Cina-Lituania, l’Ue riprende il caso al Wto (e prende tempo): ecco cosa c’è in gioco

L’Unione europea sospende, e dunque riprende, il procedimento aperto contro la Cina nel 2022 presso l’Organizzazione mondiale del commercio. Un messaggio per gli Usa?
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Bandiere Unione Europea
(Fotogramma)

L’Unione europea prende tempo e mette di nuovo in pausa il procedimento aperto contro la Cina nel 2022 presso l’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization, Wto) per presunte coercizioni economiche contro la Lituania. Il che significa anche che non lo ha lasciato decadere, come sarebbe successo il 24 gennaio se non avesse chiesto in extremis di “sospendere immediatamente i suoi procedimenti” con la Cina”. L’organizzazione ha fatto sapere che il caso è stato sospeso a partire dal 27 gennaio.

“Si tratta di un passaggio procedurale adottato per ragioni tecniche legate alla necessità di valutare determinati elementi derivanti dalla preparazione di comunicazioni scritte”, ha affermato Olof Gill, portavoce della Commissione europea.

La crisi Lituania-Cina: cosa era successo

In pratica, l’Unione sta cercando di mettere insieme le prove che la Cina abbia adottato restrizioni commerciali verso la Lituania dopo che questa nel 2021 aveva aperto a Vilnius un ufficio di rappresentanza riferendosi a Taiwan, invece che a Taipei. Una questione di nomi dietro la quale Pechino ha visto un indiretto riconoscimento dell’indipendenza dell’isola, considerata dal governo come una provincia ribelle che prima o poi dovrà tornare con le buone o con le cattive sotto il proprio controllo.

Ritendendo dunque che il Paese baltico avesse calpestato il principio ‘Una sola Cina’, Pechino aveva declassato le relazioni diplomatiche con la Lituania, e, secondo l’Ue, aveva imposto restrizioni commerciali come forma di ritorsione. Le esportazioni lituane verso il gigante asiatico erano crollate e il caso aveva creato molte tensioni nei rapporti tra Europa e Cina.

Tra un anno la decisione definitiva se procedere o no

A gennaio 2024, di fronte alla difficoltà di provare nel concreto la relazione tra le decisioni commerciali di Pechino e l’apertura dell’ambasciata informale taiwanese a Vilnius, l’Unione aveva chiesto una prima volta al Wto di sospendere la procedura e aveva istituito un panel, che aveva rimesso la questione ai giudici.

Ora l’Europa ha ripreso il provvedimento appena prima che decadesse il 24 gennaio, guadagnando un altro anno: entro questo tempo dovrà decidere se continuare o meno la controversia, altrimenti questa terminerà definitivamente.

In questo periodo la Commissione europea monitorerà se le sanzioni sono ancora in vigore: se da una parte l’Unione ha interesse a proteggere un Stato membro da ritorsioni e costrizioni, dall’altra va detto che le relazioni commerciali fra Lituania e Cina nel tempo sono migliorate.

Inoltre, dimostrare secondo le regole del Wto che ci sia stata un’azione precisa del governo cinese contro il Paese baltico, e non una reazione patriottica e spontanea delle imprese asiatiche verso la Lituania, non è affatto semplice. Ma dietro la questione non c’è solo questo.

Un messaggio per Trump?

Il tutto è complicato dalla guerra dei dazi in atto tra Pechino e Unione europea e dalla seconda presidenza di Donald Trump, che ha appena imposto tariffe doganali del 25% sulle importazioni da alcuni Paesi tra cui proprio la Cina, con potenziali ripercussioni sul mercato europeo.

Tenere aperta la controversia può essere una carta che la Commissione può giocarsi con gli Usa, i cui rapporti peraltro non sono agevoli e sono ancora da costruire. La decisione dunque può essere letta come un messaggio all’amministrazione Trump: lavoriamo insieme in funzione anti-cinese. Con l’augurio di scampare i dazi americani sui prodotti europei.