Come è cambiato veramente il patto di stabilità? Come si potrebbe muovere la Bce nell’eterno dilemma tra sostegno alla crescita e controllo dell’inflazione? Soprattutto, cosa è necessario fare per trasmettere meglio le decisioni europee all’economia reale? Risponde in un’intervista per il podcast Eurofocus di Adnkronos, Carlo Cottarelli. Una vita al Fondo Monetario Internazionale, è stato commissario alla Spending review, presidente del Consiglio incaricato e senatore. Oggi è direttore dell’Osservatorio sui Conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano.
Qual è il significato di queste elezioni europee, cosa c’è in gioco e cosa può spostare questo voto?
Quello che c’è in gioco è la scelta tra più Europa e meno Europa, l’ha messa giusta Salvini da questo punto di vista. Si tratta di decidere se vogliamo avere istituzioni europee che hanno maggiori responsabilità di quelle che attualmente hanno, più o meno invariate oppure ridotte. Da questo punto di vista, la cosa rilevante è che al momento le istituzioni europee hanno un forte potere regolamentare e limitatissimi poteri finanziari, il che comporta per esempio che si approvano regolamenti o direttive europee che hanno conseguenze importanti per i paesi, basta pensare alle case green e alle automobili green, e non si può però sostenere questi cambiamenti che si richiedono con il supporto finanziario che delle volte è necessario per facilitare la transizione. Rendere queste due cose coerenti credo sia necessario e lo si può fare riducendo i poteri regolamentari dell’Unione Europea che è quello appunto che vuol dire meno Europa, oppure aumentando le risorse finanziarie dell’Unione Europea, oppure trovarsi nel mezzo. Quindi, ci sono due questioni da affrontare.La prima è la discrasia tra poteri regolamentari e poteri finanziari, la seconda è come risolverla e come risolverla è una questione politica.
Pensiamo alla gestione dei conti pubblici. Fino a oggi abbiamo assistito a un confronto tra paesi rigoristi e paesi più aperti a una politica espansiva. Tra Nord e Sud e, semplificando molto, tra paesi più ricchi e paesi meno ricchi. Si può uscire da questa dinamica e come è possibile farlo?
A me sembra che ne siamo usciti, nel senso che le nuove regole sui conti pubblici europei non sono così rigoriste come quelle precedenti. Non c’è più l’obbligo di raggiungere il pareggio di bilancio, che noi addirittura avevamo messo in Costituzione. Bisogna raggiungere un deficit dell’1,5% del PIL. Non c’è più l’obbligo di ridurre il rapporto tra debito pubblico e PIL di quello che sarebbero stati 3 punti e mezzo all’anno, partendo da dove eravamo. Basta ridurlo di un punto all’anno e nei primi anni, finché siamo in procedura di deficit eccessivo, non c’è neanche l’obbligo di ridurre il rapporto tra debito pubblico e PIL.
Rispetto al compromesso raggiunto, però, solo 4 euro parlamentari italiani hanno votato a favore. Come giudica l’atteggiamento dei partiti rispetto a questo tema?
C’è un problema proprio di DNA. A noi italiani, alla maggioranza di noi italiani, non crea un problema avere un debito pubblico a questi livelli, altrimenti non ce l’avremmo. E ai parlamentari si adeguano. Quindi quel voto è lo specchio della nazione.
Parliamo di un altro equilibrio difficile da tenere, quello fra sostegno alla crescita e controllo dell’inflazione. Ovviamente mi riferisco alla Bce e alla politica monetaria. Ci sono alcuni osservatori che si spingono a dire che questo sia il momento anche per rivedere i trattati e quindi il mandato della Banca Centrale Europea. Come ve la vede?
Credo che al momento non sia tanto una questione di mandato, ma di interpretazione di quello che succede. E quindi io credo che ci siano buone prospettive per una discesa dell’inflazione al 2% anche riducendo un po’ i tassi di interesse. Io avrei cominciato già a ridurli e adesso vediamo se saranno ridotti a giugno. Ma il ragionamento si può fare sulla base del mandato attuale.
Pensiamo al Next generation EU e pensiamo a tutte le risorse che possono arrivare, che stanno arrivando, col PNRR. Come si può migliorare nella gestione dei fondi europei?
Quello che è essenziale è aumentare la dimensione del bilancio europeo, consentendo di fare deficit nei momenti in cui l’intera area dell’Unione Europea richiede un sostegno, al di là di quello che possono fare i tassi di interesse. Ricordiamoci, oltre alla politica monetaria, c’è anche la politica di bilancio che può essere utilizzata. Al momento non può essere utilizzata perché il bilancio europeo deve essere sempre in pareggio.
Utilizzare il bilancio in maniera diversa può essere il primo passo, e poi a livello di sovrastruttura?
A livello di sovrastruttura è chiaro che ci vuole un cambiamento della governance, la cosa più importante è un cambiamento nella regola dell’unanimità, il diritto di veto non deve essere consentito, maggioranze qualificate sì. Poi le idee sarebbero tante. Credo che sarebbe utile eleggere una parte del Parlamento europeo su base europea, quindi non nazionale. Mi sono espresso anche in passato sul fatto che forse bisognerebbe avere la stessa persona come Presidente della Commissione europea e del Consiglio europeo. Aumenterei anche i soldi per il programma Erasmus per creare migliori cittadini europei.
(Di Fabio Insenga)