli su cui molti Stati hanno messo gli occhi: la Difesa, dedicato all’industria militare, considerato molto rilevante a causa della guerra in Ucraina, il Mediterraneo – legato alla gestione dei flussi migratori – e l’Edilizia abitativa che si occuperà degli alloggi a prezzi accessibili, uno dei temi programmatici elencati da VDL nel suo discorso all’Europarlamento a luglio.

Oltre ai commissari, la tedesca ha un’altra leva: la nomina dei vicepresidenti esecutivi, che potrebbero essere un socialista, un liberale e forse un verde, tenendo conto di quali partiti politici hanno sostenuto la sua riconferma al Parlamento europeo e del fatto che VDL fa parte del PPE.

Ma anche l’equilibrio politico è allo stesso tempo un mezzo di persuasione e un grattacapo: i socialisti, arrivati secondi alle euroelezioni di giugno, stanno lamentando una mancanza di bilanciamento tra i commissari proposti. Guardando i nomi, effettivamente a loro potrebbero andare 4 commissari su 27, a fronte dei 15 del PPE, arrivato primo. D’altronde, la scelta dei nomi come abbiamo visto dipende dai governi nazionali, e i socialisti negli ultimi anni hanno perso il potere da più parti, passando da sette Paesi governati a quattro (Danimarca, Germania, Malta e Spagna, mentre in Romania governano in coalizione con il centrodestra).

Ma non va dimenticato che i commissari dovranno passare per l’Europarlamento, e in quella sede l’appoggio dei socialisti, che aspirano anche ai portafogli che si occupano di alloggi, affari sociali, concorrenza, commercio, clima ed energia, sarà necessario per l’ok alla nuova Commissione.

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