Commissione europea, puzzle incompleto: slitta la presentazione della nuova squadra

La Slovenia ha sostituito il proprio candidato con una donna, il Parlamento deve ancora ratificare. Un’ottima scusa per von der Leyen per prendere tempo e cercare una quadra tra equilibri di genere, politica e geografia
2 mesi fa
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Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue

Mettere in piedi la Commissione europea, l’organo esecutivo dell’Unione, non è una cosa semplice, e lo sa bene Ursula von der Leyen, che per la seconda volta consecutiva ha la responsabilità di trovare la quadra tra esigenze politiche, geografiche e di genere, tra i ventisette Paesi che dispongono ognuno di un commissario (lei lo è per la Germania).

Un puzzle complesso al quale evidentemente manca ancora qualche tassello, se, come ha comunicato su X Delphine Colard, portavoce del Parlamento europeo, la presentazione della nuova Commissione è slittata alla settimana prossima, dopo essere stata messa in calendario per domani. Per essere precisi, a finire al 17 settembre è l’incontro tra VDL e i leader dei gruppi politici nell’Europarlamento, occasione in cui si ritiene appunto che venga presentata ufficialmente la squadra.

Il rinvio non è un segnale positivissimo, anzi è un po’ imbarazzante per la tedesca, ma era nell’aria e non ha stupito nessuno.

I nodi che von der Leyen deve risolvere

Il primo problema che VDL si è trovata di fronte, questo forse un po’ inaspettatamente, è relativo all’equilibrio di genere della prossima Commissione. Per la presidente la questione è della massima importanza, tanto da aver chiesto agli Stati membri di sottoporle ciascuno due nomi, uno maschile e uno femminile, in modo da darle i margini per poter scegliere e soppesare ruoli e portafogli da assegnare.

La risposta delle capitali è nota: di fatto, un due di picche. Solo la Bulgaria l’ha accontentata, presentando due nomi. Non solo, ma la larga maggioranza degli altri Paesi hanno presentato un singolo candidato uomo.

Risultato: i margini d’azione di VDL quanto all’equilibrio di genere si sono pericolosamente ristretti, al punto da rendere evidente, col passare delle settimane, che una Commissione equa era diventato un miraggio. E da insinuare qualche dubbio sulla ‘presa’ che la tedesca ha sui membri dell’Unione, peraltro criticata durante il suo primo mandato per la sua gestione accentratrice.

Ma VDL non è certamente una che si perde d’animo, e quando ormai i nomi dei commissari erano praticamente stati fatti, ha iniziato ad esercitare pressioni su alcuni Paesi piccoli perché cambiassero il candidato proposto a favore di una candidata, sventolando in cambio l’ipotesi di ricevere portafogli più succosi.

La mossa ha avuto qualche effetto ma non ha ribaltato il risultato. La Romania ha accolto l’invito e nominato l’eurodeputata Roxana Mînzatu, che è andata a sostituire il precedente nome, Victor Negrescu, vice presidente del Parlamento Europeo e leader della delegazione socialista rumena.

Ieri è poi arrivata la notizia che anche la Slovenia ha acconsentito a cambiare strada: Tomaž Vesel, venerdì scorso ha ritirato la sua candidatura aprendo la strada a quella di Marta Kos, ex ambasciatrice.

E proprio questo ‘colpo di scena’ ha offerto la scusa a VDL per rimandare l’incontro di domani con i capigruppo politici, dato che il Parlamento sloveno non ha ancora ratificato la nuova nomina: lo farà venerdì 13.

E mentre è certo che la nuova Commissione non sarà bilanciata quanto al genere – anche se VDL scegliesse tutte le donne proposte, si arriverebbe a 10 donne e 16 uomini – la presidente ha una settimana in più per limare le altre questioni di cui deve tenere conto: dai rumors trapelati finora, sembra che i dossier più importanti andranno al Partito Popolare Europeo (PPE), che farà incetta di portafogli, a scapito dei socialisti, che hanno già protestato e minacciato di fare muro quando si tratterà di votare per confermare i singoli commissari e la Commissione all’Eurocamera, e dei liberali.

Non solo: sempre dando retta alle voci di corridoio, sembra che nel nuovo esecutivo la destra di Ecr, che non ha votato per la conferma della presidente in Parlamento, avrà posizioni di rilievo, nonostante il cordone sanitario chiesto da socialisti e liberali dopo le elezioni europee, quando si era parlato di arginare la ‘marea nera’. L’assegnazione più contestata è quella di Raffaele Fitto, a cui dovrebbe andare la vicepresidenza esecutiva dell’Economia e Ricostruzione post-pandemica, un ruolo assolutamente chiave. Ma ci sono proteste anche sulla commissaria spagnola, Teresa Ribera, mentre il nome della candidata bulgara, Ekaterina Zaharieva, ex ministro degli Esteri di Sofia, è alquanto delicato per via di uno scandalo passaporti risalente al 2018 e conclusosi in nulla di concreto, ma ancora buono per essere tirato in ballo dai detrattori.

Certo è che un conto è protestare, un conto votare contro un commissario in Europarlamento: ogni gruppo, anche il più agguerrito, teme di scatenare un effetto domino per cui gli altri eurogruppi voteranno a loro volta contro, innescando uno scenario da cui tutti possono solo uscire perdenti.

Dunque tutti gli attori sul palco hanno ancora del tempo per negoziare e decidere la propria strategia, ma basterà una settimana a von der Leyen per risolvere questo intricatissimo rebus?

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