Cina blocca acquisti chip Nvidia: la via di Xi per l’indipendenza tecnologica

Nvidia RTX Pro 6000D nel mirino Cyberspace Administration of China, sale la tensione Cina-Usa
1 ora fa
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Xi Jinping Afp
Il presidente cinese Xi Jinping (Afp)

Mentre aumentano le tensioni tra l’asse sino-russo e l’Occidente, Xi Jinping accelera la strategia dell’autosufficienza tecnologica cinese con una mossa che colpisce direttamente Nvidia, il gigante americano dei semiconduttori.

Ieri, la Cyberspace Administration of China ha ordinato alle principali aziende tecnologiche nazionali di interrompere immediatamente test e acquisti dei chip Nvidia RTX Pro 6000D prendendo una decisione che segna un nuovo capitolo nella guerra commerciale tra Washington e Pechino. Ancora una volta il campo da battaglia è l’intelligenza artificiale.

Alibaba e ByteDance nel mirino del regolatore

L’ordine dell’autorità di controllo di internet cinese non lascia margini di interpretazione: colossi come Alibaba e ByteDance devono annullare gli ordini esistenti e cessare ogni attività di testing sui processori americani.

Prima della direttiva diverse aziende avevano manifestato l’intenzione di acquistare decine di migliaia di questi semiconduttori, progettati specificamente da Nvidia per aggirare le restrizioni commerciali statunitensi.

In particolare, il RTX Pro 6000D rappresentava un tentativo dell’azienda di Santa Clara di mantenere un piede nel prezioso mercato cinese dell’Ai, del valore di 50 miliardi di dollari secondo le stime del Ceo Jensen Huang. Un processore “addomesticato”, pensato per le workstation ma convertibile per applicazioni di intelligenza artificiale, che doveva sfuggire ai controlli sulle esportazioni americane.

Gli effetti su Wall Street: Nvidia perde il 2,6%

I mercati finanziari hanno immediatamente registrato l’impatto della decisione cinese. Le azioni Nvidia hanno chiuso in calo del 2,6% mercoledì 17 settembre, e anche il competitor Advanced Micro Devices ha perso quasi l’1%.
Un segnale inequivocabile di quanto il mercato cinese rappresenti per l’ecosistema dei semiconduttori americani, qualora non fosse bastato lo scossone DeepSeek, l’intelligenza artificiale cinese che, promettendo di abbattere le spese per la produzione degli Llm, a fine gennaio ha fatto tremare i mercati occidentali. In quella occasione, il titolo di Nvidia ha bruciato 589 miliardi di dollari, il 16,86% del suo valore in un solo giorno. Con l’esperto del settore, Raffaele Gaito, avevamo parlato di come l’Ai cinese potesse suonare non solo come una minaccia, ma anche come una sveglia per l’Unione europea.

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Tornando ad oggi, Jensen Huang ha espresso la sua “delusione” per la decisione cinese pur mantenendo un tono diplomatico: “Possiamo servire un mercato solo se un Paese desidera che lo facciamo”, ha detto il presidente e Ceo di Nvidia intercettato dai giornalisti a Londra. Huang ha aggiunto di restare “paziente” dal momento che Stati Uniti e Cina hanno cose più urgenti da risolvere.
Impossibile non pensare al monito lanciato due mesi fa dal generale Alexus G. Grynkewich, secondo cui la Nato deve prepararsi a un possibile attacco congiunto di Russia e Cina nel 2027.

L’escalation della guerra dei chip

La mossa di Xi rappresenta un’intensificazione delle politiche protezionistiche di Pechino nel settore dei semiconduttori. Dopo aver “scoraggiato fortemente” le aziende dall’acquistare chip Nvidia ad agosto, la Cina ha ora optato per un divieto esplicito. L’obiettivo è chiaro: spingere le imprese nazionali verso alternative domestiche, riducendo la dipendenza dalla tecnologia americana.

La decisione arriva poche ore dopo che Donald Trump ha annunciato di aver trovato un accordo per salvare TikTok, che appartiene a ByteDance, e far sì che il social cinese resti disponibile negli States grazie a un consorzio di aziende americane guidata da Oracle che ne acquisiranno il controllo in patria. “Parlerò con il presidente Xi venerdì, la relazione rimane molto forte”, ha detto il tycoon alla stampa, trovando la conferma di Pechino. Giova ricordare che nel 2024 gli Usa hanno approvato una lette per mettere al bando TikTok salvo in caso di cessione a un acquirente occidentale.

La decisione arriva anche a pochi giorni dalle nuove accuse cinesi contro Nvidia per violazione delle norme antitrust, arrivate solo due giorni prima, il 15 settembre. Secondo il Financial Times, Pechino ha contemporaneamente chiuso l’indagine antitrust contro Google, spostando l’attenzione regolatoria interamente su Nvidia per acquisire maggiore potere negoziale nei colloqui commerciali con Washington. Un segnale tattico che dimostra come le autorità cinesi utilizzino gli strumenti legali come armi nella guerra commerciale.

Sullo sfondo ci sono anni di restrizioni reciproche. Dal 2022, le successive amministrazioni americane – prima Biden, ora Trump – hanno progressivamente ristretto l’accesso della Cina ai semiconduttori avanzati, considerati critici per la sicurezza nazionale. Washington ha vietato l’export dei chip più potenti e imposto controlli rigidi sulle tecnologie a doppio uso civile-militare. Pechino ha risposto con dazi del 10% sui prodotti americani e, ora, con il divieto diretto agli acquisti di chip Nvidia.

Cina verso l’indipendenza tecnologica?

La strategia di Xi Jinping punta all’autosufficienza nel settore cruciale dell’intelligenza artificiale, che in Cina ha raggiunto avanzati livelli di implementazioni, come il robot-vigile del traffico sperimentato nelle strade di Shanghai.

Nonostante aziende come Huawei e Alibaba stiano sviluppando processori proprietari, Nvidia mantiene una posizione dominante nel mercato globale con i suoi chip più sofisticati. Il ban governativo accelera però i tempi della transizione verso soluzioni made in China.

Il mondo tecnologico si prepara a un futuro sempre più frammentato, dove l’innovazione dovrà fare i conti con i confini geopolitici. Un nuovo capitolo della guerra fredda tecnologica è appena iniziato. Sperando che una guerra (vera) per il dominio dell’Ai, ipotesi verosimile secondo lo studio Ai 2027, resti solo una pericolosa prospettiva.